Non si ferma l’attività investigativa sulla morte di Martina Guzzi, la 24enne deceduta il 28 maggio a seguito di un incidente stradale. Ieri mattina gli esperti della Polizia stradale di Catanzaro sono tornati sul luogo dell’impatto. Assieme ai periti della Procura e dei familiari della ragazza (assistiti dalla Gesigroup società specializzata in sinistri stradali) hanno effettuato rilievi per ricostruire l’esatta dinamica dell’impatto avvenuto in viale Magna Graecia all’altezza del quartiere Aranceto. Ora la relazione della Polizia stradale confluirà nel fascicolo aperto dalla Procura della Repubblica.
Nelle scorse settimane è già stata depositata la perizia dei consulenti tecnici della Procura, il medico legale Isabella Aquila e l’ingegnere Roberto Arcadia. Se le conclusioni dei periti verranno confermate, la morte della giovane è da riferirsi al difettoso funzionamento dell’airbag Takata, costruttore giapponese fallito nel 2018 proprio in seguito allo scandalo degli airbag difettosi che ha causato morti e feriti in tutto il mondo. Martina Guzzi sarebbe la prima vittima italiana. Gli accertamenti dei consulenti si sono mossi in due direzioni parallele: l’analisi del veicolo e l’esame autoptico. L’ispezione sulla macchina guidata da Martina Guzzi ha fatto subito emergere una prima anomalia. L’airbag lato conducente era completamente fuoriuscito dalla sede originaria e soprattutto non era ancorato al volante che ha lo scopo di trattenerlo e realizzare il “cuscino d’aria” a protezione del conducente dagli urti contro gli elementi interni dell’abitacolo.
Insomma, in questo stato non avrebbe potuto assolvere alla sua funzione di evitare di sbattere contro il volante. Analizzando l’involucro dell’airbag, il perito ha riscontrato un buco. Secondo le conclusioni dei consulenti della procura a lacerarlo sarebbe stata la fuoriuscita di un corpo metallico che ha così impedito al cuscino d’aria di gonfiarsi e ha consentito invece la fuoriuscita di massa gassosa generata dall’innesco della reazione chimica endotermica. In pratica al momento dell’impatto l’airbag sarebbe esploso senza gonfiarsi espellendo un oggetto metallico e una nube gassosa a temperatura elevata.
Dall’analisi effettuata, l’esplosione anomala dell’airbag potrebbe essere stata generata da una doppia causa: l’instabilità del composto termico e il design della bomboletta che lo contiene. Il composto chimico per umidità e temperature si sarebbe alterato, facendo esplodere l’airbag a pressioni superiori a quelle previste generando una vera e propria esplosione. Per l’ingegnere Arcadia quindi il dispositivo airbag “era difettoso e ha avuto un funzionamento irregolare che ha sicuramente contribuito o determinato la lesività mortale”.
Anche l’esame autoptico si è concentrato sulla presenza sul corpo della vittima di un’unica ferita. la dottoressa Isabella Aquila ha escluso “altra lesività traumatica riconducibile all’incidente in cui è rimasta coinvolta la signora Guzzi”. Per la consulente della procura si può concludere che la sua morte sia “in nesso di causalità diretta con un malfunzionamento del sistema di detonazione dell’airbag”. Secondo la relazione, proprio l’airbag “a seguito dell’urto, proiettava ad alta energia cinetica un corpo metallico con modalitù di urto e lesività assimilabili a ferita d’arma da fuoco (effetto pallettone)”.
Le indagini comunque vanno avanti. la famiglia di Martina Guzzi, che ha affidato l’incarico di tutelare i propri diritti alla Gesigroup, società esperta di incidente stradali, era intervenuta per chiedere assoluta chiarezza. Fonte: Gazzetta del Sud