Ore 18:10 di una qualsiasi domenica di campionato. Partiva una sigla fantastica, il cui nome è “Pancho”, Contemporaneamente lo schermo rimandava l’immagine fissa di una curva di calcio che gradualmente si riempiva di spettatori fino all’inizio della partita. Iniziava 90° Minuto. Un popolo si fermava a sognare.
Ed ecco che appariva il conduttore: Paolo Valenti, che della trasmissione fu anche l’ideatore assieme a Maurizio Barendson e Remo Pascucci.
Eravamo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio dei fantastici anni 80 in cui i campionati da raccontare erano semplicemente straordinari. L’Italia, già ricca di campioni nostrani, attrae i migliori giocatori del globo grazie alla riapertura delle frontiere avvenuta nel 1981 con la possibilità di poter nuovamente tesserare dei giocatori stranieri, cosa vietata quindici anni prima in seguito alla sconfitta italiana contro la Corea del Nord nel mondiale inglese del 1966.
In quelle straordinarie domeniche calcavano i campi squadre composte da straordinari calciatori che elevarono il tasso tecnico del campionato italiano a livelli inarrivabili. La Juve dei 6 campioni del mondo (Zoff, Scirea, Gentile, Tardelli, Rossi, Cabrini) con l’aggiunta di Platini e Boniek, la Roma di Conti e Falcao, l’Udinese di Zico ed Edihho, la Fiorentina di Socrates e Antognoni, l’Inter di Altobelli e Rumenigge, il Napoli di Maradona, il Pisa di Kieft e Bergreen, l’Avellino di Barbadillo, la Cremonese di Juary, la Sampdoria di Souness e Francis, il Bari di Cowans e Rideout, il Lecce di Barbas e Pasculli, la Lazio di Laudrup e Giordano, il Milan di Wilkins e Hateley. E dal 1978 c’era stabilmente anche il Catanzaro di Massimo Palanca e Claudio Ranieri.
Quel calcio era straordinariamente genuino. Un calcio in cui un pareggio era una mezza vittoria e in cui tutte le partite venivano giocate alla stessa ora della domenica come un rito di una sacralità incredibile.
Paolo Valenti compariva salutando il pubblico con un enorme sorriso e con una signorilità di altri tempi. Si leggeva la schedina Totocalcio con quei 13 risultati che domenicalmente potevano cambiare la vita di ognuno di noi, si leggevano gli altri risultati di B e le classifiche dei due campionati.
E poi via con i collegamenti. Perché la cosa straordinaria di questa trasmissione consisteva nel fatto che, in un mondo in cui i mezzi radiotelevisivi erano poco sviluppati, tutto avveniva in diretta.
Le immagini, assemblate spesso in tempi record qualche minuto dopo la fine delle partite, erano commentate da una serie di personaggi istrionici e di una ironia spesso contagiante. Da Luigi Necco da Napoli a Giorgio Bubba da Genova, da Beppe Barletti e Castellotti da Torino a Tonino Carino da Ascoli, da Marcello Giannini da Firenze a Giampiero Galeazzi e un giovanissimo Fabrizio Maffei da Roma a Gianni Vasino da Milano. Ce n’era davvero per tutti i gusti.
Emanuele Giacoia era già la voce ufficiale del Catanzaro a “Tutto il calcio minuto per minuto” e aveva tenuto a battesimo la prima storica promozione dei giallorossi del leggendario presidente Ceravolo in Serie A. Erano seguiti anni difficili ma poi, proprio in concomitanza con la seconda promozione nell’Olimpo del calcio, era partita l’esperienza di 90° Minuto con Paolo Valenti alla conduzione e con i collegamenti dai campi e Giacoia per sette lunghi anni (dal 1976 al 1883) ha raccontato le vicende dei giallorossi in Serie A.
Nella foto di copertina, pubblicata dall’ex calciatore Alberto Urban, Giacoia intervista in un vecchio “Militare” gremito in ogni ordine di posti Gianni Di Marzio, l’allenatore che ha riportato il Catanzaro in Serie A e Giovanni Trapattoni, che alla guida della Juventus si apprestava a laurearsi Campione d’Italia. Era il 1976-77. I giallorossi invece nonostante un ottimo girone d’andata, non erano riusciti a salvarsi ma dopo una sola stagione il presidentissimo Ceravolo aveva riportato il vessillo giallorosso nella massima serie.
Dal 1978 il Catanzaro finalmente si “stabilizza” tra le grandi del calcio italiano e Giacoia inizia a raccontare le gesta di un piccolo bomber di provincia che strabiliava tutti per le sue qualità balistiche: Massimo Palanca.
