Le cantate di Adolfo Foggetti: imprenditori allo stremo

Imprenditori allo stremo che pur di tutelarsi piuttosto che rivolgersi alla procura di Cosenza (per certi versi li capiamo), preferiscono rivolgersi alla ‘ndrangheta. Questo “racconto”, che addolora per le vessazioni subite dall’imprenditore, restituisce il senso comune che si ha della magistratura cosentina: meglio starne alla larga.

…Tale richiesta di somme di denaro all’imprenditore Sandro Manna non fu né la prima né l’ultima che avanzammo al Manna medesimo. Rappresento che abbiamo portato allo stremo il Manna, il quale più volte ci riferiva che non ce la faceva più a pagare ed era esausto e sfinito. A fronte delle nostre richieste estorsive il Manna, che era quindi sfinito, si rivolse ad E. M. che era un esponente della ‘ndrangheta reggina in quanto parente di appartenenti alla cosca Molè, affinchè in qualche modo intercedesse a suo favore nei confronti nostri per limitare i danni, o contenere le pressanti richieste estorsive.

Una delle situazioni particolari era proprio quella che riguardava la questione del ristorante denominato “Stretto Stretto” di proprietà di A. A., laddove le attrezzature necessarie erano state acquistate con denari di Sandro Manna. Egli, allorquando noi andavamo a richiedere somme di denaro, ci diceva che ancora non aveva ricevuto la restituzione dei soldi del pagamento del prezzo delle attrezzature utilizzate da A. A. e quindi versava in una situazione di difficoltà economica.

Pertanto noi, quasi per punire A. A., chiedevamo a lui i soldi che egli avrebbe dovuto dare a Manna. A fronte di queste vessazioni il Manna chiese aiuto ad E. M. e il Manna mi disse che appunto E.M. voleva incontrarmi e se fosse stato possibile recarmi da lui in quanto agli arresti domiciliari. Nell’occasione in cui andai a portare i due assegni di 9.000 euro ciascuno a M. A., approfittai anche per andare a trovare presso la sua abitazione E. M.

In quell’occasione ci recammo con A. delle illuminazioni da M. A. a Gioiosa come sopra detto. In quella occasione chiedemmo a tale M. P. dove fosse ubicata l’abitazione del E. M. Egli ci indicò un’attività di videopoker dove avremmo potuto chiedere informazioni circa l’abitazione di E. M. e il titolare di tale esercizio commerciale accompagnò me, A. delle illuminazioni e M. A. a casa di E. M. Alla fine ci accordammo che in buona sostanza gli 800 euro al mese che A. A. doveva restituire a Manna per effetto del finanziamento dei beni del ristorante “Stretto Stretto” e che invece A.A. pagava a noi, sarebbero stati pagati, tramite bonifico, da parte di A. A. a favore di un soggetto indicato da E. M. 

Tale vicenda si verificò per non più di due o tre mesi perché Sandro Manna aveva un ulteriore debito nei nostri confronti e dico nostri poiché il debito era nei confronti di A. I. che il Manna non pagava. La vicenda riguarda un debito che il Manna aveva nei confronti di A. I..

A detta del Manna, circostanza questa confermatami anche da A.I. stesso, quest’ultimo però richiedeva e rivendicava da Manna il pagamento di somme di denaro ulteriori e ben più cospicue rispetto al debito originario. E ciò anche perché A. I. stesso ci confermava e ci riferiva che il di più richiesto al Manna sarebbe stato elargito sia a me che al Rango che ci stavamo impegnando per il recupero del credito.

Pertanto sia io che Rango, anche insieme, più volte abbiamo pesantemente minacciato il Manna affinchè pagasse le somme di denaro richieste da A. I.. Il Manna ebbe a consegnare a me e a Rango tali somme di denaro che venivano dal Manna consegnate a S. S. che ce le faceva recapitare. Rappresento che fino al momento in cui io sono stato destinatario del fermo avanzato dalla DDA di Catanzaro con riguardo all’omicidio di Luca Bruni, il Manna ci ha consegnato, secondo le modalità sopra descritte, somme di denaro che erano di gran lunga esorbitanti e quindi superiori rispetto al credito che A. I. richiedeva nei suoi confronti.

(2 – Continua)