Il fatalismo di Napoli e le amnesie dello stato

(DI ANTONELLO CAPORALE – ilfattoquotidiano.it) – Napule è ‘na carta sporcaE nisciuno se ne importaE ognuno aspetta ‘a sciorta

Napoli è sempre stato un problema e ora che i Campi Flegrei fanno ballare la città, il dilemma si fa destino, il timore realtà. Tutti sanno ma nessuno decide. Pino Daniele conosceva l’odore di Napoli e anche il suo orizzonte: capitale di un Sud piegato da una doppia crisi, prima economica e poi civile. Certo Napoli ha energie creative ineguagliabili, presidi di assoluta eccellenza, una vitalità inossidabile e si può dire senza timore di esagerare che è centro di gravità permanente del talento.

Naturalmente la sua forza culturale non compensa la debolezza civica, perché le responsabilità e le colpe di Napoli e dei napoletani sono tante, ed è giusto riferirle. Il fatalismo, come coefficiente psicologico, la induce a sottostimare sempre i pericoli. La politica, come coefficiente etico, trascura sistematicamente – restando per di più impunita – di far fronte ai suoi doveri: redigere un piano di evacuazione, quindi realizzarlo attraverso opere dedicate, mettere in atto le misure minime di precauzione, far sì che l’evento, nel malaugurato caso dovesse verificarsi, non si trasformi in una carneficina.

Però l’Italia come guarda Napoli? Disattenzione mista a un piacere sottile, non del tutto coperto dall’ipocrisia, di mettere questa metropoli di fronte ai suoi errori o, purtroppo, sotto i suoi errori.

“Vesuvio pensaci tu” o anche “Lavali con la lava” sono i due striscioni più noti degli ultras del Verona quando si gioca col Napoli. Verona è la città che dovrebbe ospitare, secondo il fantasmagorico piano di evacuazione redatto dalla Protezione civile, circa 6500 napoletani nel caso l’eruzione si facesse realtà.

Si chiamasse Milano, capitale del Nord? Quando c’è di mezzo Napoli lo Stato dimentica di esserlo. Non regola, né impone, non controlla, non interviene. Assiste in silenzio. Magari se ne fotte.