“Ecco le faglie attive a nord di Capo Peloro e nello Stretto”, Doglioni a Messina sul rischio sismico e la minaccia Ponte
L’ex presidente dell’Ingv ha ribadito la mancanza di esami approfonditi e una sottostima dei coefficienti di rischio della pericolosità dell’area in cui l’opera dovrebbe sorgere l’opera. Ma fa discutere anche l’intervento di Mario De Miranda e l’azzardo sul passaggio dei treni…Â
“Ci sono chiaramente delle faglie rosse e il ponte è posizionato in una struttura che noi chiamiamo grave. Durante alcuni rilievi abbiamo visto chiaramente che ci sono faglie che possiamo considerare attive, una a nord di Capo Peloro e poi all’interno dello Stretto di Messina”.
Quasi tre ore di confronto con l’ex presidente dell’Ingv Carlo Doglioni per l’incontro voluto da “Invece del Ponte” che si è svolto alla chiesa di Santa Maria Alemanna a Messina. L’esperto, nonostante le rassicurazioni arrivate dalla società Stretto e Webuild sulla sicurezza sismica del progetto ponte, non arretra sulla sua posizione che mette in evidenza  la mancanza di esami approfonditi e una sottostima dei coefficienti di rischio della pericolosità dell’area in cui l’opera dovrebbe sorgere.
“Il ponte e il puzzle delle faglie nello Stretto” è stato il tema della sua relazione, un dialogo a tratti molto tecnico ma condotto dal professore con la semplicità di un insegnante con i propri alunni attraverso anche la proiezione di mappe.
“In uno studio di qualche anno fa dei colleghi di Catania si è vista chiaramente una faglia importante che attraversa lo Stretto di Messina, andando verso Sud e si vede anche dalla rottura del fondo mare. Queste faglie ci sono e nel caso del terremoto del 1908 questo generò anche uno tsunami con onde che arrivavano anche a dieci metri di altezza”.
Cinque i punti che mostrerebbero ulteriormente la pericolosità sismica che calcola l’accelerazione del suolo: Stretto di Messina può certamente essere area epicentrale con eventi M>7 (Sicilia S-orientale Mw 7.1 – 7.3 nel 1693); accelerazioni impulsive ad alta frequenza 3D sulle torri e sugli agganci delle funi: progetto Pga 0.58 (ag); osservate nel mondo frequentemente; terreni di fondazione poveri, amplificazioni, possibili liquefazioni, frane ma anche livello del mare in crescita e venti che aumenteranno di velocità per il riscaldamento climatico.
Le necessità di approfondimenti scientifici dunque resta l’appello che ha comunque trovato accoglimento anche nel parere della commissione Via/Vas nonostante il via libera alla realizzazione.
All’incontro sono intervenuti anche l’ex sindaco Renato Accorinti, gli ingegneri Paolo Nuvolone e Sergio de Cola nonché il professore Mario De Miranda che ha sempre messo in evidenza l’azzardo di un’opera sulla quale gli scettici ritengono impossibile far passare davvero i treni. Sotto la lente, la crescita dei principali ponti sospesi nel mondo dal 1931 ad oggi con un grafico che mostra come questa crescita negli anni sia sempre stata lenta mentre il progetto ponte fa impennare il tracciato con un improvviso balzo in avanti che non sarebbe giustificato dalla nuova tecnologia. In sintesi, per gli esperti, il ponte con la sua campata unica da 3.300 metri non potrà permettere il transito dei treni in quanto gli spostamenti – anche per l’azione del vento – sarebbero di molto superiori a quelli previsti dalle normative. A oggi, infatti, il ponte ferroviario più lungo al mondo è meno della metà di quello che si vorrebbe realizzare. Anche le prove in galleria del vento hanno rilevato instabilità per flutter nel caso di ponte caricato e forti vibrazioni delle torri e dei cavi accoppiati.
Spazio infine anche per l’analisi costi-benefici, altro cavallo di battaglia per chi si oppone all’infrastruttura: l’analisi recente (2023) redatta sulla base delle linee guida del Mit del 2017 mostra ancora un risultato negativo considerando un costo netto di 11 miliardi e quindi stimando dei benefici a lungo termine, nell’ipotesi di positivo sviluppo economico e demografico, dell’ordine di 7.48 miliardi. In pratica i numeri dicono che l’investimento, sotto il profilo strettamente economico, è fallimentare.
Al convegno anche la sindaca di Villa San Giovanni Giusy Caminiti che con Doglioni ha avviato una collaborazione istituzionale. “Per cinquant’anni è stato bloccato lo sviluppo della nostra città perché ci è stato raccontato che l’opera serviva allo sviluppo trasportico, col report Iropi ci viene invece consegnato un progetto per la una sicurezza militare… Credo che una domanda in più ce la dobbiamo fare – ha detto Caminiti -. Davanti all’incertezza stessa della fattibilità dell’opera, come ho avuto modo di ascoltare anche oggi, occorre avere il coraggio di dire basta. Villa San Giovanni e Messina sono già un’unica cosa da secoli. Perché per noi Messina ancora più di Reggio è la nostra città gemella, le facce della stessa medaglia, per mito, leggenda e storia. Lo siamo per empatia, quando siamo a Scilla vediamo Ganzirri, mica la Calabria! Il nostro paesaggio, il nostro territorio viene prima di tutto. E allora sì: fermiamoci. Perché il dubbio è quello dell’incompiuta ma la certezza è quella della devastazione”. Fonte: Messina Today