di Ludovico Polastri
Fonte: affaritaliani.it
Il verminaio nel quale si è trovata la magistratura fa dire sconsolatamente che l’Italia non potrà mai cambiare se non sempre in peggio. La politica e il malaffare sono ormai dappertutto, hanno corrotto qualunque area della società; nessuna zona franca ne è stata esclusa. Nelle aule giudiziarie si fa politica, nelle scuole si fa politica, nelle chiese si fa politica, l’informazione è politica. Fare politica non nel senso più alto del termine ma solo per proteggere i propri personali interessi, per influenzare l’andamento del Paese, spesso per danneggiarlo. E allora l’uomo della strada si deve porre la domanda di come possa tutto ciò avere impatto sulla propria vita, perché delle conseguenze ce ne sono eccome e mi riferisco in particolar modo allo scandalo delle toghe che sembra quasi, man mano che passano i giorni, essere sempre più dimenticato. Chiedo: con che animo si può affrontare un’aula di un tribunale sapendo che dietro la nomina di quel giudice ci sono state trame oscure, spartizioni politiche? Sarò giudicato in modo imparziale e secondo la Legge?
Quello che emerge è che dopo Tangentopoli la magistratura si è fatta contaminare dalla politica a tal punto da tramare contro la Legge stessa, anzi, si è fatta Legge dando interpretazioni personali della Costituzione, non rispettando più nessun codice deontologico, diventando trampolino di lancio per carriere politiche. Si viene a sapere di membri del Consiglio Superiore della Magistratura e di esponenti politici del PD alleati per pilotare nomine ai vertici delle procure e allontanare colleghi sgraditi a esponenti di quel partito. L’articolo 101 della Costituzione sembra al cittadino comune una dichiarazione svuotata di senso. La giustizia è amministrata in nome di un popolo la cui sovranità è stata espropriata da diverse parti.
Ma il messaggio che purtroppo sta passando è che fondamentalmente sono cose che si sono sempre fatte, che è inutile scandalizzarsi più di tanto; e poi le intercettazioni che fino a non molto tempo fa erano la fonte principale per le indagini ora invece vengono viste con sospetto, ci si chiede la legittimità di inserire un trojan in un telefono di un giudice come Palamara, personaggio dalla carriera fulminante, nominato nel 2008 presidente dell’associazione nazionale dei magistrati e dal 2014 membro togato del CSM; dopo undici anni dalla laurea era già sostituto procuratore presso il tribunale di Roma, con indagini sul caso Moro.
Come non ricordare inoltre quella trasmissione condotta da Maria Latella in cui veniva pesantemente insultato da Cossiga, addirittura sfidato a querelarlo. Non risulta che ci sia stato un seguito a tale richiesta. Ma Cossiga andava oltre affermando che c’era in atto una battaglia tra la politica e la magistratura, battaglia persa dalla politica con l’abrogazione dell’immunità parlamentare (che esiste in tutto il mondo). L’allora presidente emerito usò termini pesantissimi riguardo l’associazione nazionale dei magistrati, termini che si possono sentire dalla sua stessa viva voce (http://www.affaritaliani.it/mediatech/cossiga-vs-palamara-scontro-tv-sembra-un-tonno-non-capisce-nulla-video-610536.html). Siamo nel 2008. Strani scherzi del destino.

Firenze 10/05/2018
Ora i media ci dicono che lo scandalo delle procure ha solo “sfiorato” il Colle quasi a non voler pronunciare il nome di Mattarella. Lotti, nelle intercettazioni, afferma chiaramente che è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica “per spiegare”. Il Quirinale ha risposto nettamente diramando una “nota” che smentiva ogni incontro e dichiarando che si tratta di millanterie. Mattarella viene tirato in ballo in uno scandalo gigantesco e si limita ad una “smentita”. Un fatto del genere forse e con tutti i distinguo del caso avrebbe dovuto scatenare ben altra reazione.
Quello che resta da tutta questa faccenda è la brutta figura che la nazione ha fatto davanti al mondo civile, dove nessuno alla fine pagherà e dove si è ancora riaffermato che in Italia non si potrà mai fare una riforma della giustizia perché la politica è giustizia e la giustizia è politica. Gli investitori esteri sono avvertiti. Basterebbe una sola regola per togliere tutto questo marciume: chi vuol fare politica si deve dimettere da incarichi o servizi pubblici senza la possibilità di un suo futuro rientro. Inoltre tutte le lobby che appoggiano politicamente dei candidati o ne sovvenzionano la campagna elettorale devono pubblicamente essere riportate su appositi registri consultabili da chiunque.
La politica ha incancrenito questa nazione, l’ha svuotata di contenuti, l’ha fatta precipitare in un abisso di corruzione e interessi personali, l’ha privata di un futuro. E a pagare è sempre l’uomo comune, che subisce in silenzio e senza possibilità di poter cambiare le cose. Chi ha voglia di fare non ha più spazi, vede davanti a sé solo problemi insuperabili. E’ anche per questo che i giovani se ne vanno a gambe levate da questo Paese.