Euro 2021. Per l’Italia gli uomini-chiave sono Donnarumma, Barella e Berardi (di Mario Sconcerti)

esultanza Domenico Berardi ph: Fornelli/Keypress

di Mario Sconcerti

Fonte: Corriere della Sera

L’Italia ha una gran bella squadra, ma non è la migliore, non ancora. Per vincere un torneo bisogna crescere dentro il torneo. E bisogna giocare pensando a se stessi perché l’esterno è indecifrabile e quasi sempre preoccupante. Per cercare di capire come finirà l’incrocio, bisogna partire da tre punti di vista diversi e poi sommarli. Servono un riferimento sicuro, una realtà non decifrabile e una sorpresa vera. Se questi tre fattori si sommano alle qualità normali, di una buona squadra, il gioco diventa semplice. Nell’Italia di Mancini la sicurezza è portata da Donnarumma. Non ha un’armonia nel fisico che lo aiuti, non è un atleta naturale, ha più del bonario che dell’irresistibile. Però è in assoluto il miglior giocatore italiano, quello con il più alto spessore internazionale. Il contratto con il Psg al doppio della cifra del Milan chiude anche l’affannosa questione dell’ingratitudine. È andato via per un ingaggio doppio, non per un soffio. E ha ringraziato il Milan giocando 251 partite di campionato con la sua maglia. Direi che si è tutti pari. Donnarumma nell’Italia vale metà lavoro. Lui è il nostro muro e il nostro riposo. Se non sarà lui all’altezza, mancherà strada a tutti.

Barella

La realtà ancora da dimensionare è quella di Barella. È curioso si ispiri a Dejan Stankovic, che aveva cuore e talento, come Barella, ma il doppio del fisico. Senza che nessuno dei due fosse un modello di equilibrio sul campo. Cercare di trovare un altro esempio di Barella nella storia del calcio è un gioco in cui hanno già fallito in molti. Non assomiglia a nessuno, ha propri numeri eccezionali e a volte una sua cialtronaggine d’autore che diventa un diamante perché lo isola, lo rende unico. Barella non è Tardelli e non è Antognoni, come non è Pirlo e non è Rui Costa. È l’interpretazione personale dell’uomo ovunque che alterna generosità imperfetta a idee luminose. È questo tipo di giocatore che segna la differenza ai grandi livelli. Tutti i giocatori sono fondamentali, ma molti si assomigliano, li hanno anche gli altri. Barella è come De Bruyne, come Busquets, come Bruno Fernandes, come Foden o Mount, nel senso che esistono da soli e fanno la differenza.

La sorpresa: Berardi

Resta la terza diversità. Trovare una sorpresa. Questo è un ruolo che può anche variare di partita in partita, abbiamo molti candidati, per esempio Chiesa, Castrovilli, naturalmente Insigne, che è molto di più, per esempio Verratti o Spinazzola. Ma c’è un nome che sta crescendo in silenzio, quello di Domenico Berardi, cosentino di 27 anni, premiato come miglior giovane europeo nel 2015, da noi sempre tenuto basso perché gioca nel Sassuolo e perché ci gioca volentieri, non chiede altro. Berardi è un numero dieci spostato sulla fascia, ha un mancino finissimo, non latino, un po’ flemmatico, dimostrativo, alla nord europea, da grande tedesco o inglese. Mancini in realtà non ha mai davvero pensato che il titolare fosse Chiesa in quel ruolo. Chiesa è esplosivo, in un torneo breve è una divergenza, un’eccezione. Berardi è giocatore più completo, di quelli che nel totale fanno una somma irraggiungibile. Se di queste tre realtà nessuno sbaglierà torneo, arriveremo fra le prime quattro.