La più grave emergenza ambientale italiana è il consumo del territorio (di Mario Tozzi)

L’arma di distruzione di massa è rappresentata dal cemento, è arrivata l’ora di promulgare una legge che fermi questo scempio

(MARIO TOZZI – lastampa.it) – Se dovessimo interrogarci su quale sia la più grave emergenza ambientale italiana degli ultimi 60 anni, non c’è nemmeno un dubbio che questa sia lo spaventoso ritmo con cui divoriamo suolo, a una media di 19 ettari al giorno. Per intenderci, visto che siamo in clima, un campo da calcio copre poco meno di un ettaro, come a dire che siamo nell’ordine di una ventina di campi da calcio al giorno), il valore più alto negli ultimi 10 anni, al tasso terrificante di due metri quadrati al secondo. Una cifra paurosa. Nel solo 2021 abbiamo sfiorato i 70 kmq di nuove coperture artificiali, un record. Neanche venissimo fuori da una guerra mondiale o fossimo al tempo dei romani che, almeno, costruivano per sempre: un Paese che basa il proprio futuro economico sull’edilizia, all’inizio del terzo millennio, è un Paese perduto a qualsiasi possibilità di miglioramento ambientale e che depaupera il proprio territorio. Per non dire della qualità strutturale ed estetica del nuovo costruito in Italia: è vero che siamo stati capaci di costruire la Grande Bellezza, ma anche nella Bruttezza non ce la siamo cavata male.

In Europa si va nella direzione contraria: in Germania si è passati da 120 ettari al giorno a meno di 30, in Gran Bretagna l’allarme per l’erosione dei suoli liberi e/o agricoli si concretizzò nel 1946 col «New towns act» e col «Town and countries planning act», attraverso l’individuazione delle «green belts» (cinture verdi), abbattendo la punta di 25 mila ettari consumati in 12 mesi negli Anni 30 ad appena 8 mila ettari annui, la quantità di suolo che viene consumata dalla sola Sicilia. Legare i movimenti economici all’edilizia è un vizio tutto italiano che non ha nessuna ragione di esistere in un Paese già così gravemente ingombro di costruzioni come il nostro. Tutto questo in una nazione con una densità di popolazione elevata che non tiene conto del fatto che solo una parte del territorio può effettivamente essere abitata.

E la vera arma di distruzione di massa è il cemento, che ricopre ormai 21.500 kmq di suolo nazionale, dei quali 5.400 (il 25% circa), un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici. Tra il 2006 e il 2021 l’Italia ha perso 1.153 kmq di suolo naturale o seminaturale, a causa principalmente dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali che provocano la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi che gratuitamente la natura ci offre, provocando peraltro un danno economico stimato in quasi 8 miliardi l’anno. Negli ultimi anni, in Italia, sono già andati distrutti quasi 4 milioni ettari, di cui oltre due di superfici agricole, una distruzione di suolo pari a circa 250 mila ettari l’anno. Ciò si traduce in un aumento del consumo di cemento, sabbia e acqua, in un Paese che è già al primo posto in Europa nella produzione, con circa 50 milioni di tonnellate/anno (800 chili cemento/uomo/anno). Vale a dire centinaia di milioni di tonnellate di sabbia e ghiaia e decine di milioni di metri cubi di acqua, con migliaia di cave in attività e la produzione di milioni di tonnellate di rifiuti edili. Non è finita qui: per ogni tonnellata di cemento prodotta si emettono 0,89 tonnellate di anidride carbonica e l’emissione in atmosfera di polveri sottili (Pm10), dovute ai processi di combustione per la produzione di cemento, ammonta a migliaia di tonnellate/anno. Per non parlare dell’incremento di energia necessario per la produzione del cemento in considerazione delle elevate temperature di cottura e dell’energia elettrica necessaria per macinare il prodotto.

Infine, il consumo di suolo si traduce in un aumento o nella creazione ex-novo del rischio ambientale: dal 2010 al 2022 si sono verificati in Italia 1.532 eventi estremi e nei primi 10 mesi di quest’anno ne sono stati registrati già 254. Se osserviamo la mappa dell’Ispra sul dissesto idrogeologico, vediamo che quasi il 94% dei Comuni italiani è a rischio dissesto e soggetto ad erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità. In questi Comuni si continua a costruire come se non ci fosse un domani. Per tutte queste ragioni è ora di promulgare una legge contro il consumo di suolo, una legge fatta di un solo articolo, l’articolo 1: sul territorio nazionale viene fatto divieto di porre un solo nuovo mattone o un solo kg di nuovo cemento. L’eventuale articolo 2 si dovrebbe allora occupare di demolire il costruito illegittimo in zone a rischio in tempi brevi e rinaturalizzare il Paese, l’unica vera grande opera di cui c’è bisogno, per salvare vite e beni e garantire un futuro sostenibile e sicuro.