Si aggiravano nella zona di via Piave ormai da una mezzoretta.
Io li sentivo da dietro la porta: “Ma è via Piave o via Sabotino?”. E ancora: “Ma il numero è 87 o 78? Ma è un condominio o un magazzino?”.
Erano da poco passate le 20,30 e me ne stavo andando a casa ma guardandoli da lontano così spauriti e indifesi e sapendo che cercavano me, mi sono impietosito e mi sono “consegnato”. “Sono io Carchidi: dovete farmi una notifica?”.
Beh, avrete capito che sono venuti di nuovo a farci visita le forze dell’ordine ma questa volta non portavano le solite cagate di Tridico e dei suoi compagni/e di merende. Questa volta l’avviso di garanzia e di conclusione delle indagini preliminari arriva direttamente dalla procura di Salerno e il denunciante è un “trombone” grosso, anche se di quarta/quinta fila: il procuratore della Repubblica di Cosenza, Dario Granieri.
Poiché il giorno in cui si leverà dalle scatole per andare in pensione (e lo pagheranno pure profumatamente per non aver fatto nulla per quasi 8 anni…) è molto vicino, quello splendido esemplare di “segugio” del dottor Granieri ha pensato bene di lasciarmi il ricordino finale della sua querela. Anche perché ormai non poteva pìù mandare nessuno a “sequestrarmi” il giornale per evitare di diventare ancora più ridicolo di quello che già è.
Mi sono chiesto mille volte che cosa avrebbe potuto scrivere Granieri in questa denuncia. Mi sono chiesto principalmente, in realtà, se Granieri fosse in grado di scrivere frasi di senso compiuto che andassero al di là dei suoi motti (mi pare che si dica così) preferiti: “Chi si ferma è perduto” o “Menefrego”.
Ed oggi, in anteprima assoluta per i lettori di Iacchite’, sono in grado di digitare qualcosa che quel trombone stonato di Granieri ha scritto (verosimilmente) di suo pugno. Sono quasi emozionato nel trascrivere il frutto di cotanto ingegno.
“… perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (pensate che pericoloso delinquente che sono, ndr), anche in tempi diversi, attribuendogli fatti determinati, diffamava GRANIERI Dario, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza, segnatamente affermando nei seguenti articoli dal contenuto complessivamente diffamatorio:
COSENZA, LA CITTA’ DEI POTERI FORTI
Qui, ovviamente, a scrivere non è più il trombone ma io sottoscritto…
“Vi spieghiamo perché la magistratura cosentina è corrotta da sempre… i procuratori che si sono alternati dagli anni 70 ad oggi rispondono a requisiti ben precisi e non toccano i poteri forti… da Cavalcanti ad Oreste Nicastro, da Alfredo Serafini a Dario Granieri una totale connivenza con i settori grigi della società…”.
Come tutti sapete, una verità inoppugnabile suffragata dall’irritante immobilismo di questi signori, tre dei quali passati a miglior vita.
PIAZZA FERA: POTESTIO IL MESSAGGERO DEL CLAN
“… La procura di Cosenza è la regina indiscussa dei tanti porti delle nebbie dei quali si riempie il bel paese…”.
Insomma, Granieri si sente addirittura diffamato se qualcuno scrive che il Tribunale di Cosenza è il porto delle nebbie: roba da domandarsi seriamente se si senta bene o se è sotto effetto di qualche medicinale, vista l’età che avanza e che, fortunatamente, non gli consentirà di coprire ancora i suoi amici che delinquono.
SANITA’, ASPIRANTI DG: C’E’ ANCHE IL COGNATO DI GRANIERI
“… E’ stata diffusa pochi giorni fa una lista di 150 personaggi all’interno dei quali la massopolindrangheta cosentina sceglierà i soliti equilbri per continuare a dilapidare soldi e ad alimentare clientele alla faccia dei cittadini perbene… Il nome più “famoso” è quello di Arcangelo Fonti… il suo sponsor principale è suo cognato ovvero il procuratore della Repubblica Dario Granieri. In perfetta linea col sistema deviato che comanda a Cosenza. Un magistrato che copre tutti gli imbrogli della sanità e che potrebbe addirittura piazzare un suo parente al vertice della cupola…”.
Per fortuna, grazie a Iacchite’, il pericolo di avere il cognato di Granieri alla guida dell’ASP è stato scongiurato ma il dramma è che Granieri e Fonti non si sono posti neanche il problema dell’opportunità di una tale candidatura ed è questo quello che ci lascia sinceramente sconcertati. Sono così sfacciati da risultare persino divertenti nel loro delirio di onnipotenza.
