Il Primo Maggio non è la festa dei sindacati (confederali)

LUIGI SBARRA CISL MAURIZIO LANDINI CGIL PIERPAOLO BOMBARDIERI UIL

Se non fosse che capita di mercoledì, giorno considerato orribile da tutti i lavoratori, e se non fosse che un mercoledì sottratto al “logorio della vita lavorativa moderna” mette tutti di buon umore, di festeggiare questo Primo Maggio non gliene fregherebbe niente a nessuno. E non perché non sia importante la commemorazione politica e sociale di una data che ha segnato l’inizio dell’emancipazione dal giogo del padrone del movimento operaio, ma perché, per come stanno oggi le cose, c’è poco da festeggiare. Se un tempo si festeggiavano le conquiste sindacali, ottenute dopo dure lotte, ed era sincero e spontaneo il ritrovarsi in piazza, da trent’anni a questa parte il Primo Maggio somiglia più ad una “parata di precettati” in gita al santuario che ad una manifestazione di rivendicazione dei diritti e dell’orgoglio operaio. Il nostro Primo Maggio ha poco a che fare, in termini di capacità di rivendicazione, con quello del passato, nonostante il “moderno” e urgente bisogno di nuovi diritti.

Tutto questo succede perché, nelle parate organizzate dai sindacati, non c’è nessuna conquista sindacale da festeggiare. Perciò hanno bisogno di precettare un po’ di pensionati e statali da dare in pasto alla retorica politica che avvolge questa “giornata” che da tempo si ripete sempre uguale a se stessa: un triste corteo che nasconde la propria rassegnazione dietro bandiere che non sventolano più. Se un tempo il sindacato era la stella cometa di tutti i lavoratori, i sindacati confederali di oggi somigliano più ad un buco nero dove spariscono, pezzo dopo pezzo, i diritti dei lavoratori. L’elenco degli accordi stipulati dai sindacati confederali con i governi e con le aziende a discapito dei lavoratori è davvero lungo. Con la scusa della concertazione e della necessità di adattare all’era moderna il mondo del lavoro, hanno svenduto al miglior offerente quasi due secoli di conquiste sindacali, in cambio di privilegi e lauti stipendi. Tutti ricordano i boss del sindacato che percepivano oltre 300mila euro all’anno truffando l’Inps.

A confermare tutto ciò il risultato del lavoro svolto dal “moderno” sindacato che è sotto gli occhi di tutti: precarizzazione del lavoro, moderne schiavitù, salari da fame, sfruttamento, lavoro nero, abusi di ogni genere sui lavoratori, morti sul lavoro, orari e turni massacranti. Tutti problemi che affrontano con qualche ora di sciopero generale all’anno ottenendo ogni volta lo stesso risultato: il lavoratore per strada e il sindacalista al calduccio e al sicuro nella sua graziosa casetta acquistata con un bel mutuo super agevolato a tasso super scontato, gentilmente concesso dal direttore della banca subito dopo aver siglato i nuovi accordi sindacali dei suoi dipendenti.

Ai sindacalisti confederali dei lavoratori non gliene frega niente. Basta guardare l’azione dei sindacati locali, su tutti la Cgil che ha più responsabilità politiche degli altri, vista la sua storia, per capire che tutto fanno, tranne che rappresentare il malessere dei lavoratori. Non ci vuole uno scienziato per capire che la Cgil cosentina, più degli altri, rappresenta, attraverso i suoi dirigenti e sottoposti, una piccolo grumo di potere che utilizza i “tesserati” come merce di scambio elettorale con politici intrallazzoni, in cambio di benefici personali e sistemazioni lavorative di amici e parenti. Che la Cgil di Cosenza sia sempre stata al servizio elettorale dei vari potenti di turno del Pd è cosa risaputa. E che i potenti del Pd hanno interessi e amici in ogni dove, aziende, cantieri, ditte, appalti, enti, cooperative, anche questa è cosa risaputa. Tutte attività dove un sindacalista che fa il proprio lavoro potrebbe dare fastidio, tranne se gli sistemi la moglie, il fratello, il cognato, il cugino.

È così che funziona nel sindacato confederale: il lavoratore è solo merce di scambio da vendere al miglior offerente. Se c’è da firmare un contratto al ribasso, in cambio della sistemazione di qualche parente, il sindacalista della Cgil non ci pensa su due volte, tanto a rimetterci è sempre il lavoratore. Ed è per tutto questo che il Primo Maggio i sindacati non dovrebbero stare nella stessa piazza dei lavoratori. Chi ha tradito gli ideali di emancipazione e di libertà dei lavoratori non merita di partecipare a questa festa. Ma nonostante ciò ci saranno e si posizioneranno come sempre in prima fila pronti a rilasciare dichiarazioni e a stringere mani in un corteo di sconfitti che festeggiano vittorie mai avvenute. Ecco perché, per chi si alza alle 6 e guadagna 800 euro al mese lavorando anche 10 ore al giorno, oggi non c’è niente festeggiare, nessuno festeggia le sconfitte. Nessuno tranne tre, la Cgil, la Cisl e la Uil. Ovvero i famigerati e inutili sindacati confederali.