(di Gianluca Roselli – ilfattoquotidiano.it) – La Rai, con una circolare del 10 aprile, obbliga tutti i dipendenti e i lavoratori autonomi, cioè i film maker, a riversare i filmati – anche quelli grezzi, realizzati per un servizio – su una piattaforma interna della tv pubblica a cui tutti, in azienda, hanno accesso. Questo da più parti è visto come un ulteriore controllo del vertice Rai su i servizi e, soprattutto, può mettere a rischio la tutela delle fonti.
Se infatti finora era obbligatorio consegnare il servizio montato, ovvero il prodotto finale, che viene archiviato nel patrimonio giornalistico della Rai, ora si chiede di caricare sulla piattaforma tutto il “girato” utilizzato per la realizzazione del servizio, quindi anche dialoghi con fonti che dovrebbero restare riservate. “Il nuovo sistema ha un valore esclusivamente tecnico e garantirà un’adeguata archiviazione e conservazione del patrimonio audio/video, mentre prima il materiale era archiviato su piattaforme esterne non sicure”, precisa una nota di Viale Mazzini, a difesa dell’azienda.
A sollevare il caso è stato il conduttore di Report Sigfrido Ranucci, che ne ha parlato durante l’incontro di ieri tra i leader di opposizione sulla riforma della Rai. Appuntamento dove Conte, Schlein, Fratoianni, Bonelli e Magi si sono impegnati a presentare una proposta unica per la riforma Rai secondo i criteri del Media Freedom Act, da fare entro agosto.
L’incontro è servito anche per fare il punto sullo stato dell’informazione in Italia. Che, secondo il rapporto 2024 di Reporters sans frontierés, è sempre più basso, visto che in un anno siamo precipitati dal 41esimo alla 46esimo posto sulla libertà di stampa, passando da una posizione “abbastanza buona” a “problematica”. Nel rapporto si fa riferimento anche al “caso Paragon”, auspicando che si faccia piena luce su chi ha spiato il direttore di Fanpage Francesco Cancellato. “Con l’adozione di una serie di leggi restrittive (tra cui la “legge bavaglio”, il divieto di pubblicare le ordinanze, il tentativo di controllo sulle fonti col ddl sicurezza, il potere del governo sulla tv pubblica e l’alto numero di querele temerarie), il governo Meloni continua a insidiare la libertà di stampa con un netto peggioramento della situazione dell’informazione in Italia”, scrive l’associazione francese.