(DI GIACOMO SALVINI – Il Fatto Quotidiano) – “Nessun elemento per ulteriori approfondimenti”. A metà pomeriggio bastano cinque parole ad Adolfo Urso, presidente del Copasir di Fratelli d’Italia, per chiudere, almeno per il momento, la vicenda del Russiagate italiano. Il caso era stato montato nei giorni scorsi dopo un articolo di Repubblica che aveva raccontato della cena del 15 agosto 2019 tra il Guardasigilli di Donald Trump, William Barr, e l’ex capo del Dis, Gennaro Vecchione. La notizia era stata cavalcata prontamente da Matteo Renzi e dai suoi fedelissimi che avevano chiesto la riapertura del caso al Copasir mettendo all’indice l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma ieri il comitato che esercita il controllo sui servizi segreti italiani ha deciso di non fare nuove audizioni e quindi di non riaprire il dossier. Conte poi ieri sera ha spiegato che la missione americana si era “limitata a uno scambio di informazioni” andando all’attacco di Renzi: “Se ha da dire qualcosa vada al Copasir o in tv, io ho agito in piena coscienza”.
La vicenda – La missione degli uomini di Trump
Per inquadrare il caso è necessario fare un passo indietro. Dopo le elezioni americane del 2016 il procuratore speciale americano Robert Mueller inizia a indagare sul Russiagate, il presunto complotto ordito da Donald Trump e la Russia di Vladimir Putin per screditare la candidata democratica Hillary Clinton e vincere le elezioni. Dopo un anno di inchiesta, Mueller nel marzo 2019 fa sapere che non ci sono prove di una collusione tra Trump e la Russia per influenzare il voto del 2016, ma allo stesso tempo riferisce degli stretti legami tra il comitato elettorale del presidente con il Cremlino. Trump però si convince che il Russiagate sia stato confezionato dai servizi italiani sotto la guida dell’ex premier Renzi, alleato di Clinton e così chiede chiarimenti all’Italia. Il suo ministro della Giustizia William Barr vola a Roma nell’estate 2019 per raccogliere informazioni su Joseph Mifsud, il professore della Link Campus che aveva rivelato a George Papadopoulos – consigliere di Trump – l’esistenza di “migliaia di email imbarazzanti sulla Clinton”. Nel giugno 2019 arriva la richiesta di “collaborazione” americana e Palazzo Chigi dà il via libera: Barr incontra Vecchione prima il 15 agosto 2019 e poi il 27 settembre con i direttori dell’Aise, Luciano Carta, e dell’Aisi, Mario Parente. Quando la missione diventa di dominio pubblico, inizio ottobre 2019, il Copasir convoca in audizione Conte (il 23 ottobre) e Vecchione (il 29). Durante l’audizione l’allora premier racconta di non aver mai parlato né con Barr né con Trump della questione e di averla autorizzata per non “recare danno alla nostra intelligence” e per “dimostrare l’estraneità dell’Italia”. Non sono mai emerse prove del coinvolgimento dell’Italia.
Lo “scoop” – La cena tra Barr e gli 007 in centro
Martedì Repubblica riapre il caso: citando documenti del dipartimento di Giustizia americano racconta di una cena al ristorante “Casa Coppelle” (pieno centro di Roma) tra Barr e Vecchione di cui né Conte né il capo del Dis avrebbero mai parlato. Inoltre il quotidiano mette in relazione quella missione al tweet di Trump del 27 agosto 2019 – in piena formazione del governo Pd-M5S – in cui elogiava “Giuseppi”. Insomma, una sorta di scambio di favori tra i due capi di governo. Sulla vicenda si è buttato a pesce Matteo Renzi che ha attaccato l’ex premier: “Su Conte ho delle certezze, non si è comportato bene”. I renziani hanno chiesto al Copasir di convocare sia Conte (già ascoltato a fine marzo sulla missione dei militari russi a Bergamo) che Vecchione, mentre il M5S aveva risposto di voler sentire Renzi. Il leader di Italia Viva era stato già convocato il 20 gennaio 2021 sulla questione, dopo le richieste a Conte di lasciare la “delega ai servizi segreti”, ma non era mai stato ascoltato. Il Copasir infatti, dopo la caduta del governo giallorosso, è rimasto in un limbo per quattro mesi, quando è avvenuto il cambio del presidente leghista Raffaele Volpi al meloniano Urso. Fino ad oggi il comitato non ha mai trovato spazio in calendario per sentire Renzi, anche se avrebbe potuto chiedergli dei finanziamenti dall’Arabia Saudita e del suo incontro del dicembre 2020 con Marco Mancini.
Il comitato: “Zero elementi per riaprire il caso”
Ieri poi la giornata si è aperta con le dichiarazioni televisive di Urso. A Omnibus il presidente del Copasir ha fatto capire che il primo ad essere ascoltato poteva essere proprio Renzi: “Se ha certezze sul fatto che l’ex premier Conte ha violato i dettami costituzionali, ovviamente da lui dobbiamo partire” ha detto Urso, finito subito sotto il fuoco di fila dei renziani, da Michele Anzaldi in giù. Poi è intervenuto Vecchione che all’AdnKronos si è difeso parlando di una “cena conviviale”: “Non era possibile organizzare un rinfresco in sede – ha continuato – per cui si è optato per un evento esterno in un luogo pubblico e in una zona centralissima”. L’ex capo del Dis ha anche confermato la versione di Conte spiegando che agli incontri l’allora premier “non ha preso parte” e non era stato informato “del cerimoniale”.
La figuraccia di don Magorno
Ieri la vicenda è arrivata al Copasir. A margine delle audizioni sulla guerra in Ucraina, è stato il renziano Ernesto Magorno a tirare fuori la questione. “Bisogna riaprire il caso convocando Conte e Vecchione” ha detto il senatore di IV. A quel punto è intervenuta la vicepresidente del Copasir, Federica Dieni (M5S), secondo cui Conte era “disponibile” ma prima il comitato avrebbe dovuto ascoltare cosa aveva da dire Renzi. Gli altri membri del Copasir – di tutti i partiti – si sono però opposti e anche Magorno, una volta che si è prospettata l’audizione del proprio leader, ha fatto un passo indietro: tutti d’accordo per non riaprire il caso. E così è stato deciso.
“Non c’è nulla di nuovo” ha detto Dieni. Fonti autorevoli del comitato confermano che “non ci sono elementi per nuovi approfondimenti”. Inoltre si spiega che se Renzi vuole essere ascoltato perché ha elementi da fornire sarà fatto, ma in caso contrario no. Al momento non risulta che il leader di IV voglia presentarsi spontaneamente. Inoltre Urso ha anche fatto sapere che il Copasir non ha a disposizione le email, rivelate dal Corriere, sulla missione “dalla Russia con amore” dei militari di Mosca a Bergamo. Nei prossimi giorni saranno sentiti i generali Enzo Vecciarelli e Luciano Portolano. Ieri sera Conte a Otto e Mezzo ha spiegato che la missione è servita a uno “scambio di informazioni” ma i servizi italiani si sono “limitati allo stretto necessario”. “L’incontro – ha continuato – è stato studiato e preparato, non sono stato né disinvolto né disattento”. Anche sulla missione russa a Bergamo non sono emersi “elementi di spionaggio” quindi, ha concluso Conte, “è un’infamità dire che non ho agito seguendo l’interesse nazionale”.