Il memoriale di Enzo Novelli. Le trattative sottobanco, i sindacati “venduti”, gli insulti di Castano al Mise e l’assedio sotto casa

Calenda e Castano

Enzo Novelli è stato l’unico dei soci del Gruppo Novelli ad opporsi alla cessione ai calabresi del Gruppo iGreco sfacciatamente sponsorizzati dal Ministero dello Sviluppo Economico (dai boss Calenda e Bellanova fino ai colletti bianchi capitanati da Castano), dal “Giglio Tragico” di Renzi con tutti i suoi deputati e senatori corrotti, e dai sindacati “venduti”. E protetti dalla magistratura corrotta, in modo particolare dal procuratore capo di Terni Alberto Liguori, che da oltre tre anni ha insabbiato la denuncia della parte sana del Gruppo avverso la farsa di una cessione che più fasulla, farlocca e irregolare non si può.

Pochi mesi prima di morire, Enzo Novelli decide di scrivere un memoriale nel quale racconta tutta la sua odissea e fa nomi e cognomi di chi ha reso possibile questo scandalo, tuttora insabbiato dai poteri forti della procura di Terni affidata a Liguori, elemento di spicco della banda di Renzi e Palamara, che sono riusciti addirittura a far trasferire i due magistrati – Eugenio Facciolla e Otello Lupacchini – che avevano scoperto tutta la verità e avrebbero voluto tirarla fuori. 

IL MEMORIALE DI ENZO NOVELLI – quinta parte – 

Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre del 2016 continuavo ad andare al Mangimificio di Terni consapevole che a gennaio il Cda se ne sarebbe comunque andato e cercavo soluzioni per reimpostare l’attività del Pet Food. Nel frattempo però venivo continuamente importunato dai miei stessi dipendenti Gianluca Sabatini, Rosanna Frontalini, Michele Rossignoli e Paolo Chiappini, tanto da dovermi chiudere a chiave nel Mangimificio fingendo di non essere lì. Quando la situazione ha iniziato a farsi insostenibile con i dipendenti degli uffici amministrativi di Terni – che iniziavano ad appendere striscioni di protesta – decisi di non andare più a Terni e chiudermi in casa. In seguito ricevo una telefonata da parte di Gianluca Sabatini, persona a me estremamente vicina, che ho anche portato in viaggi di lavoro e piacere e con la quale ho condiviso diverse passioni. Gianluca mi riferiva che sarebbe stato disposto ad accompagnarmi a Roma per una trattativa privata con Musaio, il quale, secondo Gianluca, mi avrebbe offerto una cifra molto alta per il fatto che ero l’unico dei soci che ancora resisteva a non firmare la cessione delle quote. Di fronte a tale invito ho ulteriormente capito la situazione che si era venuta a creare con il Cda che aveva con tutta probabilità comprato uno o più soci, miei fratelli, per ottenere la firma della cessione delle quote in cambio di denaro e promesse di mantenimento del posto di lavoro per i figli.

Quando mia figlia Francesca ha iniziato ad intraprendere le vie legali, mi è stato riferito da Armadoro, Luca e Piero Cipriani che Tarozzi (altro membro del Cda, ndr) avrebbe voluto incontrarmi per capire la cifra che sarebbe bastata a Francesca per farla tacere e porre fine alle azioni che aveva intrapreso per evitare la cessione. Non ho mai trovato il coraggio di riferire questa vicenda a mia figlia Francesca perché volevo proteggerla e tenerla il più possibile al di fuori di questa situazione.

Alla riunione del Mise, presenti i dipendenti, i sindacati, e le istituzioni, di fine novembre 2016, dove tra l’altro non siamo potuti entrare dall’inizio, ma siamo stati tenuti fuori per più di un’ora, mentre a iGreco era permesso di essere lì, mi è stato riferito che le persone venivano fomentate dicendo che noi soci percepivamo 600 mila euro all’anno di reddito quando in realtà, ahimé, non ho ricevuto nulla di tutto questo. Una volta entrati nella sala, le pressioni di sindacati e lavoratori erano davvero scandalose. Francesca è stata insultata da Castano: “Avvocato ragazzina del cazzo”. Sindacati e lavoratori sembravano istigati dallo stesso Castano ad aggredirci verbalmente e quasi fisicamente per farci crollare. Qualche giorno dopo ho avuto modo di vedere dei video girati durante tale incontro nei quali alcuni dipendenti e rappresentanti sindacali, Vania Venturi, sorridevano e incitavano i colleghi a “darci addosso” il più possibile.

Dal momento che non sono più andato al Mangimificio a Terni, i dipendenti e i sindacati hanno iniziato un pressing esteruante e a dir poco imbarazzante sotto la mia abitazione con cori e manifestazioni da stadio. In seguito mi è stato anche riferito che uno dei miei dipendenti, Antonio Luzzi, arrivava ad accendere dei lumini a forma di croce davanti al cancello di casa. Si rendeva necessario l’intervento dei carabinieri per evitare che le persone entrassero addirittura nei nostri piazzali. Ho vissuto giorni di panico e depressione per la violenza subita da me e dalla mia famiglia, dove più volte ho messo in discussione la mia linea di imprenditore sano e profondamente rispettoso della mia integrità. Ricordo che la sera, quando rientravo, dovevo telefonare a casa per tranquillizzare e cogliere il momento opportuno per rientrare nell’abitazione senza essere linciato. La mattina quando uscivo dovevo mascherarmi per rendermi irriconoscibile ed evitare il contatto con questa gente. Tutta questa situazione mi sfondava lo stomaco ed ero ossessionato dal fatto di essere giudicato avendo la “colpa” di voler salvare l’azienda alla quale ho dato tutto la mia vita. In tutto questo ero attaccato e deriso. Su quasi tutti i giornali, stampati e on line, venivo dipinto come l’unico a volere la distruzione di 500 famiglie, così come su FB o altri social venivo deriso con caricature da Babbo Natale o da Banda Bassotti…

5 – (continua)