“Crotone. Piscina: diritti, non privilegio. Articolo 33 della Costituzione violato”

Giovani eroi, adulti complici: così una comunità nega il diritto allo sport
“Piscina: diritti, non privilegio. Articolo 33 della Costituzione violato a Crotone”.

Fonte: U’Ruccularu

È bastato uno striscione, issato dagli spalti della piscina di Lamezia Terme, a inchiodare una verità scomoda: a Crotone, i giovani non nuotano più. Esiliati dalla propria città, i ragazzi della Kroton Nuoto hanno gareggiato nelle finali regionali Esordienti tra l’applauso commosso del pubblico lametino.
Ma quell’applauso, pur sincero, è anche una pietra tombale sull’orgoglio di una città che ha smarrito il senso di comunità.
UN MARE AMARO COME UNICA VASCA
I ragazzi si allenano in mare. Non per scelta, ma per necessità.
La piscina olimpionica cittadina – una vasca da 50 metri con copertura e pannelli solari – è inaccessibile. Non chiusa, attenzione: vietata.
Teatro di una faida legale tra Kroton Nuoto e Rari Nantes Auditore, le due società che ne gestiscono il consorzio Blu Dea Team, la struttura è diventata un campo di battaglia dove a rimetterci sono solo i più giovani.
Il pretesto? Contrasti economico-gestionali su conti correnti e quote associative.
Il risultato? Un disastro umano, sportivo e sociale.

COSTITUZIONE CALPESTATA, SILENZI CITTADINI
Lo striscione di Lamezia è più di un gesto simbolico.
È l’atto d’accusa di una comunità genitoriale contro l’indifferenza.
Contro la politica che osserva, ammonisce, ma non interviene.
Contro un intero sistema cittadino che ha rinunciato a indignarsi.
A essere violato, come ricordano i genitori, è l’articolo 33 della Costituzione: l’accesso allo sport, come forma di istruzione e crescita, dovrebbe essere un diritto.
A Crotone è un privilegio, concesso solo a chi rientra nelle grazie dell’equilibrismo politico-sportivo.
E qui la domanda è semplice: dov’è la città?
Dove sono le associazioni, le scuole, i comitati, i cittadini, i sostenitori del sindaco, i moralizzatori?
che si indignano per ogni foglia spostata, ma tacciono quando a essere cacciati non sono solo i ragazzi da una piscina, ma l’intero futuro di una comunità dalla sua dignità?
Crotone è diventata una metafora vivente della rinuncia.
Rinuncia a progettare, a governare, a difendere. Persino a denunciare. Figuriamoci a sognare e realizzare.

LAMEZIA APPLAUDE, CROTONE FISCHIA… SE STESSA
I ragazzi della Kroton Nuoto, costretti a improvvisare allenamenti in mare, hanno portato a casa 27 medaglie.
Un’impresa. Una vittoria morale.
Ma anche una vergogna per chi li ha lasciati soli.
A Lamezia, li hanno applauditi.
A Crotone, li hanno ignorati.
In un mondo normale, sarebbe dovuto accadere il contrario: la loro città avrebbe dovuto circondarli, sostenerli, pretendere giustizia.
Invece, si è voltata dall’altra parte.

LA PARABOLA DI UNA CITTÀ SENZA GUIDA
A Crotone, la retorica è sempre pronta: città dello sport, della cultura, della legalità.
Ma le parole non nuotano. I ragazzi sì.
Lo fanno tra i flutti, controvento, lontano da casa. Perché a casa loro, la piscina è “occupata”.
E nessuno, né dal Comune né dai palazzi dello sport, sembra voler sbloccare la serratura.
Nel silenzio assordante degli adulti, questi adolescenti rappresentano l’ultima diga prima del collasso.
Se anche loro mollano, non resterà che il vuoto: una vasca asciutta, una società annegata nella propria apatia.
CROTONE PER CHI NUOTA?
Non per i suoi giovani. Non per i suoi cittadini. Forse solo per gli ego di chi occupa poltrone e nega chi non si allinea.
E allora, la prossima volta che a Crotone qualcuno si riempirà la bocca parlando di “valori”, “giovani” o “territorio”, lo si inviti a tuffarsi. Ma non in mare: nella realtà.