Lavoratori anno zero
Chiunque in questo Paese decida di aprire un giornale troverà, in qualsiasi giorno dell’anno, la notizia dell’ennesimo incidente mortale sul lavoro. È una costante italiana, ormai, un vero e proprio bollettino di guerra quotidiano. Tant’è vero che, dinanzi all’infortunio in cui miracolosamente si registra soltanto qualche ferito, non si tira solo un sospiro di sollievo, ma si resta – più o meno consapevolmente – sorpresi.
È solo un caso, ad esempio, che ieri – 22 luglio – dei 3 operai investiti dallo zinco incandescente in una fabbrica del milanese nessuno sia morto. Ed è sempre grazie alla sorte che l’operaio di 60 anni precipitato, a Mesagne, in seguito al cedimento di un solaio si è salvato, seppur in gravi condizioni.
Non così bene, purtroppo, è andata all’operaio di 64 anni che ha perso la vita all’aeroporto di Fiumicino e al lavoratore quarantanovenne della provincia di Vicenza, morto dopo essere caduto dal cassone di un camion lo scorso 16 luglio.
Senza sosta, senza alcuna soluzione di continuità, lavoratrici e lavoratori muoiono da una parte all’altra della Penisola. E, mentre muoiono, mentre decine di famiglie piangono i loro caduti interrogandosi con terrore sulla propria condizione economica, la politica tace.
Da tre anni la grandissima maggioranza degli italiani ignora il nome del Ministro del Lavoro, l’on. Marina Elvira Calderone, da tre anni questo governo lavora come se in Italia i lavoratori non esistessero. Il suo compito, anzi, sembra quello di picconare minuziosamente le conquiste ottenute, con le lotte e – letteralmente – col sangue, dal movimento operaio italiano.
Qualche giorno fa, giusto per limitarci ad alcuni elementi eclatanti, la destra aveva presentato un emendamento – poi ritirato grazie alle denunce dei parlamentari di AVS – col quale si impediva ai lavoratori di recuperare ferie, stipendi e contributi non pagati prima del 2020. Parallelamente, nonostante gli stipendi non vengano adeguati realmente al costo della vita da circa 30 anni, questo Governo si ostina a non legiferare in tema di salario minimo: ed ecco che in Italia è sempre più un pullulare di contratti capestro, in cui un lavoratore può anche percepire meno di 5 euro l’ora.
Di lavoro, come abbiamo detto, si muore, ma non c’è l’ombra di investimenti pubblici sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sul potenziamento delle attività di ispettorato nei cantieri e nelle campagne ove regna sovrano il caporalato. Il motivo è semplice: questo governo è amico del caporali, questo governo è amico degli speculatori e degli imprenditori disonesti!
L’esistenza di una grande rete di “solidarietà capitalistica” è dimostrata, tra l’altro, da tutta una serie di comportamenti vergognosi messi in atto da alcune aziende. Pensiamo, ad esempio, alla Max Mara di Reggio Emilia – uno dei presunti fiori all’occhiello del tanto decantato “Made in Italy” -, le cui lavoratrici sono entrate in sciopero non solo per opporsi ai permessi negati e ai ritmi di lavoro insostenibili, ma anche per protestare contro le vessazioni di chi si è sentito in diritto di definirle “vacche da mungere”. Pensiamo a una realtà a noi molto più vicina, quella di Ecologia Oggi, che ha pensato bene di licenziare un proprio lavoratore solo per aver parlato, per aver scritto su Facebook un commento sul degrado urbano della città di Cosenza. Come non citare, poi, il deplorevole caso dei lavoratori della CONAD e di alcune aziende collegate messi alla porta a Castrovillari e a Montalto Uffugo per il solo fatto di essere iscritti alla CGIL?
Si tratta, a ben vedere, di comportamenti che portano indietro le lancette della storia al XIX secolo, allorquando gli imprenditori – ma chiamiamoli con il loro nome più autentico, i “padroni” – potevano decidere della vita dei propri sottoposti, ancora indifesi e privi di sindacati, associazioni, partiti che si battessero per i loro diritti. In qualche modo, stiamo tornando a rapidi passi all’anno zero delle tutele lavorative, delle sicurezze salariali, della dignità del lavoro.
Tutto ciò è divenuto possibile, poiché, dopo la caduta del muro di Berlino, la sinistra non ha più saputo opporre una reale alternativa all’universo neoliberista che, proprio negli anni ‘90, avrebbe ottenuto la sua consacrazione globale. Al contrario, ampia parte dei partiti socialdemocratici e postcomunisti del Vecchio Continente ha creduto che, per andare al governo, fosse inevitabile accettare, almeno in parte, proprio quel paradigma neoliberista che dello sfruttamento e della precarizzazione economica faceva la propria bandiera.
Ed è qui che si condensa la più grande sfida politica che il Campo Progressista deve intestarsi e combattere in Calabria, come nel resto del Paese: rimettere al centro dell’azione politica la questione del lavoro, battersi per ridare alle lavoratrici e ai lavoratori quella dignità che l’attuale sistema non può e non vuole garantire, lottare per un modello di società fortemente alternativo, in cui siano i lavoratori, non i ricchi imprenditori a guidare le sorti della nostra Terra.
In una parola: se la Sinistra unita vuol vincere e governare col sostegno dei cittadini, che torni a essere Sinistra!
Michele Cosentino – Segreteria Provinciale Sinistra Italiana Cosenza









