Gioia Tauro: sigilli all’impero di Alfonso Annunziata, braccio finanziario dei Piromalli

Dopo il sequestro, la confisca. Sigilli a beni per 215 milioni di euro. La Guardia di Finanza di Reggio Calabria aveva già sequestrato tre anni fa, il 18 aprile 2016, l’impero di Alfonso Annunziata, ritenuto il braccio finanziario della cosca Piromalli di Gioia Tauro: 4 imprese, 2 società di capitali, 85 immobili, 42 rapporti finanziari e 700mila euro in contanti. Adesso, dopo le necessarie verifiche, è arrivato il provvedimento definitivo di confisca.

Il sequestro della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio era stato eseguito su richiesta della Direzione distrettuale antimafia e aveva interessato anche il parco commerciale “L’Annunziata” che si trova nei pressi dello svincolo di Gioia Tauro dell’A3 e che, secondo gli inquirenti, era in mano alla ‘ndrangheta.

L’operazione, condotta dai finanzieri guidati dai colonnelli Alessandro Barbera e Luca Cioffi, era il seguito dell’inchiesta “Bucefalo” che aveva portato il 15 marzo 2015 all’arresto di Alfonso Annunziata, oggi sotto processo davanti al Tribunale di Palmi con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Secondo gli inquirenti, infatti, Annunziata non era il classico imprenditore vittima delle cosche. Piuttosto “un soggetto storicamente legato ai componenti di vertice della famiglia Piromalli”. Da don Peppino Piromalli (classe 1921) a Pino Piromalli (classe 1945), negli ultimi decenni tutti i boss avrebbero fatto riferimento ad Alfonso Annunziata come il “cuore imprenditoriale” della famiglia mafiosa di Gioia Tauro. Per questo motivo, per la Dda, l’imprenditore è un “soggetto intraneo che si presta da oltre venti anni, volontariamente e consapevolmente, al perseguimento degli scopi imprenditoriali ed economici della cosca, così creando e sviluppando, nel tempo, solide cointeressenze economiche, accompagnate da ingenti investimenti commerciali nel territorio di Gioia Tauro”.

Annunziata, inoltre, avrebbe svolto il ruolo di “garante ambientale” per gli imprenditori che operavano all’interno del suo centro commerciale e che si rivolgevano a lui consapevoli delle sue entrature con i Piromalli. Nel corso delle indagini, infine, la Finanza è riuscita a ricostruire l’intero patrimonio dell’indagato e della sua famiglia accertando una netta sproporzione con i redditi dichiarati e le attività economiche svolte. Questo ha consentito ai magistrati di ritenere l’impero di Annunziata frutto dei proventi di attività illecite.

È emersa, quindi, l’esistenza di un indissolubile rapporto di cointeressenza economico-criminale tra Alfonso ANNUNZIATA e la cosca PIROMALLI, che sarebbe nato sin dalla prima metà degli anni ’80 e si sarebbe definitivamente sviluppato tra la fine del medesimo decennio e i primi anni ’90, proseguendo ininterrottamente fino all’attualità.
La risalenza nel tempo del rapporto di contiguità con la cosca PIROMALLI ha trovato riscontro in dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia nonché nella complessa e articolata attività investigativa svolta dagli investigatori della Guardia di finanza, anche mediante intercettazioni telefoniche e ambientali.

Sintomatica dello stretto rapporto di contiguità è la conversazione, captata in modalità ambientale, in cui ANNUNZIATA, dialogando all’interno della propria autovettura con la moglie D. e passando davanti a una proprietà della famiglia PIROMALLI nei pressi del cimitero di Goia Tauro, raccontava alla propria consorte di quando si era più volte recato a trovare “Peppe il vecchio” quando quest’ultimo – all’epoca latitante (già ricercato nel luglio 1979 e tratto in arresto nel 1984) – si trovava all’interno di una baracca a giocare a carte con altri amici.

ANNUNZIATA, pertanto, sarebbe stato un punto di riferimento fondamentale per le attività economiche della cosca PIROMALLI, svolgendo anche il ruolo di “garante ambientale” per gli imprenditori interessati a operare presso l’omonimo centro commerciale, che a lui si rivolgevano nella consapevolezza del suo collegamento con la citata cosca.
Il Tribunale reggino ha così potuto supportare, sulla scorta delle risultanze investigative, tanto il profilo della pericolosità sociale “qualificata” (per fatti di mafia) del proposto quanto l’origine illecita dei fondi investiti nella “impresa mafiosa”, sulla scorta della sproporzione tra gli investimenti effettuati nel tempo e le sue potenzialità economiche, essendo stato accertato come l’ANNUNZIATA godesse di ingentissime disponibilità finanziarie del tutto non in linea con i redditi dichiarati.
Proprio sotto il profilo della disponibilità di beni, gli inquirenti non solo hanno individuato gli asset patrimoniali di cui Alfonso ANNUNZIATA era titolare ma hanno anche raccolto dati oggettivi e concreti per poter ritenere che il proposto, al di là della loro formale intestazione, ne fosse l’effettivo dominus.
Nel dettaglio, in esecuzione del decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria è stato confiscato ad Alfonso ANNUNZIATA e al suo nucleo familiare il seguente patrimonio:

intero patrimonio aziendale della ditta individuale ANNUNZIATA Alfonso, con sede legale in Gioia Tauro (RC) e unità locale in Vibo Valentia, S.S. 18 – località Spoletino;

intero patrimonio aziendale della ANNUNZIATA S.r.l., con sede legale in Gioia Tauro (RC), ivi incluso il noto centro commerciale ANNUNZIATA” di Gioia Tauro (RC);

quote societarie della ANNUNZIATA S.r.l., della ANNUNZIATA GROUP S.r.l., della S. S.p.A., della G. S. S.r.l., tutte con sede legale in Gioia Tauro (RC), e della C. A. DI A. A. & C S.n.c., con sede legale in San Giuseppe Vesuviano (NA);

85 beni immobili, tra ville, appartamenti, locali commerciali e terreni, siti nelle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Napoli;
46 rapporti finanziari personali o aziendali;
denaro contante, per un importo pari a quasi un milione di euro.