Crotone. Il terminal fantasma: la lunga ombra pubblica su Sant’Anna

IL TERMINAL FANTASMA: LA LUNGA OMBRA PUBBLICA SU SANT’ANNA
Dove finiscono i voli, iniziano i debiti

Fonte: U’Ruccularu 

Dentro l’aeroporto, c’erano i voli. Ma fuori, c’era la carta. E nella carta, i fallimenti che nessuno leggeva mai fino in fondo.
Negli anni in cui l’aeroporto Sant’Anna di Crotone restava senza voli, c’era un’attività che non si fermava mai: quella burocratica, societaria, giudiziaria.
In Calabria, le reti non sono mai solo infrastrutture fisiche. Sono grovigli di società pubbliche, fallimenti, debiti incrociati.
A prima vista, un aeroporto e un acquedotto non dovrebbero avere nulla in comune.
Uno guarda il cielo, l’altro corre sotto terra.
Eppure, a Crotone, tra il 2015 e il 2020, queste due infrastrutture sono finite dentro lo stesso pantano: quello della finanza pubblica locale.
Per capire cosa è successo davvero tra il 2015 e il 2018 non basta guardare in cielo.
Bisogna affacciarsi negli uffici delle partecipate, dove si giocava un’altra battaglia. Più opaca. Più lenta. Ma non meno importante.

IL GIORNO DEL CROLLO
Il 15 aprile 2015, Aeroporto Sant’Anna S.p.A. viene dichiarata fallita.
I giornali parlano di “chiusura per motivi economici”, ma in realtà è il collasso di un sistema.
Una società a maggioranza pubblica, con dentro Regione Calabria e Comuni, che non ha retto.
I passeggeri erano già pochi, i voli sempre più rari, ma il buco era profondo: milioni di euro evaporati, bilanci traballanti, progetti mai decollati.
Otto persone finirono indagate per bancarotta semplice: ex presidenti, amministratori, revisori.
L’accusa: aver aggravato la crisi con scelte gestionali azzardate.
Il verdetto, anni dopo: tutti assolti. “Il fatto non sussiste”.
Quando i giudici li assolvono, in molti tirano un sospiro di sollievo. Ma le domande restano:
Chi ha vigilato? Perché i conti erano così fragili?
Come si sono spesi (o persi) i fondi pubblici?
Dove sono finiti i progetti di rilancio annunciati e mai realizzati?

LE PARTECIPATE CHE SI TENGONO A GALLA A VICENDA
Nel frattempo, SAGAS S.p.A. – società appositamente creata da Regione e Comuni – prova a raccogliere i cocci.
Missione dichiarata: salvare l’aeroporto, ottenere la concessione ENAC, trovare partner privati.
Missione reale: gestire il fallimento, senza fallire anche come istituzioni.
Ma anche SAGAS fatica. È un soggetto nato per necessità, non per convinzione politica.
E soprattutto, c’era da gestire la polvere sotto il tappeto.
Perché tra le voci che affondano i conti della società aeroportuale, ce n’è una che all’apparenza non c’entra nulla:
il debito idrico di Soakro, la società consortile pubblica che gestiva il servizio idrico nella provincia di Crotone.
Già nel 2015, Soakro era tecnicamente in default.
Aveva un debito da 35 milioni di euro verso Sorical, la società mista per la gestione idrica calabrese.
Un debito mai pagato. Mai assorbito. Mai risolto.
Un buco che, secondo alcune ricostruzioni, avrebbe pesato anche sull’operatività dell’aeroporto, essendo i bilanci delle partecipate incrociati, condivisi, spesso confusi.
Nel marasma finanziario calabrese, le società pubbliche si tengono in piedi a vicenda come case di carte.
Una cade, e tutte rischiano.
Soakro e Sant’Anna erano due facce della stessa medaglia fallimentare.
Entrambe partecipate pubbliche, entrambe collegate ai bilanci dei Comuni.
Entrambe sostenute – o meglio: trascinate – dalla Regione.
Quando Soakro non pagava Sorical, e Sorical minacciava il distacco,
i Comuni erano costretti a usare altre poste di bilancio per tamponare, rinunciando magari a sostenere l’aeroporto.