Nel 1978-79, con Carletto Mazzone in panchina, il Catanzaro arriva nono con 28 punti schierando Mattolini, Sabadini, Ranieri, Zanini, Menichini, Turone, Nicolini, Orazi, Renzo Rossi, Improta, Palanca (e in panchina Casari, Groppi, Raise, Banelli e Piero Braglia). Risultati prestigiosi come lo 0-0 in casa con la Juventus, i due pareggi con l’Inter (0-0 a Milano e 1-1 in casa), le due vittorie con la Roma (1-0 in Calabria e addirittura 3-1 all’Olimpico, con Palanca che segna anche da calcio d’angolo uno dei suoi 10 gol di quel campionato), i due pari con la Fiorentina (0-0 in casa e 1-1 a Firenze), la vittoria casalinga con la Lazio (3-1) e lo 0-0 con il Napoli lo fecero considerare da tutti un “ammazza-grandi”. Giacoia racconta in diretta dal Militare le straordinarie vittorie di quel Catanzaro e i gol di Palanca e la tifoseria attende con impazienza il collegamento di Paolo Valenti. Il sogno è realtà.
Dopo un anno sofferto, nel quale il Catanzaro si salva solo perché il Milan viene spedito in B dal calcioscommesse, nel 1980-81 il Catanzaro torna a strabiliare: ottavo con 29 punti. La formazione è: Zaninelli, Sabadini, Ranieri (immancabile e capitano), Boscolo, Menichini, Morganti, Sabato, Orazi, De Giorgis, Braglia, Palanca. Il Catanzaro ferma sul pareggio la Roma in entrambi i match (0-0 all’Olimpico, 1-1 in Calabria), così come il Napoli, la Fiorentina, l’Inter e ancora la Juventus, inchiodata sullo 0-0 al Militare. In panchina ora sedeva la “roccia” interista Tarcisio Burgnich.
Ma il bello doveva ancora venire, visto che nella stagione successiva (1981-82) il Catanzaro arriva addirittura settimo. Formazione-tipo: Zaninelli, Boscolo, Ranieri, Celestini, Sabadini, Santarini, Mauro, Sabato, Borghi, Braglia e Bivi, che cammin facendo toglie clamorosamente il posto al romeno Nastase. E già, perché trovandosi in A nel momento della riapertura delle frontiere, il Catanzaro partecipa alla rivoluzione degli stranieri, anche se la scelta, con il rumeno Viorel Nastase, non è felicissima. In panchina siede un allenatore stravagante ma tremendamente efficace: Bruno Pace, che porta il Catanzaro anche alla semifinale di Coppa Italia, poi persa contro l’Inter.
Sono campionati storici nel corso dei quali Emanuele Giacoia a Catanzaro diventa “popolare” almeno quanto i calciatori. Perché in effetti sta accadendo qualcosa di incredibile. Il Catanzaro era passato dal ripescaggio del 1979 alla vetta della classifica. Il 19 ottobre 1980, dopo aver pareggiato sul campo del Brescia, il Catanzaro raggiunse il primato in serie A grazie al tracollo della Roma a Napoli. Il gol del centravanti Carlo Borghi, uno dei nomi nuovi della squadra calabrese, entrato in campo pochi minuti prima al posto dell’infortunato Palanca, sblocca le marcature sfruttando un rimpallo in area. I tifosi giallorossi provano lo stupendo brivido del primato solitario in A. Una sensazione durata appena “sedici minuti”. In avvio di ripresa, infatti, un gol di Bergamaschi ristabilisce la parità e al termine di quella giornata, complice anche lo 0-0 tra Fiorentina e Inter, il Catanzaro è una delle quattro capoclassifica dopo cinque giornate di campionato.
Dopo aver mantenuto il posto in massima serie in seguito allo scandalo del Calcioscommesse, che condanna Milan e Lazio alla B, la società calabrese passata a Merlo sceglie la linea dei giovani. Dopo l’esordio in A nelle fasi finali della stagione precedente, lanciato da Carletto Mazzone, trova collocazione stabile in squadra anche Massimo Mauro, prodotto del vivaio giallorosso come lo era stato negli anni 70 Fausto Silipo.
Il Catanzaro 1980-’81 viene affidato al vicecampione del mondo di Messico ’70, Tarcisio Burgnich, reduce da un biennio in C1 alla guida del Livorno. Le scelte di mercato, volute dal nuovo presidente Adriano Merlo, non convincono gli addetti ai lavori che bocciano senza appello la campagna acquisti dei giallorossi.
