Il superclan dei calabresi: il comitato d’affari. Lorenzo Cesa ed Enza Bruno Bossio

La storia di ieri per rileggere quella di oggi. E non stiamo parlando della storia di chissà quanto tempo fa. Poco più di 10 anni orsono, con le inchieste Poseidone e Why Not era chiarissimo come il “partito unico del potere”, che non faceva distinzioni di colore politico, facesse manbassa di tutti i fondi pubblici disponibili arricchendosi ignobilmente.

I politici calabresi (particolarmente quelli cosentini) non solo l’hanno fatta franca ma continuano tranquillamente a rubare e a delinquere. Giocando tutti con la stessa squadra, anche se formalmente fanno finta di litigare. E se ieri “massacravano” De Magistris, adesso lo fanno con Gratteri. La storia, come sempre, si ripete..

Gianni Barbacetto, nella sua splendida inchiesta “Il superclan dei calabresi” spiega magnificamente cosa succedeva.

Il superclan dei calabresi -Terza parte – 

di Gianni Barbacetto

Il comitato d’affari

Secondo De Magistris, in Calabria era all’opera già da anni un comitato d’affari, una “cupola” degli appalti e dei finanziamenti europei. Quello dei depuratori è uno dei business, che ha già bruciato oltre 800 milioni di euro.

In questo settore è centrale la Pianimpianti, con numero uno Roberto Mercuri e numero due Franco Bonferroni, vecchio democristiano passato all’Udc.Bonferroni è il gemello politico di Lorenzo Cesa, padrone più che segretario del partito. E Cesa, secondo altre indagini di De Magistris, ha succhiato consistenti finanziamenti europei. Con il sistema del sostegno pubblico alle imprese calabresi.

La sua Sbp optical disk, che avrebbe dovuto produrre dvd, ha incassato dall’Europa almeno 5 miliardi di lire, ma non ha mai prodotto neppure un bottone. Ma Cesa ha attirato fondi anche attraverso una società romana, la Global Media, che ha fatturato quasi 7 milioni di euro l’anno organizzando eventi per società pubbliche e molto disponibili come Anas, Enel, Finmeccanica, Lottomatica, Alitalia (anche la Pianimpianti degli amici Mercuri e Bonferroni ha versato alla società di Cesa ben 360 mila euro).

La Global Media ha ricevuto anche finanziamenti europei (s’ipotizza una cifra attorno ai 400 mila euro) per organizzare convegni e iniziative per gli italiani all’estero. I fondi passavano attraverso un’agenzia Onu (la Cif Oil), erano giustificati con fatture gonfiate e la differenza tra quanto ricevuto e quanto effettivamente speso veniva poi incamerata da Cesa, che la usava per sostenere l’Udc.

A spiegare questo meccanismo ai magistrati romani (che ora lo stanno indagando per finanziamento illecito) è nientemeno che Francesco Campanella, uomo vicino a Bernardo Provenzano, grande riciclatore dei soldi di Cosa nostra e tra il 2003 e il 2005 associato al sistema truffaldino messo in piedi da Cesa.

Anche Campanella, in politica, era schierato con l’Udc e quando si sposò ebbe, come testimoni di nozze, Totò Cuffaro e Clemente Mastella. Poi i magistrati palermitani scoprirono il suo spessore mafioso. Ora, diventato collaboratore di giustizia, Campanella racconta tante vicende siciliane, ma anche la sua esperienza politica e manageriale a Roma, accanto a Lorenzo Cesa, numero uno dell’Udc.

L’Olaf, l’agenzia antifrode dell’Unione europea, ha contestato un reato di frode comunitaria a Papello, Cesa e Fabio Schettini, già segretario dell’ex ministro di Forza Italia Franco Frattini.

Il business dell’informatica

E qui tra i protagonisti c’è Enza Bruno Bossio, la moglie di Nicola Adamo. Ricordate la storia di Adamo ed Eva? Nicola Adamo è il politico che dichiarò di essere il padre del figlio di Eva Catizone, sindaco di Cosenza, che nell’estate del 2004 aveva rilasciato un’intervista al Quotidiano della Calabria in cui diceva: “Sono incinta, ma non vi dico chi è il padre”.  Adamo rispose, sempre a mezzo stampa. attraverso la Gazzetta del Sud: “Il padre sono io”. Il figlio ebbe il cognome del padre, ma la relazione tra Adamo ed Eva s’interruppe. I Ds a Cosenza fecero addirittura cadere la giunta Catizone. E tutti ironizzarono su finanziamenti finiti “in un clic”.

Clic è un consorzio bipartisan di aziende informatiche: presidente, la moglie di Adamo, ma nell’azionariato c’erano aziende della Compagnia delle Opere e due società della famiglia Abramo (Sergio Abramo, sindaco di Catanzaro, era il candidato che il centrodestra aveva contrapposto ad Agazio Loiero).

La moglie di Adamo, Enza Bruno Bossio, ha fama di essere un’esperta d’informatica; certo è la protagonista del Piano telematico regionale, un grande progetto per l’informatizzazione della Calabria in cui sono stati spesi fiumi di denaro pubblico. A giudicare dai robusti investimenti, la Calabria oggi dovrebbe essere l’area più informatizzata d’Europa.

Invece, scrive De Magistris, il denaro pubblico è andato ad alimentare “un sistema di collusione criminale con distribuzione di ruoli tra imprenditori, professionisti e pubblici amministratori il cui fine, attraverso la costituzione di società o la partecipazione in società già costituite, era quello di percepire in modo illecito finanziamenti pubblici (nazionali, europei e regionali) per importi di diversi milioni di euro”. Il sistema è bipartisan.

3 – continua