La storia di Ada Neville: la speranza di una figlia di ritrovare la propria madre

Mamma. Mamma. Un figlio la chiama, la invoca, sempre. Mamma. Un figlio cerca e cercherà sempre la sua mamma. La storia che stiamo per raccontarvi è quella di una donna, del suo coraggio. E’ l’ espressione del desiderio di una figlia che cerca di ricongiungersi con la propria madre. Ada Neville è diventata adulta e ora vuole conoscere la sua mamma, la sua mamma biologica.

Ada è nata all’Annunziata di Cosenza nel 1950 e qui nella nostra città, rimase solo tre anni, poi venne adottata da genitori siciliani. La sua ricerca disperata l’ha ricondotta nella città natale, proprio qui a Cosenza, ma il suo è un ritorno faticoso.

“Cosenza è bellissima, ma per me è tutta in salita. Ogni giorno salivo con speranza e scendevo con le lacrime”.

Le difficoltà non la fermano, anzi la rendono ancora più decisa. “Nonostante le porte sbattute in faccia non mi fermo, sono di nuovo pronta a combattere per il mio diritto”. Il suo è un appello che nasce dal cuore e che arriva dritto all’anima.

“Mamma, sono venuta a cercarti, forse lo hai già saputo, chissà, ho seminato, adesso chissà cosa raccoglierò…Io non mi arrendo.” Ada, si racconta. Racconta se stessa e la sua voglia di riavvolgersi in quell’abbraccio d’amore in quel respiro originario e vitale. Narra se stessa e la fermezza che l’ha spinta verso il suo sogno, verso il suo desiderio primordiale.

“Sbarcata dal traghetto dello stretto di Messina la forte emozione mi regalò forza e determinazione sui passi che volevo e dovevo compiere, quei passi non compiuti prima per mancanza di coraggio. Arrivata a Cosenza, sentivo un’area familiare, mi sentivo bene, ma capisco che era solo una mia sensazione essendo vissuta lì solo i primi tre anni della mia vita. Dopo sessantadue anni mi trovai davanti a quella scala vista sempre in foto dietro il grembiulino a righe, piansi”.

Ada ripercorre i passi, quelli che probabilmente ha compiuto sua mamma con lei in braccio, con lei appena nata. ll battesimo, certo, sì può cominciare da lì. “Ho trovato infinita disponibilità a Santa Teresa. Padre Umberto, mi ha mostrato il registro dei battezzati in ospedale, ho rintracciato la nipote di chi mi ha battezzata….” Ma poche sono le notizie che è riuscita a reperire. “Lei ha la mia età non sa nulla, la mia madrina è morta circa vent’anni fa, sono andata anche al cimitero..”

Alcune delle sue certezze le sono state confermate. “Ho visitato anche la cappella dove fu celebrato il battesimo. Il monaco cappuccino che celebrò fu Padre Gesualdo, questo è sicuro ma che non è morto anni fa . E così è chiusa anche questa speranza”. E nelle sue parole si sente l’amarezza di una sconfitta dovuta all’inesorabilità del tempo trascorso. Ma Ada non è il tipo di donna che si ferma davanti agli scogli. Lei le difficoltà le attraversa e va avanti.

Chiede, conosce, domanda ad ogni cosentino che incontra. Chiunque potrebbe aiutarla, chiunque potrebbe sapere, ricordare, riconoscere. “In undici giorni di ricerche continue la collaborazione la trovai solo sulla gente comune, nei negozi dove chiesi informazioni, nelle persone alle fermate degli autobus, cercai di attaccar bottone con tutti… tutto poteva tornarmi utile”. Ma tra le sue mani raccoglie poco o nulla. Però se non c’è memoria nella gente, ci sarà nelle carte, ancora le carte. Certo negli archivi, in quelli cittadini potrebbe esserci un riferimento, anche una piccola briciola potrebbe essere utile.

