di Saverio Di Giorno
E alla fine Palamara ha detto la sua anche su alcuni fatti calabresi. Poco, smozzicato, ma pur sempre meglio di niente. D’altra parte anche le non risposte sono risposte. Ora lui è impegnato a dipingersi come uomo in lotta con il sistema, che vuole squarciare “il velo dell’ipocrisia”. L’altra lettura, quella che fa chi è dall’altra parte è che non ci sta ad essere l’unico marcio in un sistema nel quale diversi si sono serviti dei suoi “servizi”.
La chiacchierata, in realtà molto breve, ma molto intensa parte proprio da qua. Se anche lui ha l’impressione che il Sistema, come è stato definito, voglia addossare le responsabilità solo a lui e lavarsene le mani. Palamara riconosce che alcune cose sono rimaste ferme e si tenta di far finta di niente, ma è anche vero che qualcosa è saltato e ricorda “la loggia Ungheria e altri magistrati sotto processo”.
Molti di questi magistrati sono calabresi e hanno avuto a che fare con la Calabria. In generale la Calabria sembra un laboratorio, ma nonostante questo il procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli minimizza tutto. Il suo è un punto di osservazione privilegiato, ha lavorato a Reggio Calabria e poi in ruoli apicali e quindi risponde: “Non posso dire di carte che non conosco, ma per la mia esperienza dico che il tema degli uffici giudiziari in Calabria è storicamente complesso e spesso ci sono state situazioni di criticità”, E poi aggiunge un giudizio. “Spesso la Calabria è considerata un trampolino di lancio dalle istituzioni e quindi c’è la corsa a fare le inchieste eclatanti che possono comportare criticità”. Una dichiarazione che stride con il giudizio di Borrelli.
Abbiamo stimolato Palamara sui casi Lupacchini e Facciolla, casi che dice di “conoscere bene”. Ad esempio: cosa si dissero Palamara e Gratteri prima di discutere al Csm? Palamara generalizza perché nel suo lavoro si fanno “spesso incontri per discutere in generale il funzionamento degli uffici e della giustizia” e questo sarebbe il caso. Certo, la tempistica è quantomeno sorprendente. Su Facciolla, Palamara si limita a dire che è un magistrato preparato e che saprà documentare come sono andate le cose.
Per il resto, è inevitabile passare alle operazioni fatte per fermare De Magistris. Si scomodò addirittura il Quirinale e Palamara riconosce che c’era una “voglia di cambiamento che aveva animato i cittadini” e si augura che possa tornare anche senza che ci siano paladini della legalità o senza iniziative giudiziarie. Anche perché, viene da aggiungere… vista la piega che prendono le cose, di paladini non se ne vedono.
Tirando le somme, Palamara ha dato un colpo mortale al sistema o è stato già digerito? Su questo Palamara fa un’osservazione: “Le mie chat vengono giudicate da chi di quelle chat faceva parte. Una situazione assurda”. E poi chiosa “Si sono fatti figli e figliastri”. E quindi a cosa è servito? Palamara infine dà una notizia: le rivelazioni non finiscono qua dal momento che, dice, a metà gennaio uscirà un nuovo libro con altri fatti. É convinto che a qualcosa sia servito, quantomeno a spingere a riflessioni su cosa non vada nella magistratura: come si distingue tra magistratura giudicante e inquirente? Come si pongono i limiti tra politica e magistratura? Come si rende anche la Calabria un posto di magistrati preparati e professionali e non più “sistemici”? Ecco; come si fa?
Per rivedere l’intervista e tutti i dettagli
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