Lamanna e Foggetti confermano: “A Cosenza voto di scambio”

Siamo nel 2011, giorno 16 maggio, e da poco si sono chiusi i seggi per le elezioni amministrative a Cosenza.

Lo spoglio del giorno dopo sancisce il ballottaggio: Occhiuto e Paolini saranno gli sfidanti. E la guerra dei manifesti in città si riapre. Paolini ha condotto una campagna elettorale dai toni forti: oltre che ad illustrare la sua idea di città, attacca il suo avversario sull’enorme mole di debiti che ha. Tutti prodotti dai fallimenti delle decine di società che fittiziamente Mario Occhiuto creava solo per frodare denaro pubblico e non pagare fornitori e lavoratori. Una montagna di debiti. E Paolini non si lascia sfuggire l’occasione.

Mette tutto nero su bianco e dà ordine alle sue squadre di attacchinaggio di tappezzare la città con un manifesto che elenca le insolvenze dell’ex sindaco. Dalla Secop in poi.

Così dice il manifesto: “… Occhiuto tace sui suoi debiti, non dice che è amministratore unico della società di costruzioni “Oltrestudio srl” che ha debiti a bilancio per 8 milioni e mezzo di euro e contro la quale pendono quattro pignoramenti presso terzi per 28mila euro e quattro istanze di fallimento da parte di altrettante società creditrici per 58mila euro, che si discuteranno in Tribunale il prossimo 10 giugno…”.

E ancora: “… L’architetto Occhiuto, che aspira ad amministrare il bilancio Comunale di Cosenza, non dice che nel dicembre 2010 ha subito il protesto per cinque cambiali di 46mila euro non onorate e attualmente ha ipoteche per centinaia di migliaia di euro. Cosa gravissima, nel 2005 ha subito una condanna definitiva a quindici giorni di reclusione per omesso versamento dei contributi previdenziali dei suoi dipendenti e ora ha pendente un procedimento penale di medesima natura che si discuterà il prossimo 28 settembre…”. 

Una campagna aggressiva, quella di Paolini, che non sarà ben vista dai cittadini che, come si sa, premieranno Occhiuto. Il finto perbenismo dei benpensanti a nonna della città reputa squallido il modo con cui Paolini ha deciso di attaccare Occhiuto. E qualcuno paragona l’uscita di Paolini sui debiti di Occhiuto a quella della Moratti, candidata a Milano contro lo sfidante Pisapia, che lo accusava, durante l’ultimo confronto in tv, di un furto di un’auto avvenuto in gioventù.

Mossa che, a detta degli analisti dell’epoca, costò la vittoria alla Moratti, perchè i milanesi non avevano gradito quel modo di accusare l’avversario.

Sta di fatto che Paolini non si ferma e tappezza la città di manifesti anti Occhiuto.

Daniele Lamanna

E qui inizia il racconto di Daniele Lamanna, che spiega bene per filo e per segno come funzionava, non solo l’attacchinaggio, ma anche le alleanze tra politici e mafiosi a quell’epoca. Alleanze che come si sa, oggi sono oggetto di una approfondita inchiesta condotta dalla DDA di Catanzaro sul voto di scambio politico/mafioso proprio su questa tornata elettorale, e non solo.

Un’ inchiesta che nasce dalle dichiarazioni di molti pentiti di ‘ndrangheta, a cominciare dalle dichiarazioni di Foggetti di cui abbiamo pubblicato i verbali. Giova ricordare che prima di noi i verbali furono pubblicati, almeno in parte, dal Corriere della Calabria: non è dunque un modo di fare “giornalismo” prettamente solo cosentino, come dice il dottor Luberto.

Foggetti nelle sue dichiarazioni parla dell’alleanza che il suo clan avrebbe stretto prima con Paolini, per poi mollarlo al ballottaggio, schierandosi con Occhiuto. Una tesi che Daniele non solo avalla ma dettaglia. E questo racconto ne è la prova.

manifesto occhiuto campagna 2011

Mancano pochi giorni al ballottaggio e le squadre di attacchini al servizio di Paolini si danno da fare. Attaccano manifesti a tutto spiano. Nel mentre qualcuno chiama Occhiuto dicendogli che la citta è piena di manifesti con i suoi debiti.

Mario corre subito ai ripari, mobilitando di contro altrettanti attacchini con lo scopo di coprire tutti i manifesti dell’avversario. E parte la squadra. Ma i ragazzi, arrivati a piazza Europa in pieno giorno (sono le 12,00), vengono raggiunti dai loro “colleghi” che con fare malandrino chiedono subito conto del perché stanno coprendo i loro manifesti. E si forma un capannello che in maniera agitata inizia un battibecco.

Il tutto sotto gli occhi della città, che a quell’ora passa con le auto e vede la scena. Gli animi sono agitati e non c’è modo, al momento, di trovare un accordo. Perché entrambe le squadre vantano guapparia.

Uno stallo che mette in difficoltà i responsabili della “comunicazione“, chiamiamoli così, di entrambi gli schieramenti, che contattano i rispettivi boss per chiedere come comportarsi.

Qualche minuto e arriva una comunicazione che dice: è in corso una riunione a Santu Vitu, bisogna temporeggiare in attesa del responso. E tutti si fermano.

Passa quasi un’ora e arriva il responso: tutti si devono adeguare, i manifesti di Paolini contro Occhiuto si possono coprire. Segno evidente che gli zingari, dopo questo incontro, cambiano rotta. E via con la copertura. Tutti sono d’accordo. Paolini non è più il loro candidato.

E per Paolini non resta altro da fare che prenderne atto. Da qui scoppieranno una serie di diverbi proprio tra gli zingari e Paolini. Gli zingari, nonostante il “tradimento”, pretendono ugualmente il pagamento del loro “lavoro”.

Una richiesta che Paolini non intente assecondare perché si sente tradito. E questo, come si sa, avrà ripercussioni sull’attività politica del PSE, fino all’incendio della sede come avvertimento per l’avvocato. Che non molla e non paga.

Il resto lo conoscete già. Questo racconto mette in evidenza senza ombra di dubbio l’esistenza di un accordo tra candidati e malavita e ovviamente Daniele non si è fermato qui. Continua i suoi racconti che perfettamente si incastrano con i racconti dei suoi colleghi pentiti. Il tutto corredato da nomi cognomi, circostanze e luoghi. Che noi non riportiamo per non incorrere di nuovo in spiacevoli inconvenienti, chiamiamoli così. Ma che presto leggerete nelle ordinanze.

GdD