(di Romina Marceca – repubblica.it) – Rivolgersi a un sindaco e chiamarlo Cetto La Qualunque non è diffamazione. Ma è diritto di critica politica. Lo ha deciso la quinta sezione penale della Cassazione che, con una sentenza, ha annullato senza rinvio il giudizio di appello nei confronti di un cittadino che aveva scritto una mail al suo sindaco chiamandolo, appunto, come il personaggio interpretato da Antonio Albanese in televisione e in diversi film al cinema, a cominciare da Qualunquemente, del 2011.
Secondo i giudici della suprema corte non viene intaccata la reputazione sociale e professionale di un sindaco ma solo il suo “operato tecnico-amministrativo”. Anche perché – fa notare il collegio richiamando una decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo – “i limiti della critica ammissibile sono più ampi nei confronti di una personalità o di un partito politico” rispetto a quelli previsti “nei confronti di un semplice cittadino”.
Nel caso trattato in Cassazione, c’era da decidere se rigettare o meno il ricorso del residente di un comune del centro Italia. La controversia con il sindaco nasce nel periodo della pandemia, nel 2020, quando il primo cittadino, accompagnato da almeno cinque persone, si presenta nella casa dell’uomo che poi finirà sotto processo. Secondo quanto ricostruito in aula, il sindaco era andato per verificare il rispetto delle misure restrittive, che però non erano ancora in corso sul territorio.
Il sindaco avrebbe intimato al suo concittadino di rimanere in casa e mandare via i suoi parenti. Da qui la mail con l’intestazione a Cetto La Qualunque. “Si prega di volermi comunicare perché vengano rilasciati permessi di transumazione con la motivazione di dar da mangiare alle galline e non lo si possa ottenere per i medicinali salvavita”. È quanto scritto dal mittente che è finito sotto processo ed è stato condannato. Adesso, dovrà solo risarcire le spese di giudizio. Ma si risparmia una condanna per diffamazione dopo avere criticato il sindaco utilizzando una figura satirica diventata simbolo grottesco della politica improvvisata e del qualunquismo.









