“Lamezia 2025, vi spiego perché Doris Lo Moro ha perso”

La sonora batosta di Doris Lo Moro al ballottaggio perso contro Mario Murone a Lamezia, non è un risultato del tutto a sorpresa come si potrebbe credere in modo superficiale. Esistono almeno tre ragioni che via via lo hanno rivelato sino alla conferma dell’esito finale di lunedì scorso.

PRIMA RAGIONE – Cominciamo dall’inizio: la candidatura della Lo Moro è nata male, perché il Partito Democratico l’ha subito osteggiata: i “contrari” hanno tutti un nome ed un cognome. Nicola Irto, Amalia Bruni e Jasmine Cristallo. Hanno provato in tutti i modi a impedire che l’ex parlamentare incassasse la candidatura, facendo commissariare il circolo locale; poi hanno dovuto cedere con un accordo che alla fine non ha pagato. Alla candidatura a sindaco ambivano sia Gianni Speranza che Rosario Piccioni (esterni al PD). Si è provato ad arruolare lo stesso Murone, ma le aderenze romane della Lo Moro alla fine l’hanno fatta prevalere. In cambio del via libera però è stata chiesta ed ottenuta la candidatura a consigliere nel PD di Piccioni (che alla fine è stato trombato) e l’impegno a votare tutti con il voto di genere per Lidia Vescio, il cui nome era stato fatto pure come alternativa a quello della stessa Lo Moro.
SECONDA RAGIONE – Ed è proprio in questo “accordo” che si origina la seconda ragione della bocciatura di Doris Lo Moro al ballottaggio: la mancata elezione dell’ex delfino di Gianni Speranza, Rosario Piccioni (che ora dovrà andarsene a Genova ad insegnare per non perdere la cattedra, “rinviata” per anni grazie alla sua attività di assessore prima e di consigliere dopo). La Lo Moro credeva di avere pacificato tutto ma si è trattato solo di una finta pace, perché al secondo turno l’ex magistrato non è riuscita a incrementare il numero di voti del primo turno, necessario per raggiungere e quindi superare quelli di Murone (avanti di quasi 4500 preferenze). A “tradire” la Lo Moro sono stati alcuni seggi in particolare (S. Eufemia e Bella) dove aveva battuto largamente Murone. È risaputo che l’elettorato di centrosinistra difficilmente tradisce le proprie idee. A rafforzare questa “pista”, vi è il divario di oltre 4000 voti tra quelli del referendum e quelli del ballottaggio per la candidata a sindaca.
Altro errore è non essersi apparentata ufficialmente con il candidato Giampaolo Bevilacqua spostando così il baricentro della sua coalizione ancorato troppo a sinistra.
E poi ancora: il superamento del 50% + 1 del centrodestra è stato causato dai troppi no della Lo Moro a diversi candidati che le si erano proposti, rivelatisi un vero suicidio visto che per soli 145 voti il CDX ha ottenuto la maggioranza di fatto azzoppandola pur se fosse diventata sindaca.
TERZA RAGIONE – La terza ragione che ha determinato la cocente sconfitta della Lo Moro, sta nel come lei ha condotto la campagna elettorale, tradita dal suo carattere (che non è cambiato nel corso dei decenni) e da una linea votata a sminuire l’avversario che alla fine ha sortito l’effetto opposto. La candidata del centrosinistra è apparsa agli occhi dei cittadini, soprattutto nei confronti televisivi, come arrogante, presuntuosa e offensiva verso Murone. Quest’ultimo è stato abilissimo a stuzzicarla, con la sua pacatezza ed apparente bonomia, suscitando una serie di gravi falli di reazioni che gli elettori hanno giudicato negativamente. Invece di parlare di programmi, si è perso tempo a rispondere in modo aggressivo e spesso offensivo alle velate insinuazioni del candidato del centrodestra.
Ma gli errori non finiscono qui: la Lo Moro ha ostentato un’eccessiva sicurezza, ripetendo sempre che avrebbe vinto come fosse un fatto scontato e automatico. A volte un’eccessiva sicurezza può sfociare nella presunzione. A conferma di ciò la valanga di commenti negativi apparsi sui social che alla fine hanno tratteggiato il profilo di una persona invisa a molti cittadini.
Altro errore è stato quello di ricordare come un disco rotto le opere del passato: solo negli ultimi giorni si è accorta che bisognava parlare dei problemi attuali e più urgenti della gente, riconoscendo che il successo elettorale dell’altro candidato Giampaolo Bevilacqua è dipeso proprio da questa linea. Non a caso Jean Paul si era autoproclamato come sindaco del popolo.
Arroganza, saccenza, prepotenza, supponenza ed autoesaltazione hanno finito con l’aggiungersi a comportamenti di eccessivo rigore manifestati al tempo in cui fu sindaca della città per otto anni consecutivi.
La vicenda della soppressione dell’Asp di Lamezia Terme, pur se spiegata nei minimi dettagli con un libriccino, non ha convinto i cittadini, molti dei quali hanno votato contro di lei proprio per questo.
L’ultimo errore, forse decisivo per la sua sconfitta, è che lei nei dieci anni in cui è stata parlamentare (deputata e senatrice) non si è mai vista in città. Mai ad una festa, mai ad una processione o a un convegno. Lei stessa lo ha confermato involontariamente e più volte nei suoi interventi pubblici in questi due mesi, rivelando di aver rivisto con piacere tra il pubblico persone che non vedeva da decenni.
In conclusione:
1) la falsa unità del Partito Democratico (che rappresenta la sostanza e la maggioranza del centrosinistra),
2) la vendetta degli speranziani,
e 3) l’errata strategia comunicativa in campagna elettorale, hanno sancito una sconfitta che forse poteva essere evitata con un pizzico di umiltà in più ed un reale coinvolgimento di altre figure a suo sostegno. Se Mascaro è stato isolato dai partiti del centrodestra per esser stato l’uomo solo al comando, allo stesso modo la Lo Moro ha perso le elezioni per essersi posta come la donna sola al comando.
L’esperienza accumulata da parlamentare alla fine non le è servita a nulla, almeno non in ambito locale, dove i rapporti umani – coltivati e consolidati nel tempo – sono alla base del vero e duraturo consenso.
Il rigore, la durezza e i troppi “no” del passato, non sono stati dimenticati e hanno prevalso sulle cose buone fatte e che sono tante.
Col senno di poi sarebbe stato meglio non candidarsi e lasciare spazio davvero a altri, più giovani e “sconosciuti”. Murone ha vinto perché nonostante i suoi sessant’anni è “nuovo”, “inedito”, con tutti i suoi limiti e nonostante i vecchi volponi alle spalle che lo dirigeranno finché non imparerà a camminare da solo (?).
Nel frattempo la città rischia di morire, o forse è già morta.
Lettera firmata