Il Cosenza non è un fenomeno da studiare, è una macchina da soldi

“Tutte le volte, la stessa storia. Almeno, il Cosenza spera che finisca così. Perché tutti gli anni è il grande indiziato per la retrocessione, ma ogni volta riesce a firmare l’impresa. Stavolta la squadra di William Viali sembrava proprio spacciata, invece nelle ultime 4 partite ha vinto 3 volte e ha agganciato il playout. Se la gioca ancora, insomma. Pur in un clima non favorevole (gli ultrà contestano il presidente e vanno solo in trasferta) il Cosenza ha trovato lo stesso la forza per lottare, pronto a farcela anche stavolta. Se ce la fa, sarà veramente un fenomeno da studiare…”. (Nicola Binda, Gazzetta dello Sport)

Così scriveva Nicola Binda sulla Gazzetta dello Sport prima della partita del 1° aprile 2023 col Pisa, che aveva portato a 4 le vittorie del Cosenza nelle ultime 5 gare e aveva visto il ritorno completo allo stadio Marulla della tifoseria organizzata dopo mesi di protesta. La contestazione al presidente, peraltro, serpeggiava comunque in maniera inevitabile anche dopo l’ennesima salvezza che sapeva di (falso) miracolo e bastavano pochi concetti per far capire anche a Binda che qui non c’è davvero nessun fenomeno da studiare. Semmai, il “fenomeno” è proprio lui, il presidente. Anche alla luce del nuovo campionato in versione “Gattopardo”: tutto cambia affinché… nulla cambi. 

La tifoseria contesta a Guarascio che su oltre 10 milioni di ricavi provenienti dalla Lega tra diritti televisivi e minutaggio dei giovani, dagli sponsor e dai botteghini, ne investa – se va bene – 5 o 6 – con tanto di prove documentali, che partono da uno degli ultimi monte ingaggi della Serie B (circa 5 milioni e mezzo) per continuare con tutti gli altri stratagemmi del patron per evitare di appesantire la gestione.

Nessun investimento per il settore giovanile: basti pensare che il Cosenza è una delle poche società che non ha a disposizione un centro sportivo e costringe i suoi giovani calciatori a peregrinare per i campi della città e della provincia per allenarsi. E’ come costruire una casa senza fondamenta: se non punti sui giovani, sul tuo vivaio, vuol dire che non c’è neanche il tentativo di costruire qualcosa di duraturo. Vuol dire che non hai neanche un’identità. Stefano Fiore, Ciccio Marino e Mauro Meluso, tutti cosentini, hanno provato inutilmente a farglielo capire per anni e probabilmente hanno resistito pure troppo. 

Nessun investimento, più in generale, per qualsiasi tipo di progetto che superi l’annata agonistica. Un viavai continuo di direttori sportivi, allenatori, calciatori, collaboratori e fornitori, che non decantano certo le qualità manageriali del Nostro.

Nessun investimento in iniziative promozionali o di marketing, comunicazione ridotta all’osso. La differenza con le altre società della Serie B per certi versi è imbarazzante. Così come è imbarazzante la passione smisurata della tifoseria che viene mortificata con campionati di sofferenza e senza nessuna ambizione.

Ecco, questo è il vero fenomeno da studiare: come può una squadra di Serie B salvarsi ogni anno spendendo cifre molto basse con l’evidente e pacchiano obiettivo di arricchire le casse del patron? Come fa una società di Serie B a produrre ogni anno almeno 5 milioni di utile che finiscono dritti nei conti corrente del capo nella migliore delle ipotesi?

Il Cosenza non è un fenomeno da studiare, il Cosenza è una macchina da soldi. Lo è sempre stato, sia chiaro, ma mai come in questi ultimi anni. Nessun presidente e men che meno il tanto giustamente vituperato Pagliuso era arrivato a questi livelli ma chi sarebbe così fesso da porre fine ad un tale sistema? Oggi il patron guadagna certamente di più con il Cosenza Calcio che con la spazzatura. C’è solo da fare buon viso a cattivo gioco. Finché gioca il Cosenza, Forza Lupi sempre.