Il bluff di Baiardo, giocatore di poker che trucca le carte per conto terzi

(Lirio Abbate – repubblica.it) – Le parole che ha sparato in televisione il gelataio di Omegna, Salvatore Baiardo, sono gocce di incongruenza in un mare di mistificazione. In questo è un maestro: Baiardo dimostra la sua abilità di giocatore d’azzardo, esibendo una poker face. Ai tavoli verdi, ai quali è abituato a prendere posto, questo personaggio che dopo le stragi di Falcone e Borsellino è finito in carcere per aver favorito il boss Giuseppe Graviano, ed ha sulle spalle pure una condanna per calunnia e falso, adesso che le telecamere lo inquadrano, ostenta una “faccia da poker” che ha la sua importanza, perché impedisce agli avversari di decifrare le carte che dice di avere in mano. Ma ancora di più, gli consente di bluffare e di ingannare anche quando chi sta dall’altra parte possiede una mano forte. Davanti alle telecamere il suo volto è inespressivo, freddo e imperturbabile. Lo stesso dietro a cui si celano le emozioni, i pensieri e le paure di un giocatore di carte professionista. Occorre però capire chi gli mette in mano i soldi e gli consente di giocare. E chi lo garantisce.

La stagione del terrore

Giuseppe Graviano, chiamato “Madre Natura”, è il gemello diverso di Matteo Messina Denaro. Entrambi allevati da Riina, che a loro ha affidato segreti e documenti. Alla fine del 1991, durante una riunione a cui partecipano tutti i capimafia, compreso Matteo Messina Denaro, viene decisa da Riina la nuova strategia: è guerra allo Stato. Il capo fa presente che la pressione dello Stato contro Cosa nostra si è fatta più incisiva e vi sono segnali che le tradizionali alleanze non funzionano più. E riassume con questa formula il programma: “Fare la guerra per poi fare la pace”. Cioè sparare sempre più in alto per poi aprire una trattativa da una posizione di forza. U Siccu è al suo fianco e appoggia la strategia. È l’inizio della stagione del terrore.

Baiardo aiuta Graviano a giocare la sua partita. Il gelataio è il suo uomo di fiducia, il tuttofare, un po’ amico e un po’ dipendente. Ma soprattutto un favoreggiatore. Ed è anche cugino del mafioso Cesare Lupo, altro prestanome dei boss palermitani. Dal 1992 e fino al giorno dell’arresto dei Graviano nel 1995, il telefono del gelataio è in contatto con i loro più importanti uomini. Di fatto è stato sempre dalla parte dei fedelissimi che hanno affiancato Riina nelle stragi di Capaci e via D’Amelio, ordinato l’uccisione di padre Pino Puglisi e piazzato le bombe a Roma, Firenze e Milano.

Dal silenzio alla veste di informatore

Per coprire i boss, Baiardo ha reso ai magistrati dichiarazioni false e reticenti. Dopo essere stato per anni in silenzio, come lo sono stati anche i Graviano, è rispuntato sotto forma di “informatore”, o “confidente”, rispondendo alle domande dei giornalisti. Ha iniziato a fare dichiarazioni (depistanti? false?) che hanno creato scalpore. Ha parlato dei miliardi che il clan avrebbe immesso nelle casse della politica; ha detto di rapporti con Berlusconi, di antiche relazioni che risalivano già a Michele Graviano, il padre dei boss; ha nominato persino l’agenda rossa, quella che Borsellino portava sempre con sé e che dal momento della sua morte è scomparsa. Ha detto che Messina Denaro era ammalato e veniva arrestato per fare un regalino (a chi?).

La strategia

E più vai sotto con il microfono e la telecamera e più lui lancia la palla in tribuna, il che lascia comprendere come questo favoreggiatore giochi ancora una partita a favore di Graviano. Adesso i pm di alcune procure vogliono accertare se queste dichiarazioni abbiano o meno un riscontro, ma soprattutto, se quello che ha detto in tv verrà trasferito nei verbali. Per accertare se sia un inquinatore di pozzi, uno che svia le informazioni e lo fa a favore dei boss. Il trucco è vecchio ma non cambia: infilare una piccola verità in mezzo a un mucchio di falsità, così da attirare l’attenzione mediatica mentre si modifica l’intero quadro della realtà. Se sta ricattando qualcuno. Perché lui e Graviano giocano la stessa partita e su questo si apriranno inchieste, anche su chi li ha favoriti o li ha manovrati.
In passato, Baiardo ha fatto intendere agli investigatori di voler collaborare e raccontare i segreti della latitanza dei Graviano, ma poi si è sempre tirato indietro. Ha giocato così il gelataio con la passione del poker, con il dico e non dico. E nel frattempo ha tenuto bordone, e non solo quello della borsa dei tesori, ai Graviano che vogliono uscire dal carcere. A dicembre il tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto a Filippo Graviano la richiesta di revoca del 41bis.

Nelle intercettazioni fatte in carcere, Giuseppe Graviano parla del fido Baiardo e lo “addolcisce”, cambia versione e per lui torna a essere un gelataio, un giocatore incallito che aveva investito negli anni Novanta i frutti di una grande vincita nella famosa gelateria di Omegna. Però il vizio del gioco, secondo il boss, non lo abbandonava, cosa che metteva a repentaglio non solo le sue finanze ma anche la vita familiare, dato che il rapporto con la moglie era finito in crisi. E allora Graviano, accorto e premuroso amico, ha deciso di tenerlo d’occhio. Anche per questo dice che si è trasferito a Omegna: per evitare che un amico continuasse a sperperare miliardi di lire. Su tutto il resto, nemmeno una parola. Il rapporto fra i due è stretto, anche perché i miliardi sono di Graviano.

Il ‘portavoce della mafia’

Madre Natura sa dispensare i suoi silenzi. E adesso è lui che lo manda davanti alle telecamere per lanciare segnali ai naviganti? Per il senatore Roberto Scarpinato, “Baiardo è il portavoce della mafia. Perché non si può andare in televisione a dire quelle cose senza essere uccisi. È la mafia che parla in diretta, abbiamo una mafia che parla in televisione”. Facendo le dovute proporzioni, la figura del gelataio ricorda quella di Massimo Ciancimino. Fra dieci cose che raccontava ai magistrati ve ne erano almeno sei che non erano vere. Ed è finito in carcere per calunnia. Lui però non era mandato o incaricato dai mafiosi. Si sentiva una sorta di angelo vendicatore che si abbatte sui mafiosi e sui loro complici. Infatti, Riina non aveva dubbi, e lo odiava: “Se io sono il capo della mafia, lui queste rivelazioni le sta facendo per i soldi”. Piccioli, bugie e vere trame: questa era la chiave del mistero Ciancimino. Ma qui i Graviano sembrano invece benedire l’azione di Baiardo che porta a piccioli, bugie e trame mafiose.