di Mauruzio Molinari
Fonte: Repubblica
Il duello aereo Usa-Russia sui cieli dell’Alaska ci dice che siamo ad un passo dalla guerra globale sebbene siano passati appena quaranta giorni dal summit di Anchorage sulle promesse di pace in Ucraina.
Quanto avvenuto nello spazio aereo internazionale ai confini con l’Alaska è stato un duello reale, ad altissimo rischio, perché quattro super-jet russi sono stati affrontati da nove aerei americani a cui il comando “Norad” per la protezione del Nordamerica aveva ordinato di “respingere gli intrusi”. Siamo stati ad un passo dallo scontro. Se è vero che negli ultimi mesi in ben nove occasioni singoli jet russi si erano avvicinati allo spazio aereo nordamericano questa volta si è trattato di quattro aerei dentro la “Alaskan Air Defense Identification Zone” dove erano obbligati a identificarsi. È stata una provocazione militare russa tanto evidente, voluta, quanto l’altra, avvenuta quasi contemporaneamente sul Baltico. Come lo sono state, negli ultimi dieci giorni, i droni caduti in Polonia, le violazioni dello spazio estone e i misteriosi veivoli senza pilota sopra gli aeroporti danesi e norvegesi che hanno causato serie interruzioni del traffico sulla Scandinavia.
Se poco più di un mese fa il presidente russo Vladimir Putin scendeva dalla scaletta di Anchorage per stringere la mano a Donald Trump assicurando di essere pronto a compromessi per far finire la guerra in Ucraina quanto sta avvenendo lungo i confini fra la Russia e l’Alleanza Atlantica, dall’Europa dell’Est allo Stretto di Bering, ci dice che il Cremlino ha scelto la strada opposta dando vita ad una raffica di sfide, militari e politiche, il cui intento è mettere sotto pressione la Nato per dimostrarne debolezza e vulnerabilità. E minare ciò che ha di più importante: la credibilità del suo scudo difensivo. L’intento di Putin è di farci sentire più insicuri al fine di delegittimare la Nato.
Per comprendere la genesi di quanto sta avvenendo bisogna leggere i media russi perché raccontano che Putin, proprio al vertice di Anchorage, ha avuto la sensazione di un Trump debole al punto da poter essere dominato. Ed il messaggio è arrivato alla Casa Bianca in maniera dirompente, spingendo il presidente Usa ad affermare, dal podio dell’Assemblea Generale, che la Russia è una “tigre di carta” che può essere sconfitta in Ucraina. Da quel momento alla sfida strategica si è aggiunto il duello personale Putin-Trump, che il leader del Cremlino ha voluto sovrastare facendo rispondere ai portavoce che “la Russia è un orso, non una tigre di carta” e quindi spedendo i jet sui cieli dell’Alaska e dell’Estonia, quasi a cancellare con un atto di imperio ciò che restava delle promesse di ferragosto. Da qui l’accelerazione in atto, con il Segretario generale della Nato, Mark Rutte, che avverte il Cremlino sul fatto che “i jet russi che violano i nostri cieli saranno abbattuti” e la replica del Cremlino: “In questo caso sarà guerra”.
Ciò che colpisce è come Rutte adoperi con Mosca lo stesso linguaggio scelto da Varsavia dopo gli interminabili 12 minuti di sconfinamento russo sui cieli estoni. “Dovete sapere che noi vi abbatteremo” avevano affermato sei giorni fa i portavoce polacchi, che conoscono Mosca e sono convinti che Putin non voglia compromessi in Ucraina perché la sua intenzione è estendere il campo di battaglia ai Paesi Ue-Nato. Se a tutto ciò aggiungiamo le denunce che arrivano da Praga e Chisinau sulle massicce interferenze digitali russe per condizionare i locali processi elettorali non è difficile arrivare alla conclusione che Putin sta orchestrando un’accelerazione di fibrillazioni lungo tutti i confini con l’area euroamericana. E’ una tattica per premere su Ue e Nato, al fine da fargli comprendere che la Russia è in grado di operare su più fronti, in maniera incisiva, ed in contemporanea con l’intensificazione degli attacchi contro l’Ucraina.
E’ uno scenario che mette a dura prova una Nato lacerata da dissensi e rivalità ma possono esserci pochi dubbi sul fatto che proprio le divisioni politiche dell’Occidente – ad esempio sulla guerra in Medio Oriente – giovano al Cremlino perché creano lo “scompiglio interno” individuato dalla dottrina del generale Valery Gherasimov come il maggior tallone d’Achille delle democrazie. Insomma, Putin è all’offensiva perché sente di aver a portata di mano l’obiettivo di cambiare l’equilibrio di forza con la Nato mentre le democrazie rincorrono gli eventi per difendersi. Siamo arrivati al difficile momento nel quale, come ha affermato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, l’Europa deve riuscire ad avere “lo stomaco per combattere”. Perché viviamo in un frangente della Storia nel quale bastano soli quaranta giorni per trasformare le speranze di pace in incubi di guerra.










