L’allarme di Bankitalia sul Pnrr: miliardi a rischio anche in Calabria

I fondi ci sono, la capacità di spesa un po’ meno. È da una ricerca di Banca d’Italia, che sarà presentata nei prossimi giorni alla Fondazione Astrid, che emergono aspetti negativi e qualche nota positiva sullo stato di avanzamento del Pnrr e dell’annesso Piano nazionale complementare, il “bancomat” da quasi 230 miliardi, soprattutto prestiti, da cui attingere fino al 2026. E se per il momento non è allarme rosso, poco ci manca. A preoccupare è soprattutto la fragile capacità di spesa mostrata dai Comuni del Mezzogiorno e, in particolare, della Calabria. Per portarsi al passo con i programmati, gli enti locali dovrebbero aumentare del 64% la loro capacità annua per investimenti. Facile a dirsi, (quasi) impossibile a realizzarsi considerata l’atavica farraginosità della macchina amministrativa locale.

La situazione attuale

Secondo Banca d’Italia, la quota del 40% di risorse del Pnrr da destinare al Mezzogiorno non solo è rispettata, ma addirittura superata attestandosi al 41,5% (con più del 50% delle risorse finora allocate tra Regioni, Province e Comuni). A fine 2022 risultavano assegnati 122,5 miliardi del Pnrr (pari al 63,9% del totale) e 16,5 miliardi sul versante del Pnc (pari al 53,9% della dotazione complessiva). Il maggiore grado di assegnazione delle risorse riguarda la Missione 3, quella relativa alle infrastrutture e in particolare quelle ferroviarie: è qui, non a caso, che la distribuzione territoriale dei fondi “premia” soprattutto il Mezzogiorno destinatario di opere strategiche come l’Alta velocità Napoli-Bari, Salerno-Reggio Calabria e Palermo-Catania-Messina. Peccato, tuttavia, che si tratti di opere – soprattutto l’Alta velocità in Calabria – congegnate in maniera alquanto bizzarra e che difficilmente vedranno la luce nei tempi inizialmente programmati.

I fondi a rischio

In totale, al Sud è stato finora assegnato il 41,5% delle risorse dei due Piani al netto, osserva lo studio di Banca d’Italia, di quelle destinate a interventi non territorializzabili che rappresentano il 13% del totale. A tal proposito, il Dipartimento delle Politiche di coesione, si legge nello studio, ha evidenziato che al 30 ottobre scorso «il 30% delle risorse fino a quel momento distribuite con procedure competitive era soggetto ad un rischio medio-alto di riallocazione al di fuori del Mezzogiorno. Si tratta di risorse per 14,2 miliardi per le quali o il vincolo di destinazione territoriale non è associato a clausole di salvaguardia o esistono disposizioni di allocazione su base nazionale in caso di mancato assorbimento della quota riservata da parte del Mezzogiorno». Va specificato, comunque, come il monitoraggio si basi sui dati disponibili, spesso aggiornati in ritardo per la complessità delle procedure di rilevazione.

La Calabria corre ai ripari

Qualche giorno fa è stata approvata in commissione, seppur tra le proteste dell’opposizione, una proposta di legge recante “Misure urgenti per le attività di affiancamento nell’attuazione del Pnrr e dei fondi Sie. In sintesi, la ratio del provvedimento è quella di utilizzare i precari nella “sfida” del Pnrr, aiutando le amministrazioni locali più in difficoltà dal punto di vista delle carenze di pianta organica. I soggetti, da impiegare per 12 mesi, verranno selezionati dall’elenco unico dei lavoratori precari della Regione, “fotografato” per ultimo nel decreto 11614/2020. Da questo elenco verranno indirizzati verso gli enti locali in totale 209 lavoratori: 125 di categoria D e 84 di categoria C. Adesso l’atteso passaggio finale in Consiglio regionale. Attesa poi la costituzione alla Cittadella di una cabina di regia dedicata agli investimenti dei fondi Pnrr. Fare presto e spendere bene sarà una missione tutt’altro che semplice. Fonte: Gazzetta del Sud