Lasciateci giuocare
di Giovan Paolo Parisio
È bastato che “la Repubblica” online riportasse una notiziola pubblicata, online anch’essa, su “The New York Times” per scatenare l’orgoglio calabrese ex post.
La traduzione, più o meno letterale, delle poche righe dedicate alla nostra regione – al 37esimo posto di 52 luoghi da scoprire nel 2017, secondo la giornalista Danielle Pergament – è la seguente: “Il cibo in Italia al di fuori delle regioni ben conosciute. Alcuni dei migliori piatti in Italia non si trovano a Roma o in Toscana, ma nella zona meridionale della Calabria. Guidata da luoghi come il Ristorante Dattilo, il Ristorante Ruris a Isola Capo Rizzuto e Antonio Abbruzzino a Catanzaro, la punta dello stivale d’Italia sta facendosi un nome per il cibo e per le aree del vino. Nota per i piatti piccanti e per essere la maggior fornitrice del mondo di bergamotto, la Calabria sta puntando su piatti leggeri, sull’agricoltura biologica e sul vino ottenuto da uve locali”.
La giornalista non fa alcun cenno a musei, città, paesaggi rurali o urbani, località balneari o di montagna, monumenti, aree archeologiche, tesori di barbari invasori da cercare, ma cita, praticamente, solo tre ristoranti.
C’è da menarne tutto questo vanto? C’è materiale per scatenare tutto questo profluvio incontenibile di orgoglio identitario calabrese? Eppure, abbiamo letto rivendicazioni roboanti di giornalisti “che l’avevano detto”, appropriazioni indebite da parte di politici (Oliverio che non ha né un assessore al turismo, né uno alla cultura) che nulla hanno fatto, auto-attribuzioni di paternità del grande successo conseguito da parte di chicchessia, soprattutto di ardenti meridionalisti.
Sette righe, titolo compreso, sul sito online del NYT per infiammare il web e per arrivare, addirittura, a far rivendicare ad un patetico direttore di giornale locale, tale Paolo Guzzanti, in Calabria per svernare e per prendersi i soldi di alcuni galoppini senza vergogna del PD, con una illogica capriola dialettica, la giustezza di costruire una serie di Disneyland in ogni luogo di questa già cementificata regione, di giuocare con la storia come hanno fatto i turchi ad Efeso (i turchi ?!) e di iniziare, senza indugi, la produzione dell’amaro Alarico.
E di chi è la responsabilità, secondo l’autorevolissimo direttore, se tutto questo non accade, chi impedisce che il turismo e lo sviluppo socio-economico in Calabria decollino? Della devastazione dei paesaggi, della cementificazione delle coste e dell’interno, dell’incapacità di ristrutturare i centri storici che cadono a pezzi, dell’inquinamento strutturale del mare, dell’assenza di un coordinamento locale e regionale, dell’assenza di infrastrutture?
No, non sono queste le ragioni, ma, secondo il facondo direttore del giornale locale, la responsabilità è di alcuni “esimi professori superciliosi e certamente con i denti gialli, color giumenta in menopausa” che impediscono, a chi vuole farlo, di giuocare con la storia. Grazie al vecchio giornalismo d’inchiesta, così caro al sunnominato direttore, viene svelato, finalmente, il secolare arcano del sottosviluppo economico, sociale e culturale della Calabria e di tutto il Mezzogiorno: una potentissima e malefica lobby di professori barbogi conculca la libertà di giuoco insita in noi calabresi e meridionali che -se lasciati, invece, pienamente liberi di esprimere attraverso il giuoco le nostre inclinazioni- potremmo dispiegare appièno un’enorme potenzialità produttiva.
Grazie davvero, direttore, per questa bella lezione di giornalismo.
Ora, fatti mettere il pannolone e ritorna da dove sei venuto. Che (giustamente!!!) non ti vogliono neanche i tuoi figli. Troppo intelligenti e bravi per assecondare le tue ridicole piroette.