Il procedimento “Krimata”, che ha portato all’emissione di 6 misure cautelari e di complessivi 56 avvisi di garanzia scaturisce da una complessa e articolata attività investigativa che ha disvelato l’esistenza e l’operatività di un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, avente quale promotore Mario Esposito, soggetto di elevatissima caratura criminale, legato alla cosca di ‘ndrangheta Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto.
All’indomani della tregua stabilita tra le cosche Arena e Nicoscia, Mario Esposito si è formalmente defilato, curando in tendenziale autonomia i propri affari illeciti, ma continuando a mantenere saldi i legami con la consorteria criminale di provenienza. Mario Esposito, insieme la fratello, ha spostato parte dei propri interessi in altre regioni d’Italia, e in particolar modo in Toscana, intraprendendo attività imprenditoriali, specie nel settore edile, tutte risultate funzionali alle commissioni di reati.
L’avvio di tali attività, tuttavia, non ha determinato un effettivo e sostanziale allontanamento di Mario Esposito dal contesto mafioso di riferimento. E anzi, al contrario, egli viene indicato dai pentiti come soggetto avente la duplice veste di imprenditore e ‘ndranghetista, in grado di rappresentare la cosca al di fuori del territorio calabrese.
La perdurante intraneità dell’Esposito alla cosca Arena-Nicoscia si evince anche dall’analisi della compagine delle società a lui riconducibili che annoverano, tra i dipendenti, soggetti riconosciuti come partecipi alla consorteria Nicoscia. A titolo di esempio, tra i dipendenti della Iuledil figura Carmelo La Porta. Oppure membri di articolazioni ‘ndranghetistiche alleate come Mario Martino, Gianluca Bonaventura, Domenico Campagna, Pasquale Nicoscia.
Le dichiarazioni dei pentiti hanno consentito di delineare il ruolo funzionale di Mario Esposito nell’ambito dell’organigramma della cosca Arena e Nicoscia di Isola. In particolare, i pentiti Antonio Sestito, Antonio Cicciù e Giuseppe Vrenna affermano che apparteneva al gruppo di fuoco della cosca.
Giuseppe Vrenna, in particolare, dichiara: “… Sulla figura di Mario Esposito preciso che lo stesso era un azionista, nel senso che partecipava alle azioni di fuoco della cosca Arena. In particolare, per quanto a mia conoscenza, ha partecipato all’omicidio di Gianni Vatalari…”.
Luigi Bonaventura afferma: “… Mario Esposito era parte integrante di una falange armata del gruppo Arena. Questa falange era capeggiata da Pasquale Nicoscia e Franco Papaleo con un ruolo non di piccolo spessore di Mario Esposito. Può considerarsi un alto dirigente di questa falange… Loro erano il braccio armato della famiglia Arena… erano quelli che si occupavano di tutte le azioni di fuoco, quelle dolose… Però erano in contrasto perché c’era una parte di questo gruppo che considerava troppo misera la parte che gli veniva recapitata da parte del gruppo Arena e quindi c’era qualcuno, come Pasquale Nicoscia, che voleva fare guerra agli Arena… Altri invece cercavano di mediare ma si arrivò comunque alla faida e Franco Papaleo fu ammazzato… Dopo la morte di Franco Papaleo, qualcuno consigliò a Mario Esposito di farsi gli affari suoi e i suoi affari erano già avviati per quanto riguarda un campo imprenditoriale che lui gestiva con uno dei fratelli – se non sbaglio Ferdinando – ed erano spostati al Nord, se non ricordo male il paese era Prato. Da lì lui si dedicò a queste cose e in più continuò, quando gli è stato possibile, a rimanere in qualche buon affare… Cercava di mantenere buoni rapporti sia con una parte e sia con l’altra”.
Angelo Salvatore Cortese riferisce di averlo rivisto, a distanza di tempo, nel 2005 a Viadana, al confine tra l’Emilia e la Lombardia, un posto dove ci sono molti isolitani, quasi una “seconda Isola”. “Lui era insieme a mio zio Giuseppe Procopio e l’ho rivisto al bar di Franco Pugliese, abbiamo anche mangiato insieme… Lui mi ha detto che si era spostato a Viadana per fare delle operazioni di truffa, cosa che volevamo fare anche noi. In poche parole aprire una ditta di movimento terra, edilizia e cercare di prendere materiale edile… A Mario Esposito interessavano più che altro i mezzi: camion, escavatori… c’era anche Pino Giglio che aveva preso questa strada… Oltre ai mezzi si interessava pure di una concessionaria di camion Iveco nella zona di Brescia che ricettava questi camion e questi mezzi spesso sequestrati perché non risultavano pagati i leasing… lui li prendeva a 10-12mila euro a camion… e li piazzava all’estero o da qualcuno che se li prendeva comunque”.
Ma sarà soprattutto il collaboratore di giustizia Giuseppe Giglio a chiarirci meglio gli “affari” di Esposito e il coinvolgimento dell’altro personaggio eccellente dell’operazione ovvero Lorenzo Marrelli.