Giustizia nel caos. Musolino: «Vogliono un magistrato burocrate che serve il potere dominante»

Stefano Musolino, procuratore aggiunto di Reggio Calabria e segretario di Magistratura democratica, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, nella quale tra l’altro ha commentato il decreto legge che prevederà l’azione disciplinare per i magistrati che non si astengono dai procedimenti “quando sussistono gravi ragioni di convenienza”.

di Giovanni Bianconi

Fonte: Corriere della Sera

Dottor Stefano Musolino, procuratore aggiunto di Reggio Calabria e segretario di Magistratura democratica: si sente un bersaglio del decreto-legge che prevederà l’azione disciplinare per i magistrati che non si astengono dai procedimenti «quando sussistono gravi ragioni di convenienza»?
«Per certi versi sì, perché l’evanescenza letterale di questa norma consente di mettere sotto accusa ogni magistrato che abbia espresso una critica a provvedimenti approvati dal Parlamento, e dunque potrei finire sotto procedimento disciplinare se dovessi occuparmi professionalmente dell’applicazione del “ddl sicurezza” in fase di gestazione».

Lo considera un attacco alle «toghe rosse» come lei, e più in generale alle correnti?
«Credo che il problema sia molto più ampio, perché si vuole un magistrato chiuso nella torre d’avorio, dotato di un’imparzialità tanto apparente quanto inesistente, che origlia il dibattito giuridico anziché esserne protagonista consapevole, e dunque meno attrezzato a tutelare i diritti delle parti coinvolte nel processo, pm o giudice che sia».

Farà obiezione di coscienza continuando a criticare le leggi senza astenersi quando si tratterà di applicarle?
«Certamente, perché partecipare al dibattito serve a fare meglio il mio lavoro. Se il decreto sarà approvato, in teoria non potrei partecipare al prossimo convegno di Catania sulle misure di prevenzione, di cui mi occupo quotidianamente, rinunciando al confronto con l’accademia e l’avvocatura , e sinceramente non ne vedo il motivo».

Ma come si può garantire il cittadino dall’assenza di pregiudizi, quando un magistrato critica una legge e poi si rifiuta di applicarla?
«Le rispondo con l’esempio di Silvia Albano, la giudice e presidente di Md finita nel mirino proprio per una presunta anticipazione di giudizio. In realtà lei, commentando le norme sui trasferimenti in Albania, non aveva anticipato il proprio giudizio, ma l’interpretazione della Corte di giustizia europea puntualmente arrivata. Anziché accusarla bisognerebbe apprezzarne la capacità di prevedere le conseguenze di quella norma, dovuta non a pregiudizi ideologici ma ad esperienza e conoscenza della materia. Anche perché se la Corte di giustizia avesse risposto in un altro modo, si sarebbe adeguata applicando la norma, poiché il dibattito finisce davanti all’orientamento interpretativo di un giudice superiore».

Quindi quale sarebbe l’obiettivo del decreto?
«Un magistrato burocrate che si adegua asetticamente agli orientamenti legislativi del momento. Senza capire che l’imparzialità non si raggiunge per legge, ma attraverso un percorso nel quale il giudice deve astrarsi dalle proprie convinzioni ed esperienze personali, anche e a maggior ragione quando non sono conosciute all’esterno, di fronte al caso specifico che si trova ad affrontare, sulla base della corretta interpretazione della norma. Senza pensare al risultato che voleva raggiungere chi l’ha scritta e approvata, perché quello è l’obiettivo del politico, non del magistrato».

È il punto centrale della critica politica: ostacolando le riforme varate da una maggioranza eletta per farle, finite per tradire la sovranità popolare sancita dalla Costituzione. Non è così?
«No. Politicamente la maggioranza di turno può dire o fare ciò che vuole, com’è ovvio. Ma sul piano giuridico non si può ignorare che la sovranità popolare va esercitata “nelle forme e nei limiti della Costituzione”, com’è scritto all’articolo 1 della stessa Carta. E tra quei limiti ci sono, ad esempio, il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordimento comunitario e internazionale; o l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, a garanzia e tutela dei diritti fondamentali delle persone».

Sta dicendo che è il governo, e non voi, a travisare la Costituzione?
«Dico che evocano una Costituzione diversa da quella scritta, e perseguono una magistratura servente al potere dominante, come accadeva negli anni Cinquanta. Cercando di intimidirla sul piano culturale, anche attraverso questa minaccia di azioni disciplinari per chi partecipa al dibattito giuridico e poi non si astiene al momento di giudicare su quella materia».