GRANIERI, BASTA LA PAROLA (come il confetto FALQUI…)
“… Il procuratore, che non brilla certo per capacità investigative, pare abbia attivato il suo ufficio, recuperando qualche vecchia inchiesta ereditata dal suo maestro Serafini, e paventandone di nuove, per restituire una immagine di se, agli sfortunati cittadini che lo subiscono, diversa da quella alla quale ci ha abituati: un uomo silente…”.
Ora, qui siamo davvero alla follia: scrivere che Granieri è “silente” può essere oggetto di una denuncia per diffamazione? E scrivere che le sue capacità investigative non sono brillanti, è o no un diritto di critica sacrosanto che ogni cittadino può esercitare senza temere di essere denunciato da quest’uomo?
GRANITO SILANO: LA FINANZA INDAGA, LA PROCURA ARCHIVIA
Segnatamente affermando che … “la Guardia di Finanza non aveva preso bene la richiesta di archiviazione della procura di Cosenza nell’inchiesta di piazza Fera/Bilotti ed aveva pertanto trasmesso tutto il materiale raccolto alla DDA di Catanzaro, affermando altresì fatti non corrispondenti al vero…”.
A Granieri brucia che la Finanza gli abbia messo il peperoncino nel deretano ma che le Fiamme Gialle abbiano portato le carte alla DDA di Catanzaro è una verità assoluta che si può anche dimostrare facilmente. Il trombone pensa forse che i finanzieri non abbiano le palle per rendere pubbliche queste vicende? Si sbaglia di grosso e lo vedrà presto, per fortuna mentre sarà in pensione e non potrà più coprire nessuno.
MARIO OCCHIUTO, UOMO IN NERO
Scrivendo che il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto avrebbe coperture politiche e giudiziarie senza le quali “nessun imbroglio è possibile” e che senza le dette coperture in procura i documenti sarebbero finiti dritti in un’aula di tribunale.
Qui non servirebbe neanche “tradurre”, visto e considerato che tutti sanno che Occhiuto è nel mirino della DDA per i suoi imbrogli, ma il trombone, dovendo scegliere qualche passo “incriminato” non poteva fare a meno di indicare questo. Pensate come deve essere ridotto…
OCCHIUTO, GRANIERI E LA NUOVA SCORTA DEL SINDACO
“Il sindaco e il procuratore capo decidono di inventarsi qualche altra chiacchiera per tentare di ammantare la loro figura di intrallazzini, che ormai è patrimonio della città, venuta fuori da tutti gli imbrogli messi a punto insieme…”.
E’ evidente che solo grazie alla connivenza della procura di Cosenza Occhiuto ha potuto fare i suoi porci comodi. Ma Granieri si sente diffamato lo stesso, fa chic, fa tendenza. E anche pena, per chi conosce la realtà delle cose.
MINACCIA DI UN “MALE INGIUSTO” A GRANIERI
Qui tocchiamo l’apice.
“… perché, nel post pubblicato sul sito Iacchite.it, minacciava in maniera grave un male ingiusto a Granieri, segnatamente affermando “bisogna chiudere urgentemente la procura di Cosenza e interdire il suo procuratore”, inoltre affermando che la predetta persona offesa aveva fatto chiudere un giornale come se fossimo in dittatura, affermando infine “Granieri, ci vediamo presto”.
Difficile trattenere le risate: dunque, oggi abbiamo scoperto che scrivere che un procuratore o uno qualsiasi deve essere interdetto significa “minacciare un male ingiusto”! A parte che poi un male ingiusto, al limite, si può “augurare” o, in cosentino, “iestimare”, della serie “Chi ti vo vinì nu cancaru”… E quante denunce per “iestima” dovrebbero arrivare ogni giorno in Italia, ma a Cosenza in particolare, se questa fosse considerata davvero una minaccia? Scusate ma non riesco davvero a trattenere le risate.
Ma minacciare qualcuno dicendogli o scrivendogli che va interdetto è veramente il colmo dell’ignoranza. Ma questa è.
Siamo all’epilogo. Non è la prima volta che un procuratore della Repubblica mi denuncia. Ho avuto l’onore di essere denunciato da quel sepolcro imbiancato di Franco Giacomantonio, guarda caso anche lui prima di andare in pensione. E a me piace immaginarli insieme, tra qualche mese, a far passeggiare i rispettivi cani in qualche giardino della città, rimembrando tutte le loro coperture e tutte le loro “imprese”. Chiamando ogni tanto i loro animaletti.
Come si chiamano? Il cane di Giacomantonio si chiama “Pavido”, quello di Granieri, manco a dirlo, “Mario”. E vissero tutti felici e contenti nel porto delle nebbie.
Gabriele Carchidi