Crotone. In via Israele è Natale! Quali interessi rappresentano Vincenzo Voce e la sua giunta?

CROTONE. IN VIA ISRAELE È NATALE
Sotto l’albero il sindaco porta in dono Violenza politica, urbanistica opaca e un sospetto, anzi un Dubbio atroce

Fonte: U’Ruccularu 

LA CITTÀ CHE RESPIRA A METÀ
Crotone è in apnea democratica, Crotone vive in una sospensione permanente: uffici terrorizzati, cittadini confusi, politica bloccata dalle eminenti elezioni.
Il motivo? Le dimissioni del sindaco Vincenzo Voce, rassegnate dopo l’aggressione al consigliere Ernesto Ioppoli… e mai chiarite davvero.
Non si capisce se siano un addio o un bluff, un atto di coscienza o un calcolo di potere.
Si capisce solo che la città è sospesa.
Come ha detto il consigliere Iginio Pingitore: «È un fermo amministrativo politico. La città non può restare ostaggio dell’incertezza.»
E mentre la democrazia trattiene il fiato, l’amministrazione accelera sulla cosa più contestata su cui ha rischiato di andare a casa: gli alloggi di via Israele.

VIA ISRAELE: L’ATTO FINALE DI UNA PARTITA SPORCA
L’esecutivo approva un progetto che il TAR potrebbe annullare
Il 3 dicembre, in pieno caos politico, la Giunta comunale approva la delibera n. 561:
un progetto da oltre 4 milioni di euro per costruire 24 alloggi popolari in via Israele.
Il progetto nasce dalla rimodulazione di Agenda Urbana, originariamente destinata alla ristrutturazione di edifici esistenti e allo smantellamento di parte dell’insediamento rom di Acquabona.
Fondi destinati a ristrutturare non a costruire.
La Giunta trasforma quella missione in qualcosa di completamente diverso:
un condominio nuovo di zecca, in un’area vincolata a verde pubblico e identificata dal Piano di Protezione Civile come Area di Attesa.

E come se non bastasse, la delibera arriva mentre:
il ricorso del Comitato Tufolo-Farina è ancora pendente al TAR; il sindaco è indagato per aggressione; la maggioranza è spaccata; gli uffici sono paralizzati;
la Procura osserva i movimenti di Agenda Urbana.
Un’accelerazione che sa di paura: il timore di perdere il finanziamento e quello di lasciare troppe carte in mano a un eventuale commissario prefettizio.
Ad andare di fretta nel caos e nella paura spesso si fanno tanti errori, le nomine e i “liberi” professionisti che si stanno intervallando su quel area pur di costruire in una corsa contro il tempo che sembra una maratona non si contano più: tecnici, periti, ispettori, geologi e architetti che vengono confusi in carte che non corrispondono e che vengono gestite molto maldestramente.

IL DIRITTO DI SUPERFICIE FANTASMA
Il nodo giuridico che può far saltare tutto. Il terreno è formalmente del Comune. Ma il diritto di superficie no. È del Consorzio Lavoratori Montedison, per 99 anni, rinnovabili per altri 60. E qui esplode la bomba: undici soci del Consorzio denunciano di non essere mai stati convocati, informati o coinvolti nella liquidazione e nella presunta cessione gratuita al Comune.
Nella loro lettera, che è già un documento da Procura, si legge: possibile danno ai creditori del Consorzio; rischio di revocatoria; atti forse non validamente deliberati; potenziale responsabilità civile e penale.
In pratica: il Comune potrebbe non avere il titolo per costruire.
E l’operazione potrebbe essere annullabile, contestabile, impugnabile.
Se fosse così, i 4 milioni di Agenda Urbana sarebbero a rischio evaporazione.
E qualcuno dovrebbe risponderne alla Corte dei Conti.

L’AGGRESSIONE CHE HA TRASFORMATO UNA GIUNTA IN UN RING
Pugni, calci e delegittimazioni istituzionali
28 ottobre.
Provincia di Crotone.
Durante una riunione su via Israele, il sindaco Voce colpisce il consigliere Ioppoli con:
due pugni alla schiena, un calcio alla gamba e l’ormai famoso:
«Tu non rappresenti nessuno, hai preso pochi voti.» È la democrazia trasformata in ring.
Ioppoli denuncia. Voce ammette lo “scatto emotivo”. Poi si dimette. Poi forse no. Poi forse sì. Crotone entra nella sua disciplina preferita: la confusione istituzionale e il tifo da stadio.

IL PARTITO DEL RITORNO
I consiglieri che difendono il sindaco pur di non perdere la sedia Dopo l’aggressione, invece di indignarsi, 17 consiglieri firmano un appello: «Il sindaco deve restare. La città ha bisogno di continuità.» Una continuità da 2.000 euro al mese, 5.000 per gli assessori, 7.000 per il vicesindaco. Dicono “stabilità”. Ma intendono sopravvivenza politica.
Perché un commissario prefettizio farebbe domande. Chiederebbe carte.
E guarderebbe dentro gli scatoloni più scomodi: piscina CONI, Antica Kroton, rimodulazioni, affidamenti, Akrea, Agenda Urbana, area Sensi e l’immancabile Bonifica e discariche correlate.
Un sindaco che picchia è fastidioso, sì. Ma un commissario che controlla è molto più pericoloso e la paura di affrontare un processo Glicine 2.0 è l’incubo di questa giunta e questa maggioranza.

