dalla pagina FB Vito Teti – Schegge di Ultimità –
Quando una volta oggi era
LA DOMENICA DEI PARENTI
Saranno, forse, in pochi a sapere o a ricordare che questa di oggi, in passato, era conosciuta come la “domenica dei parenti”. E ancora di menoi sono quelli che la celebrano per un’ ineffabile nostalgia e per una memoria che resiste.
Nel mio paese, come in tanti altri della Calabria, le domeniche di Carnevale erano quattro: domenica degli amici; domenica dei compari e delle comari; domenica dei parenti; domenica di Carnevale o dei denti.
Altro giorno carnevalesco era il Giovedì Grasso o di “Lardaloro”, che precedeva la domenica di Carnevale. Il Carnevale si concludeva martedì grasso detto dell’Azata. La gente si mascherava per essere accolta nelle case, essere invitata a polpette e braciole e un rete di legami trovava trionfo e celebrazioni nelle quattro domeniche I “farsari” preparavano i testi da rappresentare e i mascherati si davano da fare per trovare vestiti adeguati alla loro parte. Ricordava Turi D’Eraclea, uno dei grandi protagonisti del Carnevale degli anni cinquanta del Novecento: «Vi era un rapporto strettissimo tra festa e alimentazione. Io però ancora oggi non sono riuscito a capire se si facevano le maschere sperando che dopo si poteva mangiare o se si mangiava per poi fare le maschere. Forse una cosa e l’altra. Si mangiava comunque e si beveva; era il mese che nessuno trascurava i poveri e i poveri erano tanti. Moltissimi bambini tutte le mattine andavano per le porte, a chiedere un pezzo di pane».
Non c’è molto da rimpiangere e da mitizzare un buon tempo antico. L’archeologia dei sentimenti non ha a che fare con un improbabile ritorno al passato. La nostalgia non è rimpianto ma anelito al futuro. Utopia. Piccola utopia quotidiane che tiene un legame con un senso reale e forte di ciò che resta. C’è da custodire memorie, di trovare un senso nuovo nelle schegge che arrivano dal passato, di trarne nuovi insegnamenti dinnanzi a un presente che non ci piace e non ci sembra abbia realizzato il miglior tempo possibile.
Amicizia – termine antico, polivalente, faticoso, sempre da contestualizzare– merita di essere ancora oggi un legame e un sentimento da riscoprire, cui conferire nuove valenze. Spesso il termine amicizia significa “amicismo amorale” (prendo per analogia il termine familismo), la pratica inquietante del clientelismo e del tutelare gli amici degli amici, del “do ut des”.
Spesso il termine amicizia nasconde indifferenza, maniera rituale e liturgica di ostentare rapporti inautentici e interessati. C’è poi l’amicizia su internet e sulla rete. Con tutte le riserve e le resistenze che o per Facebook, posso ammettere che questo mezzo, bene adoperato, facilita rapporti di antica e nuova data, rende possibili conoscenze, incontri, dialoghi di cui tenere cura e di cui essere orgogliosi. Amicizia per me continua a parlare di dialoghi ceri, d’ incontri concreti e reali, di rapporti tra persone che si guardano negli occhi, si stringono le mani, condividono e si vogliono bene anche quando affermano una loro diversità.
Amicizia (che lego ad amore e fratellanza) è il legame, il sentimento, la pratica di cui abbiamo bisogno in un periodo di solitudine, di indifferenze di conflitti. Ed ecco, allora, che dal passato “carnevalesco”, da antiche pratiche di vicinanza e di solidarietà, di sostegno e condivisone, ci arrivano messaggi sempre attuali, vivi, da assumere in maniera attiva e positiva, con delicatezza e dolcezza, per la nostra vita presente. Dobbiamo inventare, nel periodo in cui anche i luoghi sembrano chiudere, la possibilità di riabitare i luoghi, i sentimenti, i legami, l’amicizia, la fratellanza, l’amore. Tra i rimasti e tra i rimasti e i partiti, quelli che tornano e quelli che arrivano.
(Riprendo un post del 2018. Ricordo un mio libro “Trionfo e morte dell’imperatore Carnevale” pubblicato nel 2024 per le edizioni del Museo Pasqualino di Palermo.
La foto si riferisce al Carnevale di S. Nicola da Crissa dei primi anni Cinquanta. L’Imperatore Carnevale è Turi D’Eraclea, mitico personaggio e autore di farse del paese, che ho frequentato dalla fine degli anni Settanta del Novecento).