Emanuele Giacoia è legatissimo al presidente Ceravolo, ha vissuto insieme a lui i momenti più belli del calcio catanzarese ma dall’alto della sua sconfinata professionalità non può certo “mollare” il nuovo corso e riesce in un’impresa importantissima: tiene unito l’ambiente. Il campo, poi, farà il resto mostrando una squadra decisa e risoluta, capace di pareggiare in trasferta contro Napoli e Fiorentina (due pretendenti allo scudetto) e piegare Torino e Como davanti al pubblico di casa. Il racconto di quella partita contro i lariani al Militare è un’altra pietra miliare di Emanuele Giacoia a 90° Minuto. La gara viene sbloccata al 15’ della ripresa da un calcio di punizione strepitoso di Massimo Palanca, alla sua ultima stagione in giallorosso. Una staffilata che piega le mani dell’esperto portiere William Vecchi, ex Milan. In pratica, è il preludio al primato giallorosso.
Il primo posto sembra distrarre i giocatori di Burgnich, battuti in casa, la domenica seguente, dal Perugia che fin lì aveva rimediato solo sconfitte. I detrattori del Catanzaro – perché tutto il mondo è… paese – tornano all’opera, parlando di “fuoco di paglia”. E Giacoia scende in campo ancora con decisione dal proscenio di Novantesimo per difendere quella che ormai è anche la sua “creatura”.
Il Catanzaro smentisce ancora una volta gli scettici, costringendo la capolista Roma allo 0-0 casalingo e bloccando la Juventus, futura campione d’Italia, con lo stesso risultato. L’ultima di andata vede il Catanzaro conquistare un prezioso 2-2 contro l’Inter, a San Siro. Un gol di De Giorgis, a 12’ dal termine, riequilibra il risultato dopo l’autorete di Canuti e le marcature nerazzurre di Prohaska e Beccalossi. Un’altra partita memorabile.
Con un bottino di 14 punti, il Catanzaro chiude l’andata al settimo posto. Niente male per una squadra definita, ad inizio stagione, come una sorta di compagine materasso. Nel girone di ritorno, i calabresi pensano a mettere fieno in cascina, cercando di raggiungere, prima possibile, la quota salvezza. Tanti i pareggi, tra cui quello casalingo contro la Roma, impegnata nella volata scudetto a tre con Juventus e Napoli. Tra gli acuti del Catanzaro va citato il successo di Ascoli (1-2, reti di Palanca e Borghi). I giallorossi salutano i propri tifosi pareggiando, all’ultima giornata, al Militare, contro l’Inter campione d’Italia uscente. Il bottino finale è di 29 punti ed un ottavo posto di grandissimo prestigio, in coabitazione con l’altra rivelazione stagionale, il Bologna di Gigi Radice.
Giacoia fa diventare “eterno” il mito di Palanca dagli schermi di Novantesimo. Massimè, con 13 gol, si piazza al secondo posto nella classifica marcatori, alle spalle del romanista Pruzzo. Dopo sette anni, “l’Imperatore” (così definito dalla Curva Ovest del tifo catanzarese) viene ceduto al Napoli. Un passaggio che porta nelle casse della società calabrese un miliardo e 350 milioni di lire, oltre alla comproprietà di Armando Cascione. Idolo della tifoseria, bomber in B ma decisivo anche in A, Sandro Ciotti lo definisce “uno dei migliori sinistri d’Europa”, Palanca diventa un mito a Catanzaro, quasi un Pelè proletario capace di gol impossibili, punizioni a foglia morta e parabole diaboliche imparabili per i portieri. Estro e fantasia concentrati in appena 169 centimetri di altezza e in un piedino sinistro con una scarpa misura “37”. Leggenda allo stato puro.
La stagione 1981-’82 del Catanzaro è quella della conferma. La squadra viene affidata al tecnico Bruno Pace, giovane allenatore di 38 anni, reduce da un biennio trascorso a Modena. Arrivano in giallorosso oltre a Nastase tre giovani, Celestini, Cascione e Palese, unitamente all’esperto Sergio Santarini, altro rinforzo del reparto arretrato. Dalla Mestrina, club di serie C2, viene prelevato Edy Bivi, 21 anni, giunto a Catanzaro con l’arduo compito di non far rimpiangere Palanca. Un mancino veloce e molto rapido in area di rigore, cresciuto nelle giovanili della Fiorentina. E il suo campionato sarà memorabile. Al punto che nessuno si ricorderà più del primo straniero della storia giallorossa ovvero Nastase.
