Ci ha messo un po’ di tempo ma alla fine s’è svegliata anche la Gazzetta del Sud. Che finalmente ha ripreso le notizie già pubblicate qualche giorno fa da Il Fatto Quotidiano e che giustamente hanno avuto una grande eco mediatica nonostante la “censura” dei media di regime calabresi. Ma adesso la “Gazzetta”, che ha capito l’aria che tira, ha deciso di pubblicare quanto emerge dalle carte, anche se ha fatto un sostanziale “sconto” ai suoi amici destrorsi. Ma ecco l’articolo uscito stamattina.
A Gioia Tauro la musica non è cambiata. Cinquant’anni dopo la posa – mai seguita da un’opera reale – della prima pietra del V Polo siderurgico, la ’ndrangheta dei Piromalli continua a dettare le regole del potere economico.
È quanto emerge dall’inchiesta “Res Tauro” della Dda reggina, coordinata dal procuratore Borrelli e dall’aggiunto Stefano Musolino, che fotografa il ritorno in scena del boss Pino Piromalli, detto “Facciazza”, dopo oltre vent’anni di carcere duro. «A Gioia ci sono io… la musica la cantiamo noi», dice in una delle intercettazioni chiave. Parole che non lasciano spazio a dubbi sull’ambizione di riaffermare il controllo del clan sulle grandi opere pubbliche – dall’Alta velocità al rigassificatore fino agli impianti a biomasse – e, soprattutto, sui miliardi del PNRR.
Secondo i carabinieri del Ros, i vertici della cosca avrebbero mostrato “il vivo interesse della ‘ndrangheta gioiese per la realizzazione di opere strategiche”, in particolare quelle destinate a essere finanziate con fondi pubblici. L’idea, come rivelano le conversazioni intercettate, era di inserirsi nel circuito decisionale e imprenditoriale grazie a una rete di contatti che spazia dalla massoneria al mondo politico ed economico regionale.
In una delle conversazioni captate, del settembre 2022, si parla del rigassificatore: “C’è Occhiuto… il presidente, che vuole fare il rigassificatore”, si sente dire. “Dove lo mettono?” chiede Pironalli. “Qua a Gioia… se sale la destra, Occhiuto ha detto che lo fa… e lui già aveva trovato la ditta, aveva trovato il posto”. E’ il segnale che l’interesse del clan si sta spostando su un’opera considerata strategica per il futuro energetico della Calabria, e che per la ‘ndrangheta rappresenta una nuova fonte di ricchezza.
Non solo gas: anche l’Alta Velocità e le biomasse finiscono nel mirino. Senza l’autorizzazione del boss, nessuno avrebbe potuto muoversi. E’ lui, “Facciazza”, a concedere il via libera ai contatti con un ingegnere cosentino (non indagato… la Gazzetta non fa il nome ma sappiamo che si tratta di Salvatore Coscarella, ndr), che secondo gli investigatori del Ros risulta “legato alla massoneria e al mondo affaristico imprenditoriale”. Un tecnico con esperienza consolidata nelle grandi opere pubbliche, già impegnato nella realizzazione di importanti infrastrutture: “Questo ha fatto la superstrada… impegnato nelle ferrovie per l’Alta Velocità… che devono fare ora pure qua…”, si sente dire in una intercettazione. “E ce la vediamo noi”, replica Piromalli, lasciando intendere che ogni movimento, ogni progetto, ogni investimento nella Piana debba passare dal suo consenso.
La rete d’interessi si estenderebbe anche a un impianto di biomasse, un affare da “200 milioni di lavori qua, non è che stiamo parlando di caramelle”. L’ingegnere, spiegano gli interlocutori del boss, “ha bisogno di noi… non ha motivo a riempirci di chiacchiere… era nella politica, nelle infrastrutture al governo… ha tutti gli agganci”.
Ma spuntano anche un ex carabiniere (e sappiamo che si tratta di Massimiliano Ercole, ndr) e una “lei” con ambizioni elettorali (e sappiamo che si tratta di Simona Loizzo, ndr) e la promessa di “gestire i fondi del Pnrr” in caso di elezione: attorno a questi snodi si muove quello che gli investigatori definiscono un “cerchio magico” di relazioni e interessi. Da dietro le quinte, il boss osserva e orienta, pronto a intervenire: “Ce la vediamo noi”. Cambiano le epoche, cambiano i linguaggi ma la regola rimane la stessa: da Gioia non si passa senza il permesso dei Piromalli. Fonte: Gazzetta del Sud