UN TERMINALE APERTO SOLO PER RENDICONTARE
Negli anni più bui, Sant’Anna è servito a una sola cosa: non perdere i fondi europei.
Bastava un piano, anche finto. Un piano di rilancio. Una simulazione. Un progetto.
E allora si riapriva per due voli. Si inventava una rotta. Si scriveva un bando.
Aeroporto come terminale fantasma.
Aperto per rendicontare, non per volare.
E così, mentre il territorio attorno moriva d’isolamento, l’aeroporto diventava una foglia di fico, utile a nascondere il degrado infrastrutturale più ampio.
La SS106 restava pericolosa. Il porto, escluso dai giochi.
Ma l’aeroporto “c’era”.
Quando Sant’Anna perdeva un volo, saltava un flusso turistico che poteva aiutare gli hotel, gli esercizi pubblici e, di riflesso, le entrate delle società comunali.
Era un meccanismo perverso e interdipendente, dove ogni crisi ne generava un’altra.
Come in un domino regionale, l’acqua e i voli si tenevano per mano nel vuoto.

IL DEBITO CHE SI SPOSTA, NON SI ESTINGUE
Nel 2022, la Regione Calabria trasforma Sorical in una società interamente pubblica.
La nuova Sorical acquisisce anche le reti e le passività di Soakro, che nel frattempo era in liquidazione.
Quel debito da 35 milioni diventa così un debito interno al sistema pubblico calabrese.
Non più un contenzioso tra aziende diverse, ma un buco dentro lo stesso bilancio regionale.
Ma c’è di più: oggi anche Sorical è in liquidazione, in favore della nuova autorità Arrical, che dovrebbe subentrare nella gestione idrica calabrese.
E lo fa con un’eredità tossica: crediti inesigibili, infrastrutture fatiscenti, una rete finanziaria interna debole.

UNA BOMBA A OROLOGERIA SOTTO LA PISTA
E allora il nodo è questo:
Come può una Regione rilanciare il proprio aeroporto, se contemporaneamente ha trasformato un debito idrico irrisolto in una bomba finanziaria interna?
Nel 2025, mentre Sacal rilancia lo scalo Sant’Anna con +43% di passeggeri e nuovi voli estivi,
il sistema pubblico calabrese continua a navigare a vista.
I finanziamenti per l’aeroporto vengono giustificati con piani industriali ambiziosi.
Ma gli stessi soggetti pubblici che li sostengono, devono coprire i buchi lasciati da altre società fallite, come Soakro.
Perché in Calabria, non ci sono fondi strutturali se le strutture pubbliche sono fragili.
Ogni investimento – strade, aeroporti, acquedotti – è sottoposto a un’interdipendenza patologica:
Se fallisce l’acqua, crolla l’aeroporto.
Se crolla l’aeroporto, si svuota il turismo.
Se si svuota il turismo, non si incassano le tasse.
E se non ci sono entrate, le società partecipate portano gli enti locali al dissesto.

LE ASSOLUZIONI NON SPIEGANO LE CAUSE
Oggi i numeri dicono che Sant’Anna cresce. I voli sono tornati. Sacal gestisce. I passeggeri aumentano. C’è ottimismo.
Ma nessuno ha mai fatto i conti fino in fondo con quegli anni.
Con le società pubbliche nate solo per tamponare. Con i bilanci opachi.
Con i dirigenti assolti, ma con domande che restano senza risposta.
Oggi tutti sono stati assolti: i dirigenti dell’aeroporto, i revisori di Soakro,
gli amministratori pubblici.
Ma nessuno ha mai spiegato perché Crotone si è trovata senza voli e senz’acqua nello stesso decennio.
Nessuno ha mai chiarito come quei debiti si sono accumulati, coperti, traslati tra enti diversi come pacchi tossici.

ATTENZIONE: assolto non vuol dire innocente.
Vuol dire solo che lo Stato non ha saputo dimostrare la colpa.
E mentre si celebra la “rinascita” dello scalo, bisognerebbe anche chiedersi:
> Chi risarcirà il tempo perduto, le occasioni bruciate, i soldi pubblici svaniti?
Forse nessuno.
Forse è questa la vera continuità territoriale del Sud: quella tra i debiti e le assoluzioni.
Oggi l’aeroporto funziona.
Ma se si guarda sotto la pista, scorrono ancora le acque torbide di quel debito mai drenato.
E allora la verità è questa:
A Crotone, i fallimenti si dimenticano. I debiti restano. E i sogni si infrangono.