Gioacchino Criaco: “Oltre Catanzaro: le parole che fanno veramente male alla Calabria”

Usciti dal sen o partoriti dalla senilità, oltre Catanzaro, le parole che fanno veramente male

dalla pagina FB di Gioacchino Criaco

Nescit vox missa reverti «la parola detta non sa tornare indietro». Che sia Orazio o Metastasio, ci sono voci che appartengono al folclore che un battito di ciglia e vanno via e poi frasi dette in mala o buona fede, argomentate o buttate là, che costruiscono l’immaginario, che si appiccicano addosso e diventa difficile rimuovere.
La prima cosa da tenere a bada di fronte a retro pensieri, veri o presunti, è l’orgoglio, mettersi sulla difensiva è un po’ ammettere. A tutti ci è capitato un “ho dei vicini calabresi che sono bravissime persone”, però lo stereotipo colpisce a giro, spesso ci appartiene più di quanto ammettiamo. Il male vero non viene dagli attacchi plateali, dai pregiudizi evidenti, arriva da ragionamenti pacati fatti pensando di aiutare, provenienti da chi è convinto di dare una mano, da quelli a cui si riconosce una propensione culturale buona. Parole che si incuneano e, affisse, diventano difficili da levare.

Attacchi di Feltri o Bocca, senili o pervicacemente contro, e chi se ne importa. Ma, il calabrese di De Amicis (un ragazzo di viso molto bruno, coi capelli neri, con gli occhi grandi e neri, con le sopracciglia folte e raggiunte sulla fronte; tutto vestito di scuro, con una cintura di marocchino nero intorno alla vita) è diventato il calabrese, per sempre neri e con le sopracciglia attaccate. Dediti al coltello e specialisti nella vendetta a freddo, i calabresi della letteratura sudamericana. Irredimibili per Stajano. Calabria perduta irrimediabilmente per Augias. Estasiati ai piedi di Garko e Smaila per la telecamerina di Zoro. E Vecchioni, se deve spiegare il divario culturale fra la Colchide e Corinto, mette a confronto l’Aspromonte e New York.

La Chiara di Carpignano si salva perché l’accoglie una famiglia platealmente settentrionale, da loro i compleanni hanno una gioia composta, con musica migliore, un milieu multirazziale, e ti portano agli allenamenti con un ciao trottolina. Non c’è una famiglia calabrese, in Calabria o fuori dalla Calabria che la possa salvare.
E certo, di Pasolini sulla via di Cutro non è che ce ne possano essere a migliaia.

L’albero, ovviamente, è Aspromontano, la foto è di Antonello Scotti