“All’ Archivio di Stato, sono stati mlto disponibili. Ma ho trovato solo i documenti della ricostruzione dell’edificio dell’IPAI in via Zara. Biblioteca della curia, biblioteca della provincia…. “ Niente. Eppure insiste. “Arrivai all’archivio della Provincia…e qui trovai il muro. La dirigente immediatamente, senza spostare le chiappe dalla poltrona, mi disse che non c’era nulla. Ci tornai una seconda volta, stavolta impiantai una bella discussione, chiesi di lasciare una richiesta scritta e pretesi il protocollo. Nel frattempo mi scontrai con un’altra impiegata mi appellai anche alla legge che ci riguarda… Ma, sempre le stesse cose, esistono solo tutele per i traumi delle mamme che vengono ritrovate dopo tanto tempo… Ai traumi dei figli non ci pensa nessuno, a ciò che ci portiamo dentro da una vita non importa a nessuno?” E dal profondo del suo dolore Ada lancia un invito a tutti. “Parliamone, facciamoci sentire, c’è ancora oggi scarsissima informazione sull’argomento”.

La ricerca più importante, comunque era d’obbligo nel luogo esatto in cui nacque, l’Annunziata. “La ciliegina sulla torta… l’Ospedale. Mi ci recai il primo giorno della mia permanenza a Cosenza, – continua Ada – e qui ebbi subito lo scontro con l’addetta all’archivio, con la quale era nato un “grande amore” già per telefono a gennaio quando mandai per raccomandata la mia richiesta della cartella clinica con omissis e relativo pagamento per le spese di spedizioni. Cercò di negare di aver ricevuto la richiesta, ma dovette rimangiarsi tutto alla mia presentazione della ricevuta di ritorno. E non avendo altre scuse mi disse : Allora… parli col direttore sanitario. Non desideravo di meglio! “

La nostra figlia coraggio, infatti non demorde e più agguerrita non molla la presa. “Chiesi il protocollo della mia richiesta, mi dovetti spostare per chilometri (sempre a piedi… e non sono una ragazzina) perché gli uffici non sono in ospedale. Ritornai più volte chiedendo di aver messo per iscritto il motivo della mancanza della cartella”. L’ospedale non possiede una cartella clinica di Ada Neville. Impossibile. Sale la rabbia e comincia a litigare con la dirigenza. “Ma perché offendere la nostra intelligenza? Dottore, ma lei ha fatto cercare la cartella con questo nome? Ma stiamo giocando sui sentimenti altrui? Se io sono stata iscritta il giorno 5 al Comune, come può trovare una cartella a mio nome?” Ada è sbigottita, non trova le tracce della sua storia. Un buco, il vuoto che sgomenta. Ma non è tutto perso. Forse. “Al ritorno a casa ricevetti una telefonata dal suddetto dirigente che mi comunicò d’aver trovato un verbale dove c’è scritto che i locali del vecchio archivio subì un allagamento e pertanto le cartelle dal 1913 al 1963 non esistono più”. E ancora “Dottore, ma esistono i registri di ingresso, esistono le visite giornaliere dei medici per i pazienti ricoverati…chi era ricoverato, chi ha partorito il 2 gennaio 1950 alle ore 4? La risposta fu: “ma così è complicato cercare”…. No dottore non è difficile, la verità è che vi scoccia lavorare.”

E sì, la solidarietà non è roba che si trova sempre dietro l’angolo, figuriamoci tra la polvere dei documenti o dietro le scrivanie. Nessuna risposta concreta, dunque, per Ada, solo l’amarezza di non essere riuscita a ritrovare la madre. Ma la storia della nostra amica non finisce mica qui, lei non è donna da arrendersi. Ada cerca, cerca ancora in ogni modo . Lo fa anche su Fb, chiedendo ai suoi contatti di far girare le sue foto, chissà qualcuno potrebbe sapere, qualcuno potrebbe ricordare, riconoscere. La sua ricerca non si placa, continua, il suo sogno resiste. Lei vuole dire “mamma” e vuole stendere le sue braccia stanche per stringere l’anziana donna al suo cuore.

Valentina Mollica