La Sapienza, lo strano caso del dottorato vinto dal figlio del rettore

In tutta Italia ha avuto una vasta eco mediatica l’inchiesta della procura di Catania, “Università Bandita”, che ha coinvolto 60 docenti e 14 atenei in un sistema squallido di concorsi truccati. Nell’inchiesta è rimasto coinvolto anche il rettore dell’Università La Sapienza di Roma, il cosentino Eugenio Gaudio, che è stato eletto nell’ottobre del 2014, ha terminato il mandato da poche settimane ed è stato designato come nuovo commissario alla sanità calabrese. E non è la prima volta che Gaudio finisce negativamente sui media. “Nell’ateneo romano un episodio di sospette raccomandazioni con al centro il nuovo Magnifico Eugenio Gaudio. Che ora ha un figlio con borsa di studio ottenuta grazie a una prova molto discussa” scriveva nel suo sommario su L’Espresso il giornalista Emiliano Fittipaldi l’8 dicembre del 2014. 

LA SAPIENZA, LO STRANO CASO DEL DOTTORATO VINTO DAL FIGLIO DEL RETTORE. CON IL BIANCHETTO

di Emiliano Fittipaldi

I figli, per italica tradizione, “so’ piezz’ e’ core”. Ma all’Università “La Sapienza” il titolo del film di Mario Merola è diventato legge accademica, così l’ateneo più grande d’Europa è diventato nel tempo icona del nepotismo più estremo. Tra raccomandazioni e favoritismi di ogni tipo, è stata l’epopea dell’ex rettore Luigi Frati a stuzzicare più di altre i giornali e la procura della Repubblica di Roma: sua moglie, sua figlia e suo figlio sono stati infatti assunti alla Sapienza durante il suo lungo regno. Se Frati ha sempre ripetuto che i suoi familiari «se lo meritano», i pm l’hanno indagato per abuso d’ufficio insieme al figlio Giacomo, primario a 36 anni e piazzato – secondo l’accusa – a guidare una struttura di ricerca creata apposta per lui.

Con l’elezione del nuovo Magnifico, avvenuta due mesi fa, in molti speravano in un’inversione di rotta. Ma anche Eugenio Gaudio, anatomopatologo di Cosenza diventato rettore dopo essere stato per anni preside di Medicina, ha già i suoi primi denigratori. «Suo figlio Domenico», racconta un professore a “l’Espresso” «lo scorso gennaio ha vinto un dottorato in Ingegneria. Peccato che andava escluso subito: nel compito scritto ha infatti usato il bianchetto per fare alcune correzioni, violando le regole del bando e il principio dell’anonimato».

È un fatto che il rampollo di Gaudio, laureato con lode, tra settembre e ottobre 2013 ha partecipato al concorso che metteva in palio una borsa in ingegneria strutturale e geotecnica. In genere i risultati vengono pubblicati dopo una settimana, ma stavolta i vincitori vengono annunciati due mesi dopo. Il tempo necessario ai legali dell’ateneo per chiedere un parere sull’eventuale esclusione di Gaudio all’Avvocatura Generale dello Stato.

L’organismo consultivo risponde a inizio 2014, attraverso un fax inviato a Luigi Frati. «Secondo la giurisprudenza prevalente», scrive l’Avvocatura, «non deve essere presente nell’elaborato alcun segno che sia “in astratto” ed “oggettivamente” suscettibile di riconoscibilità… Nel caso in specie è certo che l’uso del bianchetto non potesse essere consentito poiché in astratto considerato un segno di riconoscimento». Epperò, nonostante le norme, per evitare ricorsi «dall’esito incerto», l’Avvocatura suggerisce all’ateneo di perdonare il candidato. Grazie a un’attenuante: prima di cominciare lo scritto la commissione d’esame non avrebbe infatti letto ai candidati l’articolo 8 del bando, quello che – pena l’esclusione dal concorso – obbliga a usare solo «la penna ad inchiostro nero». Il giovane ingegnere, alla fine, è arrivato quinto e ha ottenuto la borsa.

Sentito al telefono, Domenico ammette di aver usato il bianchetto, ma dice di non saper nulla della richiesta fatta all’Avvocatura. L’Ufficio stampa della Sapienza nega raccomandazioni di sorta. «Alcune commissioni hanno segnalato errori meramente formali. Riscontrato che le commissioni non avevano letto le disposizioni e avuto peraltro assicurazione che la correzione dei compiti era avvenuta senza individuazione-correlazione compito candidato, ma esclusivamente su base di merito, l’ufficio legale ha comunque richiesto il parere dell’Avvocatura di Stato», spiega l’ateneo. Che non specifica però quale siano le altre vicende, a parte quella del giovane ingegnere, su cui si sono mossi i legali della Sapienza.

Per la cronaca, il Magnifico Gaudio è uno dei fedelissimi di Frati, e gli intrecci familiari tra i due amici non si contano: entrambi presidi a Medicina, l’ex rettore aveva affidato il figliolo ora indagato al dipartimento del fratello di Gaudio, il cardiologo Carlo. Mentre a Eugenio, suo successore, ha dato in custodia la figlia Paola, diventata ordinaria di Medicina legale con una laurea in Giurisprudenza. Un evento raro, ma alla Sapienza può accadere.

La Sapienza: nessuna irregolarità

In relazione all’articolo di Emiliano Fittipaldi “La Sapienza, lo strano caso del dottorato vinto dal figlio del Rettore. Con il bianchetto” pubblicato sul sito de l’Espresso l’8 dicembre 2014, si rettifica:
1) il titolo “La Sapienza, lo strano caso del dottorato vinto dal figlio del Rettore. Con il bianchetto” e il testo dell’articolo insinuano inequivocabilmente irregolarità verificatesi nel concorso per il dottorato in Ingegneria strutturale e geotecnica, volte a favorire un candidato;
2) la procedura, come risulta dagli atti, è stata esemplarmente corretta e scrupolosa, avendo l’Amministrazione universitaria richiesto un parere all’Avvocatura dello Stato – proprio al fine di mantenere un comportamento legittimo e corretto – e a tale parere si è scrupolosamente attenuta;
3) il professor Eugenio Gaudio all’epoca – l’episodio risale al 2013 – non era Rettore e neanche candidato alla carica di Rettore ed era totalmente estraneo alle procedure in questione;
4) per quanto l’afferenza dei professori Giacomo Frati e Paola Frati ai Dipartimenti universitari richiamati nell’articolo, si fa presente che – nell’attuale assetto della Sapienza derivato dall’applicazione della legge 240/2010 che ha imposto la riorganizzazione e il riaccorpamento dei Dipartimenti – il professor Giacomo Frati afferisce al Dipartimento assistenziale ove sono presenti la Cardiologia e la Cardiochirurgia, essendo questa l’afferenza dipartimentale naturale per la sua specialità;
5) per le stesse ragioni di competenza disciplinare – e non altre – la professoressa Paola Frati afferisce al Dipartimento universitario di Scienze anatomiche, istologiche e medico legali.
Alessandra Bomben, Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Prendiamo atto della precisazione. Che non smentisce di una virgola quanto da me scritto.
E.F.