Il Tribunale di Milano ha condannato l’ex assessore regionale lombardo Domenico Zambetti a 13 anni e mezzo con l’accusa di aver comprato quattromila voti alla ‘ndrangheta per le regionali del 2010. I giudici hanno inflitto pene fino a 16 anni e mezzo di carcere. Assolto Alfredo Celeste, ex sindaco di Sedriano, il primo Comune del milanese sciolto per mafia. Inflitti 12 anni ad Ambrogio Crespi, fratello di Luigi, l’ex sondaggista di Berlusconi, e 16 anni e mezzo a Eugenio Costantino, referente della cosca Di Grillo-Mancuso.
Questo nome, Domenico Zambetti, non ci è nuovo e ci riporta dritto ad alcune rivelazioni dei pentiti cosentini, in questo caso Ernesto Foggetti.
Le cantate di Ernesto Foggetti arrivano al livello più alto: giudici e politica.
Non s’era mai visto in Lombardia un politico pagare i gangster della ‘ndrangheta per avere un pacchetto di voti sicuri. Erano voti pagati in contanti, a caro prezzo, 50 euro circa l’uno, quelli presi da Domenico Zambetti, 60 anni, Pdl. Era stato eletto alle ultime competizioni con 11.217 voti di preferenza, quindi nominato assessore alla Casa al Pirellone.
Secondo l’inchiesta, ha dovuto pagare ai clan calabresi, in varie rate, 200mila euro. Una è di 80 mila, una versata il 31 gennaio 2011 e l’ultima rata, 30 mila euro, è stata pagata nell’associazione culturale ‘Centro e libertà’. Ad incassarli, secondo l’accusa, P. D’A., gestore di locali notturni, già condannato negli anni scorsi per traffico di droga, che appartiene alla cosca calabrese Morabito-Bruzzaniti; l’altro, referente del clan Mancuso, è l’imprenditore E. C.
Ma non mancano le cantate su un giudice di sorveglianza cosentino, la dottoressa Paola Lucente. A quanto pare strettamente legata a questa matassa.
… Con riferimento alla domanda che l’ufficio mi pone con riguardo ad appartenenti alle istituzioni debbo riferire anche circostanze che riguardano un magistrato della sorveglianza di Catanzaro e segnatamente della dottoressa Lucente.
Devo riferire, per inquadrare la vicenda, che ho conosciuto tra gli anni 2009/2010 tale P. D’A. esponente delle famiglie di Reggio in Milano, col quale è cominciato un rapporto di frequentazione ma non di affari illeciti. Per effetto della mia frequentazione con il P. D’A. ho avuto modo di verificare i suoi contatti con appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta di tutta la Calabria, operanti in Lombardia anche in Liguria e in Toscana. Queste famiglie di ‘ndrangheta operanti in Lombardia erano i Mancuso, tale C. S., tale T. che, se non ricordo male, all’epoca era latitante e che ho rivisto poco tempo fa ma da libero, poi F. S., ragioniere del clan Barbaro.
Ho avuto modo di assistere anche ai rapporti di tale Mancuso, uomo sui quarant’anni, alto, di corporatura normale, ma di cui non ricordo il nome. Egli mi fu indicato da zio P. D’A. come un Mancuso e io a tale Mancuso ho riferito che conoscevo E. M., figlio di P. e lui mi riferiva che era o un cugino o un nipote del Mancuso di cui sopra.
Il P. D’A. anticipava delle somme di denaro al Mancuso medesimo per finanziare appunto traffici di droga tra il Mancuso medesimo e serbi che si muovevano tra le Marche e l’Abruzzo.
Ho visto P. D’A. alla mia presenza fare conteggi di somme di denaro con appartenenti alla famiglia Raso in Liguria e tale C. alias “B.”.
Al momento non ricordo quali fossero gli esponenti delle famiglie di ‘ndrangheta ma ricordo di essermi recato con P. D’A. in Siena.
In una occasione il P. D’A. frequentava anche politici della Lombardia, tra i quali tale Zambetti, al quale chiese di poter intercedere presso giudici della Corte di Cassazione a favore dello stesso P. D’A. per il quale da lì a poco sarebbe intervenuta un’udienza presso la Suprema corte che lo riguardava per fatti legati ad associazioni legate al narcotraffico, con riferimento ai quali era stato condannato in secondo grado a quattro anni e otto mesi.
Vi fu un incontro tra il P. D’A. e Zambetti presso il ristorante ++++++ di Milano di proprietà di tale M. che se non erro è di Siderno.
Arrivò lo Zambetti con altre persone, ero lì presente quando ciò accadde, P. D’A. si alzò, andò a parlare con Zambetti e al suo ritorno mi disse che Zambetti nulla aveva potuto fare circa questo “intervento” presso la Corta di Cassazione. Allora egli mi rappresentò a suo dire l’esistenza di un’altra strada: mi disse che sarebbe sceso di lì a breve a Cosenza per incontrare la dottoressa Lucente, che conosceva per il tramite di uno dei figli del P. D’A., che era sposato con una donna il cui padre operava nella clinica del “Sacro Cuore” e collegati al giudice Lucente.
Il P. D’A. mi ha riferito che l’incontro che vi fu con la dott.ssa Lucente e a dire del P. D’A. la Lucente gli avrebbe consigliato di consegnarsi su Cosenza perché altrimenti nulla avrebbe potuto fare a favore del P. D’A. Infatti il P. D’A. si consegnò presso la sua abitazione di San Fili, ove si fece arrestare.
Egli fu tradotto nel carcere di Cosenza ove io mi trovavo e nel corso di una mattinata, durante il “passeggio”, mi disse che era necessario far passare qualche mese prima che venisse scarcerato, per evitare di suscitare sospetti. Nel frattempo io sono stato scarcerato ma il P. D’A. fu attinto da ordinanza di custodia cautelare della D.D.A. di Milano.
Ho avuto poi successivi contatti con la moglie di P. D’A. alla quale chiedevo come stessero andando le cose. Posso inoltre riferire che sono a conoscenza del fatto che Zambetti ha versato dei soldi, delle ingenti somme di denaro, al P. D’A. per remunerarlo in ordine di procacciamento di voti che aveva procurato allo Zambetti, col sostegno delle consorterie mafiose operanti in Milano.
Tali circostanze mi sono state riferite dal P. D’A. e io stesso ho avuto modo di verificare che ciò corrispondeva al vero allorquando io mi trovavo con tale G. L. a Genova. G. L. fu chiamato da P. D’A. e gli chiese di recarsi in Milano da tale E. affinchè consegnasse a G. L. somme di denaro che Zambetti aveva giò consegnato al predetto E. affinchè quest’ultimo a sua volta li consegnasse al P. D’A. quale corrispettivo per il procacciamento dei voti a favore dello Zambetti in occasione di tornate elettorali.
La ragione per cui i soldi venivano consegnati a G. L. riposava nel fatto che egli li avrebbe a sua volta consegnati al suo datore di lavoro M. D. L. che li avrebbe reinvestiti in attività di compravendita di stampanti e il cui profitto sarebbe andato in parte a remunerare lo stesso P. D’A. Il profitto di tale investimento veniva corrisposto su una post e-pay intestata alla moglie del P. D’A. Oltre che me, anche altri soggetti hanno utilizzato il M. D. L. per effettuare tali investimenti e segnatamente si tratta di A. C., che girava i soldi di L. S. e M. M. che girava i soldi di una truffa ai danni di Gatto, quello dei supermercati.
Quindi G. L. e il suo datore di lavoro erano lo strumento per reinvestire anche capitali illeciti…