LA CONTRO-PEDAGOGIA SANREMESE
di Giovanni Potente
Non ho visto un solo istante della diretta del Festival di Sanremo. Tuttavia, mi arrogo il diritto di un commento sulla base di quanto visionato in differita e sui social.
Potrei liquidare la questione limitandomi a un rilievo e ad una ammissione. Il rilievo è che buona parte dello spettacolo si è risolto in un repertorio nauseante di retorica, banalità, grossolanità, volgarità, eccessi, lingue in bocca, capezzoli finti, scenate isteriche, spogliarelli, atti (omo)sessuali, gioielli a forma di Covid, simboli satanisti e letterine da bambina di terza elementare, come quella della Ferragni. L’ammissione è che questo repertorio, sic et simpliciter, è riflesso del degrado culturale della società e che sono ormai passati i tempi in cui la tv pubblica, e non solo quella di un Angelo Guglielmi, ma anche quella di un democristiano come Biagio Agnes, si faceva carico dell’educazione degli Italiani, mandando in onda in prima serata film d’autore, grande teatro, opera lirica, inchieste giornalistiche di straordinario acume ecc.
Tuttavia, il punto è che il repertorio osceno di cui sopra non è stato estemporaneo né improvvisato. E non è valso solo a coprire il declino irreversibile della canzone italiana e a deviare l’attenzione dalla assoluta e imbarazzante mancanza di quel talento artistico che invece dal palco dell’Ariston traboccava quando lo calcavano Dalla, Celentano o Modugno.
Piuttosto, qui ci troviamo di fronte proprio al ribaltamento sistematico della vecchia missione pedagogica e culturale della RAI, quindi ad una intenzionale contro-pedagogia, elaborata e applicata nei minimi dettagli, mirata, articolata e calibrata secondo le più sofisticate tecniche di condizionamento di massa e in base ai dettami dei più perversi studi di psicologia delle folle.
Questa contro-pedagogia è iniziata col buonismo retorico con cui un ignobile buffone di corte, alla presenza e con l’avallo morale della massima carica dello Stato, prestatosi all’uopo, ha catechizzato gli spettatori sulla Costituzione. Perché una vera riflessione sul valore della nostra Carta implica anche l’onestà intellettuale e la lucidità di denunciare come essa sia ogni giorno tradita e calpestata nel contesto del sistema economico e sociale neoliberista e globalizzato. Per esempio quando essa sancisce il principio della «retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro» mentre nel nostro Paese, secondo i dati, quasi la metà dei lavoratori dipendenti è costretto a lavorare in orari “antisociali” (festivi, sabati, domeniche o di notte) e che a molti di questi non viene pagato lo straordinario. Per non dire del paradosso di celebrare la Costituzione che attesta che la nostra Repubblica è «fondata sul lavoro», ma senza contestualmente denunciare il fatto che è il modello sociale neoliberista e che sono i parametri della Troika a prevedere e determinare precariato e sfruttamento e una disoccupazione considerata fisiologica ed accettabile al 12%. Cosicché celebrare la Costituzione senza contestualmente aggiungere tutto questo è appunto mera retorica, banale, buonista, riduttiva e consolatoria: in una parola acritica, risolta in un pensiero da bambino di dieci anni.
Ed è questo, attraverso i Benigni, i Ferragnez et similia, uno degli scopi ultimi della contro-pedagogia sanremese: ridurre ulteriormente le capacità cognitive e critiche degli spettatori, inducendo loro una sorta di regressione infantile.
L’altro scopo è senza dubbio quello di educarli e ammaestrali al brutto, al banale, al volgare mascherato da trasgressività (quella dei buffoni di corte che fanno il gioco dei padroni).
Consola che, tutto sommato, solo 10 o 12 milioni di italiani si sono sorbiti Sanremo. Preoccupa, invece, che al Potere restano ben altri strumenti per sopire le coscienze, inibire il senso critico, incartapecorire il pensiero, ammaestrare alla banalità e al mero culto dell’esteriorità: per esempio, in confronto alla potenza condizionante di alcuni social, Sanremo è come un cannone equiparato ad una bomba nucleare. Soluzioni? Si salvi chi può.