Kiev accusa Mosca: «Non ha ritirato le truppe». L’Ue: «Basta parole, servono i fatti»

È davvero de-escalation nella crisi russo-ucraina? La tensione sembra scendere, ma il ministero della Difesa ucraino denuncia in queste ore un attacco informatico «senza precedenti» che ha colpito i siti web del ministero, quello delle forze armate e quelli di due banche statali. Attacco per cui la Russia nega qualsiasi responsabilità: «Come atteso, l’Ucraina continua a incolpare la Russia per tutto. La Russia non ha nulla a che fare con gli attacchi cibernetici», dice ai giornalisti il portavoce del Cremlino, Peskov. Mosca aggiunge anche che ritiene «positivo» il fatto che il presidente americano Joe Biden voglia proseguire i colloqui. Intanto, il presidente ucraino Zelensky ha accusato Putin di non aver fatto ancora nulla di concreto. Parlando con la Bbc ha detto: «Ad essere onesti non vediamo ancora alcun ritiro. Ne abbiamo sentito parlare, ma per ora sono solo dichiarazioni». Anche la Nato avvisa: «Nessuna de-escalation sul terreno, altre truppe di Mosca sono in arrivo».

In Ucraina è festa nazionale

Nel frattempo in Ucraina alla de-escalation ci credono: per il paese sono comparse bandiere nazionali ed è stato suonato l’inno, per mostrare unità contro i timori di un’invasione russa. Bandiere nazionali quindi fuori dalle scuole, dagli ospedali e da molti negozi per celebrare la “Giornata dell’Unità”, una festa che il presidente Zelensky ha creato questa settimana dopo che la Russia ha ammassato le truppe vicino ai confini dell’Ucraina. La Russia ha negato che invaderà, ma ha avvertito che potrebbe intraprendere un’azione “tecnico-militare” non specificata se le sue richieste di sicurezza, comprese le limitazioni a Kiev per l’ingresso nella Nato, non saranno soddisfatte. «Solo un giorno normale, ma queste bandiere sono qui per uno scopo, per mostrare che non temiamo nessuno. Non ci hanno spaventato», dicono per le vie di Kiev.

Da anni nel paese si sta (ri)costruendo un’identità nazionalista indipendente, anche in risposta alla politica del vicino russo, con ostentazione di bandiere gialle e blu e occasioni di celebrazione della nazione ucraina. Zelensky in tv ha affermato che gli ucraini sono uniti attorno al desiderio comune di «vivere in pace, felicemente, in una famiglia, bambini con genitori». «Nessuno può amare la nostra casa come noi. E solo noi, insieme, possiamo proteggerla», dice. Il presidente ha invitato gli ucraini a pubblicare foto e video della bandiera ucraina e ad aggiungere sui social l’hashtag #UnityDay. Zelenskiy dice da tempo che la minaccia russa di un’invasione sia stata sopravvalutata dagli alleati occidentali. Mykhailo Podolyak, consigliere del capo di stato maggiore di Zelenskiy, spiega che questa settimana il presidente ha scelto il 16 febbraio come festa patriottica in parte ironicamente (Zelensky è un ex comico), in parte in risposta ai resoconti dei media che davano per certa un’invasione per oggi.

«Il rischio di aggressione nei confronti dell’Ucraina è piuttosto grande», dice invece alla radio Lbc il sindaco di Kiev affermando che «è la prima volta nella storia dell’Ucraina che così tanti soldati russi sono al confine» e dicendo di sperare in una «soluzione diplomatica dell’ultimo momento». «Ci prepariamo per ogni scenario. Non sappiamo come evolverà la situazione ma speriamo l’invasione non avvenga e che all’ultimo momento si trovi una soluzione diplomatica».

L’Ue: «Da Mosca vogliamo i fatti»

Nel frattempo gli occidentali vogliono conferme. A ribadirlo è la presidente della Commissione Ue: «Credo che la diplomazia non ha abbia detto l’ultima parola ma ora dobbiamo vedere i fatti oltre alla parole», dice Ursula von der Leyen alla plenaria di Strasburgo. «La Nato non ha ancora visto segni chiari di ritiro. Abbiamo esaminato tutte le possibili perturbazioni se la Russia sceglie di usare l’energia come leva di pressione e posso dire che per questo inverno siamo al sicuro», dice ancora von der Leyen alla plenaria di Strasburgo. «Con gli stati membri abbiamo messo a punto misure di emergenze che possiamo mettere in campo se si arriva a una crisi totale: oltre 200 navi di Gnl (gas naturale liquefatto, ndr) sono in arrivo in Europa», spiega. «Ma dobbiamo anche investire per liberarci dalla dipendenza dalla Russia per il gas».