Lamezia 2025. La normalità smarrita nella foresta della politica e la Donna… del destino

LA NORMALITA’ SMARRITA NELLA FORESTA DELLA POLITICA

di Fiore Isabella

A distanza di quarant’anni dalla mia esperienza di candidato nella campagna elettorale amministrativa a Lamezia Terme, sembra che siano passati secoli. Sono sparite tante cose che la globalizzazione e, ancor prima, il suicidio del Partito Comunista Italiano  si è portate via, insieme a quel secchio di colla parcheggiato in un angolino della sezione comunista pronto per essere imbarcato, verso le periferie più lontane, nel cofano della vecchia Opel Kadett insieme ad un sobrio numero di manifesti; i nostri manifesti erano rigorosamente sprovvisti di immagini di dentiere smaglianti.

Oggi le dentiere foriere di sorrisi accattivanti, i visi curati e le mascelle volitive, vanno alla ricerca del consenso di chi dalla politica si aspetta rassicurazione e protezione; non certo spazi di protagonismo che un tempo vivevamo solo attaccando un manifesto. E mentre oggi è sufficiente al politico, per essere ritenuto affidabile, l’esposizione sui social  o l’insegna luminosa della segreteria del politico, sormontata, diciamo per caso, dall’immagine di San Francesco di Paola, ai miei tempi non si poteva prescindere dai programmi per la città e dall’attività delle sinapsi che mettevano in relazione i pensieri empirici con il fascino delle utopie. Oggi nulla di tutto questo!

E  mentre l’attivismo dei partiti  che hanno governato in questi ultimi anni al Comune di Lamezia Terme (dove a fine maggio si vota), alla Provincia di Catanzaro e alla Regione Calabria, legittimamente per carità, appare addirittura eroico, la realtà effettuale evidenzia criticità il cui superamento richiederebbe, per affermare il diritto dei cittadini alla normalità, la conoscenza del territorio i cui bisogni ignorano.

L’altra mattina,  in possesso esclusivo delle risorse della pensione, che mi hanno permesso di assumere, un giovane africano, ho raccolto, insieme a lui, le buste della spazzatura lanciate da qualche automobilista in transito, “‘ncrisciusu” e pure idiota,  nel mio appezzamento di terra, sottostante alla provinciale 73. Ma ho fatto di più, sempre sulla strada provinciale da più di due anni sosta al’interno del guard rail un segnale di pericolo ancorato ad un palo di rubinia con la scritta “BUCHE!”.

L’altra mattina, il mio bravo bracciante di colore, ha restituito visibilità a quel segnale criptato da arbusti e da piante di finocchio selvatico. Se non fosse per le buche che sono ancora lì a testimoniare l’assenza di chi dovrebbe rimuoverle per garantire la sicurezza dei cittadini che amministra e ai quali chiedono il voto senza vergogna, ci sarebbe quasi da godere di questa  immagine teneramente bucolica: al posto del pastore Titiro disteso al verde rezzo d’ombroso faggio, il giovane maliano con la maglietta inzuppata di sudore ha reso visibile il segnale di pericolo che l’amministrazione provinciale di Catanzaro ha dimenticato; come le buche sull’asfalto che ancora permangono e, chissà, per quanto tempo ancora.

Di fronte alla normalità che dovrebbe occupare i pensieri di chi fa politica e pensa di farla come servizio ai cittadini, ci si occupa di altro, come il ponte tra Scilla e Cariddi. Opere che non bypassano gli arbusti  che nascondono la segnaletica, i pali dell’illuminazione pubblica che scivolano a valle , le buche che rendono le strade intransitabili, i sampietrini di Piazza Fiorentino saltati dalla loro dimora senza che nessuno se ne accorga, il letto del torrente Cantagalli, eletto a depositario di vincolo paesaggistico  ormai introvabile perché coperto da inestricabile vegetazione. E tutto questo mentre il Consorzio di Bonifica continua a spedire bollette applicando (prendo a prestito dalla Signora Meloni, prima che diventasse primo ministro) un miserevole e reiterato pizzo di stato. E allora, che fare? Io non so  se, a Lamezia Terme, per riappropriarsi della normalità del quotidiano amministrare siano sufficienti: un bravo avvocato, neofita della politica; il ritorno in campo di un politico di militanza datata; il ritorno della Donna del destino. Quel che appare evidente è lo scadimento della didattica della politica che non si configura più come un laboratorio ideale in cui stanno insieme il progetto di città vivibile con la visione complessiva del mondo in cui vogliamo vivere.