Decollatura-Lamezia-Catanzaro: c’è un filo rosso che collega quattro omicidi?

C’è la possibilità concreta che esista un filo rosso di vendetta in una serie di omicidi che hanno insanguinato e continuano a insanguinare Catanzaro e Lamezia Terme.

Stamattina, poco prima delle 8, in pieno centro di Catanzaro, davanti alla sede delle Ferrovie della Calabria, è stato ucciso Gregorio Mezzatesta, 50 anni, dipendente delle Ferrovie ma soprattutto fratello di Domenico, che era stato condannato all’ergastolo (sentenza poi annullata dalla Cassazione) per l’omicidio di due cugini lametini in un bar di Decollatura avvenuto nel 2013. Il killer, che ha agito a bordo di una moto, ha esploso sei colpi di pistola.

Assieme a Mezzatesta nel momento dell’agguato c’era un collega che aveva raggiunto la sede dell’autostazione delle Ferrovie della Calabria per iniziare il turno di lavoro. Ha assistito in diretta alla morte dell’uomo. Nessuno dei sei proiettili sparati dal killer ha colpito il testimone, ma per lui si è reso necessario l’intervento dei sanitari a causa dello shock.

IL DUPLICE OMICIDIO DI DECOLLATURA

A questo punto, è il caso di fare un passo indietro e tornare a quel 19 gennaio 2013 all’interno del bar “Reventino” di Decollatura dove Domenico Mezzatesta e Giovanni Mezzatesta, padre e figlio, stanno litigando furiosamente con due cugini lametini.

L’azione omicidiaria ai danni dei lametini Francesco Iannazzo, 29 anni, e Giovanni Vescio, di 36 anni è stata ripresa dalle telecamere collocate all’interno ed all’esterno del bar che hanno immortalato Domenico Mezzatesta mentre, nel corso di una discussione animata con le vittime, ad un certo punto ha estratto una pistola esplodendo numerosi colpi al loro indirizzo causandone la morte. Giovanni Mezzatesta, ex vigile urbano di Decollatura, dal suo canto, impugnando anch’egli un’arma, è intervenuto a sostegno dell’azione posta in essere dal padre.

Francesco Iannazzo era incensurato, Vescio aveva precedenti per reati minori.  Entrambi, però, sarebbero stati legati alla cosca Iannazzo di Lamezia, da tempo in guerra con i Torcasio, cosca cui apparterrebbero i MezzatestaA Domenico e Giovanni Mezzatesta viene sanzionato l’ergastolo. La sentenza era poi stata confermata dalla Corte d’Assise di Appello di Catanzaro.

IL COLPO DI SCENA

Ma l’8 giugno 2016 il colpo di scena. La Cassazione annulla la sentenza stabilendo di istruire un nuovo processo.

I difensori di Domenico Mezzatesta (avvocati Francesco Lojacono e Giovanni Aricò) e del figlio Giovanni (avvocati Pagliuso e Lojacono) hanno eccepito e sostenuto le loro tesi davanti alla Corte di Cassazione, che ha alla fine accolto le relative censure annullando la sentenza di condanna e disponendo un nuovo giudizio. In particolare, i difensori si sono battuti per evidenziare l’insussistenza nel delitto dell’aggravante della premeditazione.

A parlare con i giornalisti ed a diffondere i comunicati stampa quel giorno è proprio uno dei tre legali lametini che difendono i Mezzatesta ovvero Francesco Pagliuso, 43 anni, giovane professionista in carriera. Pagliuso dice che “la tesi sostenuta dalle difese è che l’azione omicidiaria sia da ricondursi al dolo d’impeto, e cioè ad una improvvisa esplosione di uno stato d’ira sedimentato nel tempo, originato da una serie di gravi e reiterate vessazioni che i due Mezzatesta avrebbero subito da parte delle vittime”.

La suprema Corte di Cassazione sezione prima – Pres. Vecchio e Relatore Minchella – ha accolto il ricorso annullando la pena all’ergastolo, inflitta ai due nei primi due gradi di giudizio, escludendo anche l’aggravante della premeditazione. Pagliuso ha discusso il ricorso da lui esclusivamente redatto, davanti alla Suprema Corte di Cassazione unitamente ai suoi co- difensori Prof. Giovanni Aricò e Avv. Francesco Loiacono. “Per i due imputati – scriveva ancora il legale Pagliuso – la pena scenderà sicuramente al di sotto dei 20 anni di reclusione”.

L’OMICIDIO DELL’AVVOCATO PAGLIUSO

Dopo appena due mesi, il 9 agosto 2016 nel corso di un agguato nei pressi della sua abitazione, l’avvocato Francesco Pagliuso viene ucciso.

Nel momento dell’agguato, era alla guida della propria automobile e stava facendo rientro nella sua abitazione, in via Marconi, tra i quartieri di Nicastro e Sambiase. Pagliuso è stato assassinato con alcuni colpi di pistola.

A trovare il suo corpo, nel corso della notte, sono stati i carabinieri, avvertiti dai familiari della vittima allarmati per il fatto che il penalista non rispondeva al cellulare. L’omicidio sarebbe avvenuto intorno alle 22.30 ma i familiari, rincasando, hanno ritrovato il corpo del penalista, ancora nella sua auto, intorno alle 3.30 ed hanno subito dato l’allarme.

Subito era scattata l’ipotesi di una vendetta legata alla sua attività professionale ma evidentemente non erano stati trovati altri riscontri.

A meno di un anno di distanza, ecco che la catena di omicidi sembra ancora allungarsi e stamattina il fratello di Domenico Mezzatesta è caduto in un agguato a Catanzaro.

Facile ipotizzare che ci possa essere un lungo filo rosso tra questi quattro omicidi.