THE DAY AFTER
di Pino Tassi
La domanda nasce spontanea: ma chi glielo ha fatto fare alla Meloni di venire ieri in Calabria e a Cutro? Tutta la costruzione mediatica di mesi e mesi sulla sua bravura e la sua statura politica sono crollate miseramente. La stampa, i telegiornali a rete unificate, gli opinion leader ci hanno fatto credere che era nata una nuova statista internazionale, ma ieri non ne ha azzeccata una.
Pensavamo fosse un leader e invece era un calesse. La Meloni per mesi e mesi ci ha detto che era pronta a prendere decisioni anche impopolari per il bene dell’Italia. Solo che in questi mesi ha preso sempre e solo provvedimenti a favore delle categorie che hanno votato per lei e ha infierito brutalmente su giovani, poveri, ed emarginati. Tutto doveva essere in grande ieri e invece tutto si è rilevato raffazzonato e piccolo. La contestazione dei familiari delle vittime alla decisione di mandare le vittime a Bologna è stato un primo brutto colpo. La contestazione ha portato a modificare l’intenzione non detta di far fare alla Presidente una visita alla camera ardente, con successivo abbraccio con i parenti e una passeggiata solitaria lungo la spiaggia. Tutto archiviato. E’ subentrato il terrore della contestazione e la paura ha fatto cambiare tattica facendo affiorare reazioni nervose e scomposte.
E così invece di assistere alla visita alla camera ardente abbiamo assistito al raccoglimento davanti al marmo freddo e gelido di una lapide messa in fretta e fuori nell’androne del Comune. Invece della passeggiata pensosa e solitaria sulla spiaggia ventosa di Cutro, abbiamo assistito all’arrivo blindato in auto blu con codazzo interminabile di auto davanti a un comune di paese con sottofondo una casa sventrata e cadente. Un arrivo in un paese di gente tranquilla, blindato e assediato con la presenza di 500 agenti dell’ordine distratti dalle loro funzioni giornaliere. Un Consiglio dei Ministri durato un’oretta che è uno schiaffo all’immagine di un governo dell’efficienza e del fare.
Ma come – si saranno chiesti nell’efficiente Nord tanti elettori meloniani e leghisti – che spreco, ci hanno impiegato più tempo tra viaggio aereo e trasferimento che a lavorare…
E arriviamo al clou della disfatta, la conferenza stampa. Quando è in difficoltà la Meloni accentua il suo accento romanesco, il suo tono di voce si incattivisce e sale di decibel, si irrigidisce, toglie fuori le unghie e un ghigno cattivo e aggredisce tutto e tutti. Il terrore di essere accusata di buonismo e di essere scavalcata da Salvini l’ha portata subito ad urlare che lei è sempre la stessa e che la linea della fermezza non cambiava. Purtroppo per lei la linea sua e del governo è cambiata da tempo. Erano per il blocco navale di cui adesso non dicono più nulla, e non sono stati in grado di inviare nemmeno le navi militari a presidiare le coste. Tolto questo rimane solo fuffa, parole, bla bla bla… L’unico provvedimento a cui si sono disperatamente aggrappati è la lotta planetaria agli scafisti e ai loro mandanti su tutta la superficie terracquea, anzi sul globo come avrebbe detto Lui… Ecco l’unico grande provvedimento: 30 anni di galera, chi offre di piu’. Sembrava di ascoltare Bracardi ad Alto Gradimento: ti piace l’Italia? in galera… in galera.
Purtroppo per la Meloni il peggio doveva ancora arrivare. Dopo aver dato la parola ai suoi ministri e le domande di rito dei soliti giornalisti, non poteva immaginare che arrivassero le domande puntali e precise dei giornalisti esclusi. L’ultima immagine di una tragica giornata alla Fantozzi è quella di Giorgia Meloni che sgrana gli occhi e balbetta: «Abbiamo finito adesso… Dopodiché io vado volentieri…».
E finisce con la fuga protetta dal cognato ministro Lollobrigida che le urla “andiamo”. Così finisce miseramente un giorno che doveva essere da leoni e si è trasformato in un giorno da pecora. Possiamo dire di aver assistito a IL RUGGITO DEL CONIGLIO DELLA MELONI.