Familismo è spopolamento
di Gioacchino Criaco
E chi non è con noi è contro, tutti pronti a stringersi intorno a un potere, piccolo o grande, purché in grado di dispensare favori. Tutti con chi autorizza, regola, si prende quel che è di tutti e ne diventa il padrone. Tutti imbrigliati in una miriade di legacci, nodi che si riproducono per partenogenesi. Quello che un tempo si riteneva fosse solo il Sud, il Paese è una palude in cui ogni sentiero muore dentro un tranello di sabbia mobile.
Rapporti parentali, familiari, amicali, di società e di clan, di partito, di tifo: chi è fuori dal reticolo di interessi è come le foglie di Ungaretti. Nemmeno Banfield ha capito fino in fondo i rivoli del familismo amorale che lui stesso ha teorizzato.
L’interesse è la fossa che s’ingoia la penisola, e gli interessi ci stanno dappertutto nel mondo, immanenti nell’uomo. Solo che in altri luoghi gli interessi si allargano, almeno un po’, qualche volta escono dal cerchio familiare, del clan, vanno di tanto in tanto a coincidere col vantaggio per una comunità più vasta. Fra Nordici e Sudici l’interesse non esce di casa, nutre e si nutre di mura domestiche: ogni cosa ha un padrone ridotto, un numero definito di persone, l’interesse pubblico è inesistente come concetto e le volte che nel bisogno coinvolge nuclei estesi si ritrova immediatamente strangolato da potentati minimi. Il problema, dalla punta alla cima dello stivale, è l’osso, chi lo afferra lo tiene per sé, lo considera proprio di diritto, rispetto a esso tutti sono nemici, ostacoli da distruggere.
Oggi il pantano è dominato da due tipi di familismo, uno criminale e l’altro immorale. Nel familismo immorale si perseguono interessi di progresso economico, sociale, culturale, perfettamente legittimi ma relativi al bisogno del clan e ogni volta che un singolo è tentato all’agire per fini collettivi, il gruppo interviene per dissuaderlo, quindi c’è la coscienza del giusto e dell’ingiusto. Nel familismo criminale ci si appropria di ciò che appartiene a tutti e lo si detiene a qualunque costo, nemmeno si è coscienti del furto. Il familismo criminale più pericoloso è quello politico, veri e propri clan si sono insediati dentro i partiti che rappresentano l’alibi e il mezzo per gli espropri. Per questo non si può uscire dal pantano, i clan sono a cavallo di ogni onda, da qualunque parte provenga, cavalcano vittorie e sconfitte che sono anch’esse vittorie in un gioco di sponda: un flipper in cui la biglia non può andare in buca.
Il voto non cambia le cose, non le può cambiare se i protagonisti sono sempre gli stessi. Le foglie cadono e alberi, rami e ramoscelli restano. E in fondo pure Sciascia si è sbagliato, non saliva la Palma come linea estetica, è salito il cammino del Geco a segnare, oltre al disastro climatico l’abisso morale, la linea come deriva sostanziale non di costume.