di Giorgio Bongiovanni
Fonte: Antimafia Duemila
C’è una foto, risalente a dieci anni fa, scattata con l’imprenditrice dello spettacolo Pamela Perricciolo, che vede la Presidente della Commissione Parlamentare antimafia Chiara Colosimo ed in primo piano anche un busto del Duce, il nazi fascista Benito Mussolini, amico di Hitler.
Ad accompagnare l’immagine, pubblicata sul profilo social della Perricciolo, un commento: “Stiamo lavorando con nonno Benito per creare il nostro angolo di relax”.
L’ha recuperata il giornalista di Report, Giorgio Mottola che stasera trasmetterà la fotografia in un servizio dedicato proprio alla deputata di Fratelli d’Italia.
Al di là dell’imbarazzo e delle giustificazioni espresse dalla Colosimo, che nel video di anticipazione ammette di aver “fatto una stronzata”, il fatto è grave perché si parla di una persona che oggi occupa un ruolo delicatissimo come quello di Presidente della Commissione parlamentare antimafia e quell’immagine è stata scattata quando la dirigente di Fratelli d’Italia era nel pieno della sua carriera politica e “correva” come candidata, dopo il ruolo svolto da consigliera regionale, per il Parlamento.
“Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova” scriveva Agatha Christie.
Il primo indizio era stato un video girato nella sezione dell’ex Msi alla Garbatella, dove dietro la Colosimo giganteggiava un murales dedicato a Corneliu Codreanu, fondatore della Guardia di Ferro, il gruppo terroristico fascista nato negli anni ’30 in Romania.
Poi c’era stata la foto in una “posa poco istituzionale (come la stessa Chiara Colosimo l’ha definita), che risalirebbe ai tempi in cui lei era Consigliera regionale del Lazio (2010-2013), assieme al conclamato terrorista Luigi Ciavardini, ex componente dei Nuclei Armati Rivoluzionari già condannato a 30 anni per la strage di Bologna, a 13 anni per l’omicidio del poliziotto Francesco Evangelista e a 10 anni per l’assassinio del giudice Mario Amato.
Un’immagine che scatenò la reazione dei familiari delle vittime delle stragi, che contestarono la sua nomina alla guida della Commissione. “Per noi fu determinante – ricorda Paolo Bolognesi, presidente onorario dell’associazione delle vittime della strage di Bologna –. Non volevamo avere nulla a che fare con una persona che si faceva fotografare con Ciavardini”.
Colosimo, allora, si giustificò dicendo di aver conosciuto Ciavardini in occasione di iniziative legate al reinserimento dei detenuti e di recente si è scusata per quello scatto. Ma il fatto resta.
Così come è noto che all’interno di Fratelli d’Italia in molti avevano sostenuto pubblicamente tesi alternative alla verità giudiziaria sulla strage di Bologna, attribuendo la bomba del 2 agosto 1980 a piste ormai smentite dai tribunali. Persino la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel 2009, quando era leader di Azione Giovani, aveva firmato una lettera per chiedere la revisione del processo.
Come emerso nelle anticipazioni di Report, la Colosimo oggi prende le distanze da ogni forma di revisionismo: “C’è una sentenza, punto. Non abbiamo nulla a che fare con episodi che condanniamo e condanneremo”.
Ed ugualmente prende anche le distanze da suo zio, Paolo Colosimo, avvocato penalista condannato in via definitiva per la truffa da due miliardi di euro messa in piedi dal faccendiere Gennaro Mokbel, in collegamento con la ‘Ndrangheta e con ambienti dell’estrema destra romana.
Proprio quest’ultima vicenda è al centro del servizio “La Commissione della discordia” che negli ultimi fatti che hanno riguardato la Commissione parlamentare tra cui il disegno di legge che lo scorso ottobre la maggioranza ha presentato in Senato per escludere dall’organo parlamentare d’inchiesta due tra i membri più autorevoli e competenti: Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho.
Alle opposizioni ed ai familiari delle vittime che hanno sempre contestato il potenziale conflitto di interessi della Colosimo per quella sua vicinanza con soggetti della destra eversiva e con lo zio, la Colosimo ha sempre replicato giustificando che l’incontro con Ciavardini “non era istituzionale” e che “quella foto non è una condivisione di idee” né “il tentativo di dare una immagine nuova a quell’uomo”. E sul fratello di suo padre ha sempre dichiarato di aver interrotto i rapporti subito dopo l’arresto, nel 2010.
Ma “Report” ha raccolto nuove testimonianze e documenti che sembrano smentire questa versione. Nel 2014, la parlamentare avrebbe fatto da tramite tra l’agenzia Aicos e lo studio legale Colosimo, guidato proprio dallo zio.
Ed in una mail mostrata da Mottola, la deputata invia una lettera legale firmata dal cugino Francesco, figlio di Paolo. “Non ho mai fatto da intermediaria, avrò solo girato una mail. Io non ho mai incontrato mio zio” replica la presidente dell’Antimafia.
Vedendo la puntata di ieri sera ci siamo fatti l’idea di quanto sta avvenendo con un governo fascista che getta sempre di più la maschera. Chissà cosa faranno il picchiatore fascista e Presidente del Senato, Ignazio La Russa, o il “puffone” Gasparri.
Si vestiranno di “nero” a lutto, si dimetteranno o incalzeranno il popolo con le loro menzogne?