IL COMITATO CHE FACEVA IL LAVORO DEGLI UFFICI
I cittadini scoprono ciò che il Comune non vuole vedere. Il Comitato Tufolo-Farina da mesi:
analizza carte, trova incongruenze, segnala violazioni, mobilita 800 cittadini, presenta ricorsi, denuncia procedure opache. E oggi accusano apertamente: «Il Comune ha approvato un progetto senza avere il titolo. E sta mettendo a rischio 5 milioni di euro.»
Non solo. Il Comitato denuncia anche: l’assenza di progetto esecutivo; il rischio di perdere la scadenza dei fondi; la mancata trasparenza sulle rimodulazioni; l’ombra crescente  dell’Area Sensi, altro fronte opaco.
Se la legalità fosse una disciplina olimpica, il Comitato avrebbe già vinto un oro.
Il Comune sarebbe ancora alle batterie.
(C’è da dire che Anche se le piscine sono chiuse la fiaccola arde forte nelle mani del super assessore al PNRR e allo sport)

LE ISTITUZIONI CHE NON VEDONO, NON SENTONO, NON PARLANO
Prefettura e Ministero dell’Interno: silenzio istituzionale. Il caso arriva in Parlamento. La deputata Vittoria Baldino chiede al ministro Piantedosi: «È normale che un sindaco indagato per aggressione resti al suo posto? Dov’è il Prefetto?». Risposta: nessuna.
Il Prefetto convoca Voce in un incontro “informale”. Non escono verbali. Non escono note.
Non escono prese di posizione. Nel frattempo associazioni di categoria, in un unicum nazionale, chiedono a un sindaco indagato… di restare. Un capolavoro di ipocrisia, altro che legalità nelle scuole. Ma Voce fa comodo allo stato perché è un perfetto “yes-man” e quindi non si tocca e non si può toccare.

IL NODO GIUDIZIARIO: QUI QUALCUNO RISCHIA DAVVERO
TAR, Procura, Corte dei Conti: i tre incroci pericolosi.
Tre i filoni aperti ma intrecciati tra di loro:
1. Il TAR su via Israele
Violazione urbanistica, abuso procedurale, conflitto con piani vigenti.
2. La Procura
Possibili interessi per: cessione dubbia del diritto di superficie; rimodulazioni anomale di Agenda Urbana; pressione politica per affrettare atti in vista delle elezioni.
3. La Corte dei Conti
Rischio danno erariale:
perdita del finanziamento da 5 milioni;
approvazione di un progetto senza titolo;
atti che potrebbero essere annullati.

UNA CITTÀ CHE SI FRANTUMA DAVVERO

Crotone non è più spaccata: è sfibrata. La Giunta procede. Il Comitato resiste. Le opposizioni denunciano. La maggioranza si arrampica. Il Prefetto tace. Roma osserva.
La Procura scruta. E i cittadini si chiedono: «Chi sta governando davvero Crotone?»

LA VERITÀ CRUDA: IL PROBLEMA NON È VOCE… 
è il metodo!
Il problema non è (solo) il sindaco che picchia. È una città che fa finta di nulla. Non è via Israele. È ciò che via Israele rivela: legalità a corrente alternata; progetti calati dall’alto; diritti di superficie fantasma; piani urbanistici ignorati; decisioni senza trasparenza; istituzioni che non parlano; cittadini trattati come intralci.
Crotone non rischia di perdere 5 milioni. Rischia di perdere se stessa perché ormai Crotone è una metafora dove: la città dove si celebra la legalità e si ignorano le regole; la città dove si inaugura Falcone-Borsellino e si picchia un consigliere; la città dove un quartiere fa il lavoro degli uffici; la città dove il silenzio omertoso vale più della legge.

La domanda non è se Voce debba restare o dimettersi. È molto più grave: Quanto tempo resta prima che la città imploda definitivamente? E soprattutto: chi avrà il coraggio di ricostruirla? Ed è qui il dubbio più grosso: Crotone è schiacciata tra:
la volontà dello stato di trasformare la provincia crotonese in distretto energetico;
Il momento storico che fa della calabria il fianco sud della NATO;
Gli interessi di ENI di controllare un area di interesse strategico sia in chiave energetica che militare e le affermazioni inquietanti dell’ex sindaco pugliese che dice: «Ho pagato il prezzo di essermi messo contro l’Eni».
Allora il dubbio è lecito e d’obbligo: Quali interessi rappresentano Vincenzo Voce e la sua giunta? Fin dove possono spingersi questi interessi? A Crotone gli interessi di stato sono al di sopra della legge che dovrebbe essere uguale per tutti?