Flotilla riparte e fa rotta su Gaza: il piano soccorsi in caso di attacco

Flotilla riparte e fa rotta su Gaza: il piano soccorsi in caso di attacco
di Alessandro Mantovani-Fonte: Il Fatto Quotidiano

La Flotilla è ripartita per Gaza. Dopo una giornata di rinvii, riparazioni in extremis, gommoncini che andavano e venivano per portare persone e strumenti e batterie da una barca all’altra, poco prima delle 20 greche le imbarcazioni imbandierate con i colori della Palestina hanno cominciato a muoversi di Koufonissi, un isolotto disabitato a sud della punta orientale di Creta.

Nelle acque greche la Global Sumud Flotilla lascia quattro barche, anche per i danni della notte dei droni di martedì scorso. Una è la Familia Madeira, partita il 31 agosto da Barcellona, la nave madre che ospitava il Comitato direttivo. Motore rotto, sarà rimorchiata in porto. C’è speranza che recuperino Taigete. Sono ripartite in 46. Guiderà la flotta l’Alma, l’altra nave colpita dai droni incendiati in Tunisia. Il direttivo si è spostato un po’ lì e un po’ su Sirius.

Tra le ultime si è mossa Otaria, la barca a vela di 12 metri che ospita chi scrive: problemi tecnici, abbiamo subito recuperato. Tira vento di maestrale, c’è un po’ di onda fastidiosa ma si va. Per ora verso Sud per evitare il Meltemi che soffia forte da nord a est di Creta, poi andremo a est. Partenza a motore e poi a vela, anche con mezzo fiocco andiamo più dello 4.5 nodi indicati dalla Flotilla, a mezzanotte di ieri dovremmo aver già raggiunto le acque internazionali, più rischiose di quelle greche. È tutto mare aperto, poco meno di 500 miglia, almeno quattro giorni di navigazione fino a Gaza. Dove tutti sanno che non arriveremo mai.

La Flotilla si aspetta di essere intercettata dalle forze israeliane molto prima, come è successo in passato ad altre iniziative nautiche contro il blocco navale che da 18 anni impedisce anche la pesca a Gaza e oggi non consente di far arrivare aiuti umanitari via mare mentre quelli via terra sono bloccati da Israele che li usa come arma di guerra, Ora pero un conto è abbordare una o due barche, un conto 40. E per questo sono possibili azioni di disturbo anche prima, come la notte dei droni e delle bombe assordanti che ha indotto la Flotilla a riparare nelle acque greche a Creta. Magari ordigni incendiari o qualche imbarcazione affondata per ridurre le barche da abbordare e le persone da arrestare.

Al seguito della Flotilla viaggia la nave Life Support, la nave di Emergency, che interverrà se sarà necessario soccorrere qualcuno. È in zona la fregata Alpino della Marina Militare italiana, inviata dal ministro della Difesa Guido Crosetto dopo la notte dei droni e dei botti che hanno sfasciato vele e cavi di diverse barche, quando appena qualche giorno prima il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva detto che non si poteva fare salvo “dichiarare guerra a Israele”: ha compiti di soccorso anche la Alpino. Ci sarà anche la nave militare Furor mandata dal governo di Pedro Sanchez. Potrebbero avvicinarsi anche una o più navi militari turche. La Flotilla riunisce gruppi e persone di 44 Paesi del Nord e del Sud del mondo, tra i 400 a bordo ci sono diversi turchi, soprattutto di passaporto tedesco. Stanno anche partendo da Sicilia e Puglia altre barche, la Freedom Flotilla e le Thousand Madleen

Ieri si è accesa una polemica perché un sito ha dato notizia che “la componente italiana ha deciso di scendere dalle navi” perché “le condizioni di sicurezza sono cambiate e i pericoli sono aumentati”. In realtà sono quasi tutti a bordo gli italiani, un comunicato dice 40 sui 50 partiti da Augusta in Sicilia il 14 settembre. Qualcuno ha scelto di tornare a casa, chi per non correre troppi rischi, chi per motivi di lavoro o familiari, come è successo anche in altre delegazioni. Certo ha pesato anche l’intervento del ministero degli Esteri che ha invitato gli attivisti a rientrare con toni molto allarmisti, contattando anche le famiglie. Ha fatto un richiamo simile, secondo il manifesto, il governo tedesco. Non quello spagnolo. La Farnesina, particolarmente devota agli amici israeliani accusati di genocidio, ha infilato anche un’altra perla: ad alcuni partecipanti, chiamati perché indicassero le barche su cui si trovano per proteggerli meglio, i funzionari hanno suggerito di mettersi “tutti sulle stesse barche”, così sarebbe più facile occuparsi solo di loro. “ma cosa vogliono – diceva uno di loro – che gli indichiamo le barche dei tunisini?”.