Festa del cioccolato: un inferno dove espiare le colpe (di Carla Monteforte)

di Carla Monteforte

Manca ancora un giorno ad Halloween, ma già il centro città si è popolato di mostri. Se l’ispirazione per il costume di domani scarseggia, fate un salto in centro e vedrete gremlins, Frankenstein, mammina cara e pure le gemelline di Shining che vi inviteranno a giocare con loro, un bracciale Pandora e l’outfit è fatto!

La festa del cioccolato, io l’inferno me lo immagino così: un fiume umano di gente che si ammassa senza meta per espiare le proprie colpe e infliggere pene ad altri.

Capita così che una povera crista il cui torto è stato l’essersi avventurata a procacciarsi beni di prima necessità – cioè tutto il necessario per la mascherata del lunedì (ognuno sperpera come meglio crede, l’importante è sperperare) – a sagra in corso (anzi, sul corso), sia tornata a casa senza aver speso un euro del budget previsto poiché intrappolata nella selva del cacao assieme alla propria propensione marginale al consumo.

Sorvolando sul fattore misantropia, sullo snobismo, sul classismo, sulle seghe mentali della cultura e su tutte le derive radical chic – e sorvolando pure su tutti i misteri che circolano intorno alla genesi della tradizione cioccolatiera della città dei Bruzi – sarebbe invece opportuno ragionare sui benefici che una manifestazione del genere arreca all’economia del luogo, ovvero lo spazio ad essa deputato: il cuore del commercio del comune di Cosenza. Ne arreca?

Certo porterà introiti ai titolari dei banchi di dolciumi che non hanno colpa alcuna dei disagi arrecati invece ai titolari delle attività commerciali stabili la cui economia è cannibalizzata dalla fiera e dagli effetti collaterali ad essa annessi: tipo mettere in fuga i potenziali acquirenti giunti sul corso per comperare generi di consumo differenti da un cannolo o un lingotto di fondente.

E tutto questo in un periodo stagionale assai importante per il mercato: cioè il weekend di festa che precede il ponte ed il calo dei consumi di novembre.

cioccolato1 Allora la domanda è: se la folla è il metro di misura del successo di un’iniziativa (lo è?) allora perché non dirottarla verso luoghi più opportuni in cui gli ingordi possono strafogarsi in santa pace e le famiglie e le coppiette manifestare il proprio orgoglio senza ostruire il passaggio ai prodighi?

Già in atmosfera di dìa de los muertos, dopo averli bestemmiati tutti tra piazza XI settembre e piazza Kennedy nella spasmodica ricerca di una via di fuga dall’Ade, alla sociopatica di cui sopra una visione si faceva sempre più chiara: la festa dei morti altro non è che la versione messicana di Halloween che poi sarebbe la versione americana del nostro carnevale e a carnevale le mascherine dove vanno? Eureka!

Perché un Ufo non viene dall’alto e preleva bancarelle, folla e calorie e non sposta tutto il girone dei disordini alimentari a piazza Loreto?

La piazza d’ingresso del centro cittadino, fresca fresca di restyling e per il cui cambio look è stato necessario (oltre che un grosso investimento monetario) il sacrificio di una strada un tempo piuttosto trafficata.

A cosa servono altrimenti questi extreme makeover se le piazze vengono lasciate senza forme di vita? Sono piste d’atterraggio per gli extraterrestri? Nuove rotte Ryanair (piazza Loreto-Tirana 49 euro)? Paranormal activity? Non si sa.

In attesa di una risposta, e che il cioccolato finisca, non resta che restare rinchiusi in casa sperando che almeno qui non arrivino Visitors.