DISCHI ROTTI E UOVA AL FUOCO
Com’ è brutto l’ambiente di Legambiente
Comu l’ova ô focu. In questa efficace espressione calabro-sicula le uova, sottoposte a un processo di cottura (cchiù bbugghiunu e cchiù ntostanu), diventano un termine di paragone, aiutano a descrivere la condotta degli ostinati, di coloro che nella valutazione di un problema non si aprono alle argomentazioni altrui, non le prendono in considerazione e non le discutono: si induriscono invece, arroccandosi sulle proprie parole d’ordine e sciorinandole all’infinito come il disco rotto ripropone senza sosta gracchiamenti a circolo chiuso.
Purtroppo i vertici di Legambiente, e tra loro in particolare la presidentessa calabrese Anna Parretta, si comportano come uova al fuoco e gracchiano come dischi rotti mentre fanno orecchie da mercante quando si levano voci che richiamano la questione sociale, ambientale ed economica provocata in Italia dalle vigenti modalità di realizzazione degli impianti per la produzione di energia rinnovabile. Gracchiando eludono e indurendosi ignorano il grave problema sollevato da associazioni, comitati, coordinamenti come il nostro, intellettuali, artisti, professori universitari e persino istituti di ricerca come l’ ISPRA e l’ ENEA: può una transizione energetica avere connotati anti ecologici?
La crisi ecologica planetaria e il conseguente riscaldamento globale possono diventare occasioni di speculazione fondate sull’assalto alla diligenza del denaro pubblico?
La Costituzione repubblicana ha posto un freno agli interessi privati, ed è considerata nel mondo un altissimo strumento etico e giuridico per la convivenza armonica tra i cittadini italiani, e tra questi e il loro ambiente d’ insediamento. Chi ne auspica il rispetto sa che le attuali privatizzazioni e liberalizzazioni sono fuorilegge, contrarie appunto al patto comune del 1948, cioè alla fonte normativa del nostro sistema giuridico sovraordinata a tutte le altre. In base alle previsioni di “ordine pubblico economico” di questa Costituzione (mai digerita da gruppi d’affari e da speculatori finanziari ai quali da tempo la politica è asservita) nessuno ha il diritto di appropriarsi della gestione dell’energia e controllarne l’uso per fini privati.
L’energia rinnovabile, se amiamo la legalità e la giustizia, deve essere un bene comune, non un affare per pochi garantito dai prelievi dalle bollette pagate dagli utenti. Il famelico settore energetico privato, espressione del cosiddetto libero mercato che ci ha portato al disastro ecologico, reclama deregolamentazione, zero ostacoli e controlli per speculare sul dramma in cui siamo precipitati, che noi vogliamo affrontare davvero, non con una finta e distruttiva transizione energetica.
L’ articolo 43 della Costituzione parla di servizi pubblici essenziali da affidare a enti esponenziali di collettività territoriali o a comunità di lavoratori e utenti.
L’ energia insomma va democratizzata, per evitare sprechi, immorali guadagni, consumo di suolo e altri disastri ambientali. Le rinnovabili noi le vogliamo come occasione per rinnovare tutto, non come opportunità di cavalcare l’onda verde con le stesse logiche e la stessa mentalità del totalitarismo economico che sta conducendo gli umani all’auto estinzione. Discuta Legambiente, non si sottragga alle osservazioni, al ragionamento e alle critiche, come ha già fatto Anna Parretta disertando il contraddittorio pubblico con noi proposto dalla testata “Catanzaro informa” nell’ambito del format “Monitor” per il 22 novembre 2024. Altrimenti le sue posizioni non diventeranno mai un contributo al dibattito e alla crescita civile del paese. Continueranno anzi ad alimentare il sospetto di chi le giudica azioni di propaganda al servizio di non tanto raccomandabili portatori di interesse, quelli che spingono affinché un patrimonio di bellezza e cultura, depositato strato su strato dalle generazioni precedenti, e una ancora ingente ricchezza di ecosistemi e biodiversità vengano consegnati proprio a loro per trasformare tutto in vandalica monocultura energetica.
Ci dica Legambiente, spieghi ai contribuenti perché non si associa alle nostre richieste (una legge che finalmente blocchi il consumo di suolo, l’eliminazione di tutti gli incentivi al settore energetico, la ripubblicizzazione della produzione e della gestione dell’energia, l’abrogazione dell’arrogante e anticostituzionale normativa culminata nel decreto “Draghi “199 del 2021, nel decreto “Aiuti” dell’anno successivo e nel decreto “Aree idonee”).
Ci faccia sapere pure come mai l’ambiente agognato da Legambiente è un ambiente industriale, artificializzato e urbanizzato, mentre l’ISPRA ci dice che potremmo produrre quantitativi enormi di energia da fotovoltaico senza torcere un filo d’erba ai suoli naturali, ai boschi, ai crinali, alle colline, ai terreni agricoli e senza infettare paesaggi terrestri, marini e monumenti storici.
I suoi “Forum QualEnergia” al momento sono autoreferenziali e i premi elargiti al sindaco di San Sostene, emblema in Calabria dell’avanzata delle pale eoliche a scapito delle faggete vetuste, del suolo e della vita, sono esempi di una disgraziatamente diffusa e grottesca manipolazione della catastrofe e dell’immaginario del corpo sociale. Un altro esempio del genere è quel ministero che accoppia, come fa anche Legambiente, l’ambiente alla sicurezza energetica. Per veleggiare verso un impasto di rinnovabili e nucleare “sicuro”. Sicuro come la presa per i fondelli della popolazione tutta o, per essere più precisi, sicuro come la morte.
Coordinamento regionale Controvento- per il paesaggio e il territorio calabrese.