L’esordio di Bivi arriva proprio contro la nuova squadra di Palanca. Al San Paolo di Napoli, dopo il gol di Pellegrini, è proprio il nuovo centravanti giallorosso che firma il pareggio, nel finale, su calcio di rigore. Mister Pace riesce a dare alla squadra una precisa fisionomia ed un gioco divertente. A farne le spese, alla settima giornata, è il Milan di Radice, asfaltato a Catanzaro domenica 1° novembre 1981. Quella domenica Giacoia ha vissuto uno dei suoi collegamenti più entusiasmanti. Partenza choc dei padroni di casa, a segno con Bivi e Borghi nei primi dieci minuti. Tifosi in visibilio. Alla mezzora della ripresa, Massimo Mauro fissa il punteggio sul 3-0 dopo aver ridicolizzato la difesa milanista, con standing ovation dei tifosi di casa. E la coppia Bivi-Borghi colpisce anche al Comunale di Torino contro i granata di Massimo Giacomini.
Lo stadio milanese di San Siro, in quella stagione, vede Bivi come assoluto protagonista nel doppio passaggio del Catanzaro in campionato. Il 31 gennaio 1982, l’attaccante della squadra giallorossa firma il pareggio contro l’Inter, passata in vantaggio con Oriali. Un mese e mezzo dopo, contro il Milan, l’impresa è ancora più prestigiosa: 1-0, vittoria da consegnare alla storia del club giallorosso.
La vena realizzativa del centravanti del Catanzaro colpisce anche la Roma che all’Olimpico viene infilzata due volte da Bivi (uno dei due gol è inserito anche nel film “Io so che tu sai che io so”, con Alberto Sordi e Monica Vitti) che timbra il cartellino marcatori anche nel vittorioso incontro casalingo contro il Torino, due punti che blindano la salvezza con ampio anticipo. A fine campionato, il bottino di Edy Bivi, al suo primo anno in A, è di 12 reti, secondo miglior bomber del massimo campionato alle spalle del solito Pruzzo.
Durante una puntata della trasmissione Rai “Domenica In”, che in quell’annata ospitava settimanalmente gruppi di tifosi di squadre di serie A, il presidente del Catanzaro Club consegna a Pippo Baudo decine di copie di un giornalino giallorosso distribuito allo stadio. Era il numero in cui si celebrava la conquista anticipata della salvezza, traguardo che aveva smentito anche il presentatore siciliano che ad inizio stagione aveva pronosticato la retrocessione del Catanzaro. E quella salvezza viene celebrata alla grande anche da Giacoia, che dopo aver decantato le gesta di Palanca, adesso racconta quelle del Trio Meraviglia: Mauro-Borghi-Bivi.
Massimo Mauro diviene una certezza. Nato nel maggio del 1962, ala destra molto abile nei dribbling, a soli venti anni diventa uomo mercato. Passa all’Udinese, approdando anche nella Nazionale Under 21. E’ solo la prima tappa di una carriera prestigiosa che lo vedrà indossare anche le casacche di Juventus e Napoli e giocare al fianco di fuoriclasse del calibro di Zico, Platini e Maradona.
Il biennio 1980-’82 rappresenta il punto più elevato della storia calcistica giallorossa. Sono i migliori anni del Catanzaro, vissuti in un “Militare” traboccante di colori e di migliaia e migliaia di calabresi entusiasti delle squadre di Carletto Mazzone, Tarcisio Burgnich e Bruno Pace. Per qualche tempo il Catanzaro è stato “Regina del Sud e Timore del Nord” conquistando vittorie memorabili contro Milan, Inter, Roma, Napoli e Torino, tanto per citare le più eclatanti. Contro la Juventus sarebbe rimasta storica invece la vittoria del 1972 con il gol di Mammì nella prima storica stagione del Catanzaro in Serie A. A “Tutto il calcio” la radiocronaca era toccata a Enrico Ameri perché “campo principale”, ma a 90° Minuto era toccato a lui far vedere per primo le immagini indimenticabili di quella vittoria. Che tempi!
Qualcuno in queste ore s’è ricordato anche di un Catanzaro – Roma 0 – 0 del 1982/83, in cui Giacoia intervista bomber Pruzzo di fianco a un vecchio telefono a gettoni poco fuori dallo stadio. La stella del presidentissimo Ceravolo e quella dei primi anni di Merlo s’era spenta: la sala stampa dello stadio catanzarese era angusta e malconcia e infatti era anche l’ultima stagione in Serie A del Catanzaro, che da allora non è più riuscito a rinverdire quei fasti.
Emanuele Giacoia era dotato di voce profonda, di estrema professionalità e ha raccontato la storia di una delle prime realtà importanti del calcio di provincia restando negli annali. Per sempre. Lascerà il testimone a Tonino Raffa, che avrebbe raccontato una quindicina di anni più tardi le imprese della Reggina promossa in Serie A alla fine degli anni Novanta ma con un calcio già profondamente cambiato.