I concerti vietati di Andrea Zeta e quel mondo di cui non si interessa nessuno (di Gioacchino Criaco)

I concerti vietati di Andrea Zeta e quel mondo di cui non si interessa nessuno

di Gioacchino Criaco 

Milioni di visualizzazioni, follower a migliaia: richiestissimo eppure vietato dalle Questure. L’informazione se ne occupa solo per fare delle inchieste e invece è la cultura che dovrebbe interessarsene perché Andrea è espressione di un mondo vastissimo e sempre più sconosciuto e scisso. Andrea Zeta è un cantante di musica neomelodica, fra i più amati, il suo nome è un altro, un cognome da cronaca nera che lo perseguita, non per colpe proprie, per le colpe dei padri che in Italia da sempre ricadono sui figli.

Lui sostiene che da anni gli si impedisca di lavorare(cantare), che potrebbe scegliere di rubare o, peggio, di ammazzarsi. Magari esagera(speriamo), però i divieti lo perseguitano davvero. Canta l’amore, prende le distanze dal crimine, ma a diversi questori non basta, non basta alle questure calabresi che hanno interrotto le sue esibizioni estive per motivi di ordine pubblico, perché ai suoi show potrebbero andarci anche i meno buoni. Che uno potrebbe obiettare che i male intenzionati potrebbero anche profittare degli spettacoli di fratello Cionfoli, ma è solo una battuta. Il fatto è che nel mondo dei cosiddetti, e molto presunti, normali della cosa non si parla, non interessi a nessuno. Se uno ci andasse, lo frequentasse, scoprirebbe una umanità vasta, variegata, folta, anzi foltissima. Forse ci stanno più di là che di qua se ci accetta quella divisione non ufficiale ma reale che è il risultato di una società che procede per scissioni e parte dal bene e il male, il bianco e il nero, il bello e il brutto etc.

Questo tipo di società presume che un catanese che arrivi dai margini, discenda da criminali vidimati, non possa essere considerato altrimenti che una questione di ordine pubblico a cui si debbano chiedere continuamente prove di bontà e prese di distanza.
E non è questione di gusti musicali, io ne ho altri e me li tengo ma non discetto su quelli altrui, ho seguito da adolescente Faber, ho appeso sulle pareti i suoi poster e non mi ricordo di suoi appelli a favore dell’ordine costituito, né di interruzioni dei suoi concerti.
E’ che comunque, Fabrizio, era di buona famiglia e non veniva dai margini.

Noi che non abbiamo origini illustri dobbiamo camminare con le tasche piene di cenere per spargercela sul capo a ogni richiesta di prova della nostra bontà. Lo dovremo fare a vita in una società che ci azzoppa dalla nascita e poi utilizza per sempre la nostra mancanza per escluderci da qualcosa, che alle strette ce la rinfacceranno sempre.
Però alla fine noi siamo in tanti, più numerosi di loro, e finisce che ci stanchiamo di essere messi alla prova, di dover giustificare. Finisce che ce ne stiamo nel mondo in cui ci hanno isolato e ce lo facciamo bastare, anzi, diventa l’unico mondo possibile anche se la colonna sonora non sia delle migliori.