Il portale “Generazione” ha pubblicato una bella e approfondita inchiesta sulla Calabria di Occhiuto. Katia Sabbagh ha analizzato la strategia comunicativa di Occhiuto e ha passato in rassegna tutti i gravissimi problemi irrisolti della regione mettendo in modo spietato a confronto le cazzate e la realtà. Abbiamo suddiviso l’inchiesta in diverse parti, a iniziare dalla “strategia”.
Per passare poi all’eterno disastro della sanità, che ormai è arrivato al punto di non ritorno.
di Katia Sabbagh
Fonte: Generazione
Le vicende politiche della Regione Calabria sono la sintesi della crisi amministrativa del paese Roberto Occhiuto ha fatto della guida della Regione Calabria un banco di prova per una comunicazione politica fortemente personalizzata, incentrata sul tema del “riscatto calabrese”. Dietro la forza delle parole e di un racconto ben costruito, però, si cela una realtà ben più complessa
Le dimissioni lampo di luglio 2025, a seguito di un’inchiesta per corruzione, e la contestuale ricandidatura segnano l’apice di una parabola in cui la potenza della narrazione ha sostituito il bilancio reale dell’azione di governo regionale.
TERZA PARTE: IL DECLINO DEMOGRAFICO: LA CALABRIA CHE SCOMPARE
I numeri di una crisi irreversibile
La crisi sanitaria calabrese è accompagnata da un fenomeno altrettanto grave e strettamente collegato: il declino demografico della Regione. I dati ISTAT confermano che la popolazione residente è in costante diminuzione, con un saldo naturale (la differenza tra nati e morti) fortemente negativo, pari a -4,4 per mille abitanti. A questo si aggiunge una crisi della natalità ormai strutturale, che riflette non solo i cambiamenti culturali delle società occidentali, ma soprattutto la mancanza di prospettive economiche e sociali, che scoraggia le giovani coppie dal mettere al mondo figli in un territorio percepito come privo di futuro.
Questo calo demografico è alimentato da due fattori che si rafforzano reciprocamente: l’invecchiamento progressivo della popolazione calabrese e la persistente emigrazione dei giovani verso il Centro-Nord Italia o l’estero. Il risultato è un progressivo svuotamento demografico che non accenna a rallentare e che sta modificando profondamente il tessuto socio-economico della regione.
Le previsioni future sono allarmanti. Secondo le stime elaborate da SVIMEZ sulla base dei dati ISTAT, entro il 2050 la Calabria potrebbe perdere quasi un quinto della popolazione, scendendo sotto 1,5 milioni di residenti: si tratta di un calo pari alla scomparsa combinata delle città di Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza. Questa drastica riduzione minaccia la sostenibilità dei servizi pubblici, la tenuta del welfare locale e la capacità di attrarre investimenti infrastrutturali di lungo termine.
L’emorragia del capitale umano giovanile
Il dato statisticamente più allarmante e strategicamente più dannoso riguarda l’emigrazione giovanile, un problema che affligge tutto il Mezzogiorno. Secondo il Rapporto SVIMEZ 2024, tra il 2002 e il 2023 il Sud ha perso quasi 213.000 abitanti per migrazioni internazionali, mentre solo nel 2023 circa 124.000 persone hanno lasciato le regioni del Sud per trasferirsi nel Centro-Nord. Questo flusso migratorio è fortemente selettivo: quasi il 70% di chi parte ha tra i 20 e i 39 anni e un alto livello di istruzione, con un numero crescente di diplomati e laureati e un calo significativo di chi possiede solo la licenza media, segno che il Sud continua a perdere soprattutto giovani qualificati.
Si tratta di una vera e propria emorragia di capitale umano, quella risorsa che qualunque economista considera la più preziosa per immaginare e costruire processi di sviluppo economico duraturo e sostenibile. Le conseguenze sono già evidenti: scuole che chiudono per mancanza di iscrizioni, comuni che si spopolano progressivamente, un mercato del lavoro sempre più invecchiato e stagnante.
Lavoro irregolare e precario
ANSA riporta che, secondo le tabelle Eurostat 2024, in Calabria il tasso di occupazione nella fascia 15-64 anni si è attestato al 44,8%, registrando un lieve aumento (+0,2% rispetto al 2023), ma rimanendo comunque tra i più bassi sia in Italia che in Europa.
La regione si distingue inoltre per una delle più elevate incidenze di lavoro irregolare (il cosiddetto “lavoro nero”) e occupazione precaria a livello nazionale, una realtà che pesa gravemente sull’economia e sulla società calabrese. Gli impieghi irregolari, privi di contratti e tutele, non solo mantengono bassi i redditi, ma impediscono a molte persone di costruire percorsi professionali stabili e duraturi. I più colpiti sono sistematicamente i giovani e le donne, che subiscono una doppia discriminazione legata all’età e al genere.
La UIL evidenzia la grave esclusione lavorativa che colpisce le donne in Calabria, dove meno di 1 su 3 ha un’occupazione regolare e la maggior parte è costretta a contratti precari o a part-time involontario, ovvero con orari di lavoro ridotti non per scelta personale, ma per mancanza di alternative occupazionali più soddisfacenti e dignitose. A ciò si aggiunge un divario retributivo di circa il 30% rispetto agli uomini. Questa condizione – aggravata dal peso quasi esclusivo del lavoro di cura familiare e dalla carenza di servizi come asili nido – limita fortemente la possibilità di costruire un progetto di vita stabile, dall’acquisto della casa alla formazione di una famiglia, e influisce negativamente anche sulle future pensioni.
3 – (continua)









