Giustiza corrotta, ci sono bancarottieri “galli” e bancarottieri “occhiuti”

Ogni caso giudiziario ha le sue specificità che di volta in volta devono essere valutate dal giudice a cui spetta il compito di stabilire il grado di responsabilità dell’imputato e l’eventuale pena da scontare, sempre secondo i parametri indicati (minimo e massima della pena, attenuanti sì, attenuanti no) dal Codice Penale. Ma esistono anche casi dove l’analogia del reato commesso dagli imputati salta agli occhi, e il paragone tra casi che presentano lo stesso “modus operandi” e la stessa finalità criminale ma che finiscono con un trattamento sanzionatorio diverso, diventa legittimo.

E la domanda sorge spontanea: ma se hanno commesso lo stesso reato come mai uno finisce agli arresti e l’altro no? Una domanda che tutti, almeno una volta nella vita, di fronte a disparità palesi di trattamento giudiziario, si sono posti. Che la Legge non è uguale per tutti lo sanno anche i bambini.

Ma facciamo un esempio concreto: il caso Mario Occhiuto e il caso Luca Gallo (ex presidente della Reggina Calcio), entrambi accusati di bancarotta fraudolenta. Un reato che, una volta accertata la responsabilità dell’imputato, parte da un minimo di tre anni di reclusione fino ad un massimo di 10 anni di reclusione. A conclusione delle indagini, il pm che ha condotto l’inchiesta può chiedere al Gip un’ordinanza di custodia cautelare dell’indagato. Cosa che la procura di Catania ha fatto nei confronti di Luca Gallo, ottenendo per l’ex patron della Reggina Calcio gli arresti domiciliari. Nello specifico la procura di Catania imputa a Gallo “la sottrazione e la distruzione delle scritture contabili, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e degli affari e distratto dal complesso aziendale della M&G Coop. Multiservizi in suo favore la somma di 1.590.000 euro (che si innestano in un quadro più ampio dove Gallo è accusato di non aver proceduto al reintegro del capitale sociale, risultato azzerato, e alla messa in liquidazione e scioglimento delle menzionate società, così presumibilmente aggravando la relativa esposizione debitoria stimata, complessivamente, in oltre 70 milioni di euro)”. Un quadro accusatorio che ha convinto il Gip a firmare la misura, meno afflittiva, degli arresti domiciliari.

Mario Occhiuto, come Gallo, è accusato dalla procura cosentina di aver prodotto diverse bancarotte fraudolente, la Guardia di Finanza indica 18 società a lui riconducibili, tutte fallite, che hanno prodotto un buco di 25 milioni di euro. Nello specifico Mario Occhiuto risulta “sotto processo” in due procedimenti penali. Il primo: processo Ofin – dove la sorella del sindaco risulta già condannata ad un anno e sei in primo e secondo grado, e Carmine Potestio, guarda caso, archiviato – una bancarotta che i finanziari quantificano in 3,5 milioni di euro. Mario ovviamente risulta a “piede libero”. Il secondo: anche qui Mario è accusato del fallimento, attraverso la bancarotta fraudolenta di due società a lui intestate che hanno prodotto un buco di oltre 6 milioni di euro. Mancano all’appello ancora altre 15 società. Ovviamente la procura cosentina, per Mario, non ha mai chiesto, a differenza della procura di Catania, una misura di custodia cautelare.

Eppure la tipologia dei reati e le modalità con le quali il disegno criminale è stato posto in essere, sono uguali in entrambi i casi. La differenza sta solo nel totale della cifra truffata. Gallo 70 milioni di euro, Mario Occhiuto 25 milioni di euro. Ma come tutti sanno non è questo che fa la differenza nella disparità di trattamento tra i due. La differenza come tutti sanno, sta nelle capacità dell’imputato di intervenire su pm, gip e giudicanti. E a Cosenza questo sodalizio tra potenti che rubano e magistrati corrotti, è più che consolidato. Se Occhiuto avesse commesso i reati che ha commesso a Catania, a quest’ora sarebbe agli arresti come Gallo. Ma qui siamo a Cosenza dove la Giustizia si vende tanto al chilo, e nessuno può farci niente.

I cosentini non hanno diritto ad una Giustizia giusta e uguale per tutti. Qui conta l’appartenenza alla paranza massomafiosa di cui i cosentini silenti sono vittime da decenni e, per come stanno le cose, ci toccherà subirla ancora per tanto tempo. L’unica difesa dalla malagiustizia che hanno i cosentini per non subirla è quella di fare domanda d’iscrizione, con la speranza di essere accolti, nella paranza che conta. E se la fortuna vi aiuta, allora, come Mario Occhiuto, non dovete più preoccuparvi di niente. Sia sa: per la procura cittadina esistono bancarottieri che possono e bancarottieri che non possono. E Mario Occhiuto è un bancarottiere di serie A che conosce bene il suo mestiere e che tutto può. Più chiaro di così si muore.