Due ciucci che si credono cavalli

Unu un vala e l’atru un serva, politicamente parlando, avrebbe detto nostra nonna guardando la foto che ritrae i due senatori della repubblica, Mario e Fausto, impegnati a Corigliano-Rossano nei preliminari elettorali prima delle amministrative a perdere di primavera. E avrebbe aggiunto: due ciucci e presuntuosi che si credono cavalli, senza offesa per i ciucci. E chiediamo scusa anche ai cavalli per l’improprio paragone, specialmente ad un illustre collega del passato dei due senatori della repubblica: Incitatus, il cavallo “nominato senatore” dell’imperatore Caligola. Lui sì che era un senatore di razza. Non questi due che non sono degni neanche di cci alliscià u pilu.

Il senatore Incitatus, a differenza loro che si muovono solo per soddisfare i propri bisogni, correva per appagare le aspettative di vittoria che il popolo e l’imperatore avevano riposto su di lui, e non deludeva mai. Era stato nominato senatore dall’imperatore, anche per la gioia del popolo, per questo. Il suo compito era quello di correre più veloce di tutti gli altri cavalli, e lui ha sempre svolto il suo mandato con onore e decoro. Non ha mai preso una bustarella per truccare una gara, non ha mai scommesso illegalmente sulle sue corse, non si è mai dopato per vincere una gara. Il senatore Incitatus era ligio al dovere, incorruttibile, e non ha mai tradito il popolo e l’imperatore. Nell’unica sconfitta subita nella sua lunga carriera, fu lui stesso a denunciare l’auriga al popolo e all’imperatore accusandolo di avergli manomesso l’avena, dopo aver intascato una bella bustarella dai suoi rivali. Un campione di corsa e di onestà.

Per il senatore Incitatus veniva sempre prima il dovere e se qualcosina di tempo avanzava, un po’ di meritato piacere, con moderazione e decoro, se lo concedeva. E poi subito di nuovo al galoppo verso nuovi traguardi. La felicità del popolo e dell’imperatore era la sua più grande soddisfazione. Di quello che pensavano gli amici degli amici, non gliene fregava niente. Non correva per loro, ma per la gioia del popolo e dell’imperatore. L’esatto contrario dei due senatori della repubblica italiana, ma vale quasi per tutti, ritratti in foto, che di rendere felice il popolo, impegnandosi nel lavoro, non ci pensano proprio. La felicità degli amici degli amici è la loro unica soddisfazione. Tutto il resto per Mario e Fausto non conta. E la prova di questo sta tutta nel loro operato a favore della comunità che li ha eletti senatori: niente, nisba, nulla, zero, non pervenuti.

C’è più dignità equina e consapevolezza della propria identità in un cavallo che dignità politica e consapevolezza dei doveri che il ruolo gli impone nei due senatori. Un cavallo sa di essere un cavallo, e da tale si comporta, mentre i due senatori sono senatori, ma da tali non si comportano. Non hanno ben capito la nobiltà e la responsabilità che accompagnano questo titolo. Corrono solo se glielo chiedono gli amici degli amici.  Ovviamente in corse clandestine truccate e dopate. Vogliono vincere senza sforzo e senza concorrenti tra gli zoccoli. Del resto due ciucci come loro non potrebbero mai vincere una gara contro i cavalli, se non truccandola. E che sono rimasti due ciucci lo si capisce quando si schierano ai nastri di partenza: tutti gli altri “indossano” la sella, mentre loro gareggiano con ancora in groppa “u mastu” (o basto, bardatura per gli animali da soma su cui si pone il carico). Due ciucci e presuntuosi, sempre con tutto il rispetto per i ciucci, che si credono Incitatus, ma che non lo saranno mai. Chi nasce ciucciu non può morire cavallo…